Getting your Trinity Audio player ready...
|
ROMA – Il papà di Moses sente quel messaggio in radio. Qualcosa gli dice che deve portare suo figlio a Gulu (nord Uganda) dove è in corso una campagna di prevenzione. Bisogna andare, e fare presto. È passato un anno di malessere scambiato per malaria come tutti gli dicono, mesi e mesi di erboristi e pellegrinaggi, ma Moses continua a stare male. Arriva al Lacor Hospital, viene sottoposto ad accertamenti gratuiti grazie al programma Able+ e arriva la diagnosi di linfoma. E’ un giorno terribile, ma è quello in cui inizia la speranza per lui, che ha solo 11 anni, e che ora può salvarsi.
“La missione che ci ha visti a settembre nel nord dell’Uganda- racconta alla Dire la presidente di Afron Oncologia per l’Africa, Titti Andriani– è stata legata al progetto ‘No more advanced cancer’: la tragedia nel Paese è proprio l’assenza di prevenzione e la diagnosi tardiva. In Uganda ben il 75% delle donne che arrivano in ospedale con un cancro al seno è al terzo o quarto stadio”. Incide la formazione, l’assenza di una cultura della prevenzione, ma anche la “mancanza di trasporti per cui troppe persone rinunciano a lasciare i villaggi per andare in ospedale”. Un problema su cui il governo ugandese sta intervenendo con la realizzazione di ospedali ‘decentrati’ come è appunto “il Gulu Regional Cancer Center che proprio ora sta cominciando ad essere operativo”, spiega Andriani.
I tumori femminili, vuoi anche per maggiore screening rispetto alla popolazione maschile, hanno numeri allarmanti: “Su 1000 uomini con cancro alla prostata abbiamo 3mila donne colpite da quello a cervice e mammella con diagnosi tardiva”, ricorda Andriani che nel confronto con la sopravvivenza nel mondo occidentale sottolinea: “Se in Italia la sopravvivenza al seno a 5 anni è dell’ 87%, in Uganda è solo del 56%. Il costo medio di uno screening per la donna è di 15 euro, 250 euro per una diagnosi completa e una cura di 1500 euro per 6 cicli di chemio: costi insostenibili per il nord Uganda”. Mentre la ricostruzione del seno dopo l’asportazione del tumore: “Non esiste, come da noi 50 anni fa”.
A maggio 2025 saranno 15 anni di questa associazione italiana che numerose partnership con istituzioni locali, sanitarie e non, ma anche riconoscimenti nazionali e internazionali ha collezionato nel tempo, per portare avanti la cultura della prevenzione, la diagnosi precoce, e il superamento dello stigma delle patologie oncologiche per donne e bambini. “L’8 settembre è stata la grande giornata dello screening con un Cancer Camp nella piazza di Gulu – grazie a un progetto finanziato con i fondi otto per mille della Chiesa Valdese – ed è stato offerto lo screening per il tumore del seno e quello della cervice uterina– spiega la presidente di Afron- e ancora visite ai bambini per casi sospetti ed è stato anche offerto per la prima volta il test del Psa per il cancro alla prostata. Le persone hanno partecipato, anche molti uomini”. Ed è proprio nei giorni che precedono l’8 settembre che in radio Afron inizia ad invitare le persone, ad annunciare la campagna, mentre bikers con t shirt dedicate alla prevenzione corrono per le strade per richiamare tutti al Cancer Camp e alle visite gratuite. Così quel giorno anche Moses che vive a 200 km di distanza raggiunge il Lacor Hospital.
“Al Lacor- approfondisce Andriani spiegando come funziona la missione di screening- vengono visitati donne e bambini. L’associazione delle Uwocaso (surviver ambasciatrici del tumore del seno) riferisce le donne al Cancer Insititute di Kampala, mentre i bambini vengono presi in carico da Afron, insieme a Soleterre, nel progetto Able+ al Lacor. Afron quindi si attiva con Uwocaso per il supporto alle donne malate di cancro, e con Soleterre per i bambini affetti dal linfoma di Burkitt. Altro nostro partner è l’Uganda Child Cancer Foundation dove abbiamo raggiunto gli studenti nelle scuole con il progetto delle tre C (children caring about cancer): attivo dal 2014 nelle scuole ugandesi per sensibilizzare e far conoscere il cancro anche nelle generazioni più giovani. Durante la giornata dell’8 settembre gli studenti di alcune scuole di Gulu hanno portato balli, canti e performance teatrali”.
