domenica 9 Novembre 2025

Gaza, “Il piano Trump non scongiura un nuovo conflitto”: i dubbi dell’esperto di Osmed

I punti deboli dell'accordo secondo Francesco Anghelone dell'Osservatorio sul mondo mediterraneo: "C'è chi spera di farlo saltare"

ROMA – “Quello di Donald Trump è stato un discorso decisamente informale rispetto a quanto ci si aspetterebbe da un presidente degli Stati Uniti in un contesto del genere, ma soprattutto, alla Knesset, ha ribadito che lo strumento per arrivare alla pace è sempre la forza, che con la minaccia si può portare chiunque al tavolo dei negoziati per accettare le proprie condizioni”. Con l’agenzia Dire dialoga Francesco Anghelone, coordinatore dell’Osservatorio sul mondo mediterraneo (Osmed) dell’Istituto di Studi Politici ‘S. Pio V’, all’indomani del rilascio degli ultimi 20 ostaggi israeliani vivi tenuti da Hamas nella Striscia di Gaza, e dei 1.968 palestinesi tra cui anche centinaia portati via da Gaza dall’esercito israeliano, tra cui donne e bambini.

“L’ESTREMA VICINANZA” TRA USA E ISRAELE

Trump, salutato come fautore della pace, prima di partecipare alla firma dell’accordo a Sharm El-Sheikh, ha tenuto un discorso al parlamento israeliano durante il quale ha salutato “l’alba di un nuovo Medio Oriente”. Ha poi ringraziato i vari negoziatori americani, tra cui il genero Jared Kushner – che ha partecipato all’ultima fase negoziale, pur non avendo incarichi ufficiali nell’amministrazione Trump – affermando che “ama davvero tanto Israele”, al punto da aver portato sua figlia Ivanka a convertirsi all’ebraismo: “Sapevo sarebbe successo”.
Poi, ricorda ancora Anghelone, “il presidente ha ribadito il ruolo che le armi americane hanno giocato per Israele” e questa “estrema vicinanza” tra gli Stati Uniti e Israele, come ha sottolineato l’esperto, “è l’aspetto più preoccupante per i prossimi passaggi dell’intesa: la Casa Bianca dovrebbe avere il ruolo di mediatrice e invece è ben schierata da una parte”.

GLI INTERESSI IN BALLO CON IL QATAR

Secondo il coordinatore di Osmed, l’evento che avrebbe convinto Trump a spingere l’alleato Netanyahu a porre fine alla guerra non sarebbero state valutazioni di tipo umanitario, “le sofferenze della popolazione di Gaza restano fuori dal suo discorso”, bensì il recente attacco militare che Israele ha sferrato contro il Qatar il mese scorso: “Trump ha capito che era ora di frenare il governo di Tel Aviv, per valutazioni di ordine economico e di interessi strategici in ballo”.

GLI ‘ESTREMISTI’ IN ISRAELE E PALESTINA

Così, se da un lato è un bene che a Gaza le armi finalmente tacciano, “restano troppe incertezze sul futuro e il presidente americano non le ha chiarite” evidenzia Anghelone. “Ad esempio non ha parlato dello Stato di Palestina, come se fosse un tema secondario, quando ora è centrale. Il rischio è che in tempi rapidi si riscivoli nel conflitto. D’altronde nel parlamento israeliano ci sono politici molto critici, che non vedono l’ora di far saltare il piano, mentre sussistono ancora componenti radicali palestinesi”.

LE VIOLAZIONI ALL’INDOMANI DELL’ACCORDO

Oggi a Gaza si conta già una violazione, per un attacco a Gaza City che ha causato almeno 5 morti: l’esercito israeliano, come scrive il quotidiano Times of Israel, ha ammesso di aver aperto il fuoco contro persone poiché avrebbero “oltrepassato la linea del cessate il fuoco”, che divide la Striscia da nord a sud. Tuttavia la Protezione civile riferisce di un attacco aereo contro un’abitazione, che i proprietari erano tornati a visitare per valutarne le condizioni. La testata Middle East Eye riferisce di un’altra persona uccisa da un drone invece nel sud, nei pressi di Khan Younis.

La Giordania intanto ha condannato la visita alla Spianata delle moschee di stamani del ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, fautore della guerra fino all’annessione totale dei Territori palestinesi. Le visite a quel luogo sacro sono infatti storicamente scintilla di violenze. Infine, il Qatar ha definito “difficili” le condizioni per negoziare la fase 2 del piano Trump, mentre team di esperti egiziani cercano i corpi degli ultimi ostaggi israeliani deceduti in prigionia e non ancora restituiti da Hamas.

I PALESTINESI SENZA LEADERSHIP

Grande assente, tuttavia, è la voce della leadership palestinese. “Non saprei indicare personalità forti in questo momento” osserva Francesco Anghelone. “L’Autorità nazionale palestinese ha bisogno di riforme profonde per tornare a essere un soggetto credibile dalla Cisgiordania a Gaza, mentre attendiamo di vedere come Hamas gestirà questa fase: ora sembra abbia mano libera per i compiti di polizia che ha ricevuto e che costituiscono il grande paradosso di questa situazione”.
L’unico con carisma e adeguati rapporti all’interno e all’estero sarebbe Marwan Barghouti, leader del partito Fatah, che dal 2002 sconta diversi ergastoli per violenza armata, Sappiamo però”, conclude l’esperto, “che non a caso Israele non ha nessuna intenzione di liberarlo”.

Leggi anche