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Cile, l’ambasciatore Romero: “Ascoltare il popolo, fermare gli anarchici”

Intervista dell'Agenzia di stampa 'Dire' all'ambasciatore del Cile a Roma, Sergio Romero Pizarro

Pubblicato:14-11-2019 20:20
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:36

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ROMA – Il governo del Cile è pronto ad ascoltare le rivendicazioni della piazza ma anche a respingere un’offensiva di gruppi anarchici ed estremisti infiltrati nelle proteste e che sarebbero legati all’Argentina. Lo sottolinea in un’intervista con la ‘Dire’ l’ambasciatore del Cile a Roma, Sergio Romero Pizarro.

L’agenzia lo ha intervistato sulla crisi iniziata a metà ottobre: l’aumento del prezzo del trasporto pubblico ha innescato la miccia del dissenso, spingendo centinaia di migliaia di cileni a manifestare per denunciare diseguaglianze economiche e sociali e per invocare le dimissioni del governo di centrodestra. Ci sono stati incidenti e scontri: il bilancio è di 20 morti, quasi 2mila feriti e migliaia di arresti.


– Ambasciatore, lo scorso fine settimana il presidente Sebastián Piñera, dopo un rimpasto di governo, un parziale aumento del salario minimo e il blocco del costo dell’elettricità, ha annunciato l’avvio di un processo per riformare la Costituzione. Basterà a fermare le proteste?

“Voglio iniziare col dire che il governo cileno è dalla parte della democrazia. Secondo, abbiamo una Costituzione legittima, ma il presidente Piñera si è detto disponibile a riformarla e, se necessario, cambiarla completamente. Terzo, esistono rivendicazioni sociali, che vanno ascoltate e noi lo stiamo facendo. Questo però deve avvenire nel rispetto della sicurezza pubblica. Quanto alla Costituzione, quella attuale è frutto di un grande accordo nazionale promosso dal presidente di centrosinistra Ricardo Lagos, nel 2005. Lui stesso firmando le modifiche, dichiarò: ‘Finalmente abbiamo una carta democratica’. Non mentiva. Oggi però dai cittadini giungono delle richieste e noi intendiamo ascoltarle. Rivendicazioni che provengono in larga parte dalla popolazione, pacificamente. Tuttavia esistono anche frange violente, che causano incendi, saccheggi, atti vandalici, e a giustizia sta agendo per identificare i responsabili. Noi crediamo si tratti di una coalizione di forze estremiste e anarchiche, come sembra confermare un’inchiesta pubblicata nei giorni scorsi da uno dei quotidiani di punta di Buenos Aires: il ‘Clarin’ ha segnalato esisterebbero rapporti tra gli anarchici cileni e quelli argentini. Tali gruppi si starebbero infiltrando nelle proteste causando gli scontri. Le istituzioni stanno intervenendo”.

– Ci sono Paesi stranieri dietro questi movimenti?

“Non lo sappiamo, per ora si tratta di notizie di stampa. Però secondo vari forum di sinistra argentini – come il Forum de São Paulo e il Grupo de Puebla – in Cile starebbe arrivando l’influenza dell’ideologia bolivariana, come già accaduto in Ecuador e Perù e che, come abbiamo visto, è naufragata a Cuba e in Venezuela”. – Le organizzazioni per i diritti umani cilene hanno denunciato che nelle manifestazioni decine di persone sono state ferite dagli interventi delle forze di sicurezza, e si registrerebbero anche quasi 200 ‘desaparecidos’. I responsabili Onu giunti nel  Paese per monitorare la situazione hanno espresso preoccupazione: “L’alto numero di feriti e il modo in cui sono state utilizzate le armi – si legge nel report conclusivo – sembrano indicare che l’uso della forza è stato eccessivo e ha violato il requisito di necessità e proporzionalità”. Cosa rispondete a queste accuse? “Primo, non ci sono desaparecidos in Cile, ed è la prima volta che lo sento. Secondo, la maggior parte delle vittime sono state causate dagli incendi appiccati dai gruppi estremisti. Quando parliamo di rispetto dei diritti umani, ricordiamoci che deve essere reciproco. A me sorprende che spesso si chieda in modo discrezionale, quando invece riguarda tutti: tra gli agenti di polizia si contano oltre mille feriti, gravi e meno gravi. Che ne è del principio di proporzionalità della forza quando le frange estremiste hanno incendiato 17 stazioni delle metropolitana contemporaneamente? Per questo abbiamo chiesto all’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, di inviare in Cile una missione a tutela dei diritti delle persone”. – Le strade di Santiago si sono riempite per chiedere più giustizia sociale, in un Paese in cui la crescita è forte ma i salari medi sono intorno agli 800 euro al mese, la disoccupazione è al 7% e il costo della vita è alto. Che risposte sta dando il governo Piñera? “Non dimentichiamo che il Pil pro capite cileno è il più alto dell’America Latina e anche il salario medio è abbastanza elevato. Ora il governo si sta preoccupando di coinvolgere tutti i settori dell’economia in questo sviluppo. L’importante è che questo avvenga in modo consensuale, in accordo con l’intesa raggiunta negli anni ’90 (all’indomani della fine della dittatura del generale Augusto Pinochet, ndr.) tra le forze di destra e di sinistra e che punta a mantenere un’economia sociale di mercato. In Cile però c’è una minoranza che sta cercando di imporre il proprio pensiero sulla maggioranza. E’ intollerabile che queste frange estremiste distruggano i negozi, mettendo in ginocchio i piccoli commercianti. Poi, perché incendiare e profanare le chiese? Sono gesti che peggiorano la situazione, inoltre nel XXI secolo è assurdo contestare la libertà di culto. Tutto questo alimenta un clima d’odio che non vogliamo”.

– Come sono i rapporti tra il Cile e l’Italia?

“Abbiamo sempre avuto ottime relazioni. Di recente il viceministro degli Affari esteri Marina Sereni è stata in Cile per incontrare sia il governo che il parlamento. Questo dimostra che l’Italia sta rispettando la democrazia cilena, senza interferire negli affari interni”.

– Fuori dell’ambasciata a Roma qualcuno ha lanciato vernice rossa, sporcando la facciata dell’edificio.

“Probabilmente non si tratta di cileni, perché un cileno non farebbe mai una cosa del genere contro la propria ambasciata e la propria bandiera. Sono estremisti, come se ne trovano ovunque nel mondo”.

– Di recente il Paese ha puntato molto sugli investimenti stranieri. E’ ancora sicuro investire in Cile?

“Gli investimenti italiani in Cile sono consistenti e questo ci fa piacere. Si attestano intorno agli otto miliardi di dollari e riguardano ad esempio i settori del commercio o dell’elettricità, anche attraverso le rinnovabili. Io credo che il Cile presenti tutte le condizioni per investire. Uno dei settori più interessanti e’ quello dell’agribusiness e in ottica complementare: noi, rispetto all’Italia, ci troviamo nell’emisfero opposto e questo può favorire lo scambio di frutta e verdura di stagione. La crisi che viviamo in questi giorni è solo un capitolo della nostra storia, segnata dalla crescita. Anche con l’Unione Europea i rapporti sono buoni e proprio in questo periodo stiamo aggiornando il Trattato di libero commercio del 2002, il primo che l’Ue ha ratificato con un Paese latinoamericano”.

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