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Il presepe a scuola? L’Uaar: “Se proprio si vuole fare racconti il terremoto. Ma senza religione”

Atei e agnostici scrivono ai presidi degli istituti scolastici chiedendo "imparzialità" verso tutte le confessioni religiose: "La simbologia cristiana nulla a che vedere con la scuola pubblica"

Pubblicato:14-11-2016 13:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:18

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BOLOGNA – Non sarebbe da fare, ma se proprio non se ne può fare a meno, allora che il presepe a scuola abbia per “tema anche la terrena sofferenza del terremoto, ma senza riferimenti religiosi”. Il Natale si avvicina e l’Uaar (Unione atei, agnostici e razionalisti) di Imola e Castel San Pietro, in provincia di Bologna, manda questa richiesta ai presidi. Perchè, scrive il delegato Uaar della zona imolese, Roberto Vuilleumier, “è probabile che per abitudine” dei dirigenti scolastici o “per richiesta delle insegnanti di religione cattolica” si pensi a fare il presepe “cristiano cattolico” a scuola. Il che non va giù all’Uaar perchè “la simbologia cristiana negli istituti di Stato nulla ha a che fare con la scuola pubblica“.

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Un presepe in sé non offende nessuno– prosegue l’Uaar- ma quando le uniche manifestazioni culturali e tradizionali di fatto consentite sono quelle cristiane, spesso specificamente cattoliche, e vengono esposte come bandiere, allora la scuola di Stato, come tempio della cultura e delle culture, come educatrice al rispetto e all’inclusività, nella sua funzione di fucina della società futura, esce mortificata“.


Si potrebbe, suggerisce Villeumier, “risolvere il problema” con la “valorizzazione delle differenze” e alternare il presepe ad una “rappresentazione di mitologia greco-romana, che di certo catturerebbe l’interesse dei ragazzi”, o “della rivoluzione francese. E invece no, perché al presepe cristiano seguirà magari una Via Crucis o il permanente ricordo del Giubileo”. L’Uaar richiama anche l'”equidistanza e imparzialità rispetto a tutte le confessioni religiose ed ai non credenti” per cui può passare semmai “l’albero natalizio, non il presepe”. Ma se proprio lo si volesse fare, allora che raffiguri “anche la terrena sofferenza del terremoto, ma senza riferimenti religiosi”, conclude Villeumier.

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