“Durante la missione- continua ancora Andriani parlando del numero delle persone coinvolte- siamo andati in una scuola che forma insegnanti e abbiamo raggiunto 1.100 studenti. C’era con noi l’oncologo dell’Uganda Cancer Institute e la nostra radiologa volontaria: abbiamo insegnato a riconoscere i primi sintomi, a fare l’autopalpazione al seno, a gestire eventuali casi di bambini malati di cancro nelle classi numerose perchè sono bambini che vivono grandi disagi, magari sono pigri, affaticati, gonfi per le cure e presi in giro, emarginati, aiutiamo ad avere tutti gli strumenti per non stigmatizzare il cancro”. Nella campagna di screening invece, ricorda la presidente di Afron “abbiamo coinvolto 650 persone tra cui numerosi ciclisti amatoriali che con una t-shirt dicevano ‘venite e fare lo screening'”.
Il lavoro di Afron non finisce al termine della missione: “Abbiamo accordi e rapporti che proseguono nel tempo e ora siamo pronti con un nuovo progetto, sempre finanziato dalla Chiesa valdese, ‘Heroes beyond cancer’ – presenta Andriani- dedicato ai bambini che hanno avuto il cancro per sapere come stanno oggi, la loro vita, le conseguenze e anche gli effetti collaterali delle cure, l’inserimento lavorativo e vogliamo coinvolgerli come ambasciatori”.
L’Uganda dove Afron ha iniziato a lavorare 15 anni fa era molto diversa da quella di oggi. Anni di campagne capillari fin nei più remoti villaggi hanno portato “consapevolezza e partecipazione della società civile- spiega Andriani- la gente è meno spaventata, ne parla e sa che ci si può curare. Gli ospedali decentrati- torna a ribadire la presidente di Afron- salvano queste persone da viaggi della speranza che sono spesso la causa principale dell’abbandono delle cure: una mortalità come scelta consapevole”: è un destino da sovvertire. Un contributo importante è venuto anche dalle autorità locali.
“Hanno invitato le persone a muoversi, hanno enfatizzato la malattia oncologica, per tanti anni l’Uganda ha avuto terrore dell’Hiv e delle malattie infettive ora invece c’è il cancro”. Quanto a covid, dengue o vaiolo delle scimmie “non arrestano questi percorsi di cura, non sono vissute come emergenza sanitaria ma vanno in parallelo”, precisa.
“A Kampala l’Uganda Cancer society sta facendo un grande lavoro di sensibilizzazione e raccolta fondi. C’è tanto lavoro da fare e non è delegato più soltanto a noi ong”, commenta la presidente di Afron anche se proprio quel lavoro meticoloso di villaggio in villaggio una nuova strada ha tracciato. “Nel 2025 ci occuperemo ancora di più di bambini, con 6 cicli di chemio si salvano dal Burkitt (da noi con una percentuale tra l’80 e il 90%) e negli ultimi sei anni ne abbiamo salvati 224 con un approccio personalizzato come prevede il progetto Able+”.
Si pedala in Uganda per raggiungere le persone, ma si corre anche a Roma. E’ un ponte ideale di intenti e di cura quello che ha portato quasi 200 persone alla maratona di domenica 29 settembre: la Pharma Run for Life è stata promossa dall’Ordine dei Farmacisti della provincia di Roma per devolvere fondi ad Afron e sensibilizzare le persone sull’importanza della prevenzione. Chi di corsa, chi a passeggio con il proprio cane per garantire un sostegno “al trasferimento dei bambini da casa negli ospedali per le cure”. Raggiungere il luogo di cura dai remoti villaggi era la sfida più difficile, un tempo quasi impossibile e ancora oggi complicata: ma ora Afron può parlare di cura e della vita dopo il cancro. A febbraio si torna in missione per quei bambini, oggi ragazzi, che hanno vinto il cancro. Eroi che non sapevano di esserlo.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it