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L’appello di un medico in Africa: “Contro la malaria basterebbe un frammento di quanto è stato speso per il Covid”

A spiegarlo all'agenzia Dire è Virginio Pietra, che lavora in Burkina Faso con Medicus mundi, una ong socia della Federazione organismi cristiani servizio volontario internazionale (Focsiv)

Pubblicato:14-10-2021 11:34
Ultimo aggiornamento:14-10-2021 11:36
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ROMA – “In Burkina Faso, alla notizia del vaccino contro la malaria c’è stato grande entusiasmo. Viene considerato come un vaccino nazionale, perché il Paese ha partecipato alla prima sperimentazione”. A parlare con l’agenzia Dire è Virginio Pietra, 63 anni, dottore italiano al lavoro in Burkina Faso con Medicus mundi, una ong socia della Federazione organismi cristiani servizio volontario internazionale (Focsiv).

Quando il vaccino – approvato la scorsa settimana dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e prodotto dall’azienda britannica Glaxo SmithKline – era giunto alla fase 3 della sperimentazione, Pietra ha partecipato in Burkina Faso come medico di riferimento per eventuali reazioni avverse al vaccino e controllando sul piano etico le azioni dell’equipe di ricerca. Dopo quel periodo, che ha coinvolto alcune migliaia di bambini, il vaccino è stato sperimentato anche in Ghana, Kenya e Malawi.

Secondo il report dell’Oms del 2020 sulla malaria – debellata definitivamente dall’Europa nel 2015 – nel 2019 nel mondo si sono registrati 229 milioni di casi, il 94 per cento dei quali (215 milioni) in Africa. I decessi totali nel 2019 sono stati 409.000 e il 67 per cento di questa cifra è rappresentato da bambini sotto i cinque anni, la fascia di età per la quale sarà somministrato il vaccino.

Inoltre, sebbene la mortalità dovuta alla malaria in Africa sia diminuita del 44% – dai 680.000 decessi del 2000 ai 386.000 del 2019 – in Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Tanzania, Mozambico, Niger e Burkina Faso avviene il 51 per cento delle morti dovute al virus diffuso dal parassita.
“Questo vaccino riduce la mortalità dei bambini del 30%” riprende Pietra. “Combinato però a un trattamento periodico con l’uso di medicinali, che somministriamo ogni anno tra giugno e settembre ai bambini sotto i cinque anni, come se avessero tutti la malaria, si arriva a una riduzione del 70%”.

Secondo il medico, “il vaccino può essere considerato non la soluzione, ma una componente della soluzione”. Anche rispetto agli eventuali problemi logistici e di distribuzione del farmaco – che deve essere somministrato per tre volte entro il primo anno di vita, con un quarto richiamo al diciottesimo mese – Pietra si dice fiducioso: “Tranne che nei Paesi dove ci sono guerre, in Africa le campagne vaccinali funzionano molto bene. Abbiamo già altri vaccini che hanno bisogno di questo tipo di scadenza, si potrebbe integrare al programma di routine. Insomma, è qualcosa di gestibile”.

Secondo Pietra, d’altra parte, i farmaci in uso in questo momento per sconfiggere la malattia stanno trovando sempre più resistenze da parte del parassita.
“Rischiamo di trovarci in una situazione delicata, soprattutto se in gioco c’è la vita di un bambino” avverte Pietra. “Ci vorrebbero tanti soldi, almeno un frammento di quanto abbiamo potuto disporre per lottare contro il Covid. Ci sono stati molti finanziamenti internazionali, ma sono cifre troppo piccole rispetto alla portata del fenomeno che dobbiamo contrastare”.


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