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VIDEO | Pixies, il pogo sotto al palco e niente pit: a Bologna una serata punk rock d’altri tempi

A Bologna è andata in scena una serata genuinamente punk- rock, con scene d'altri tempi: da quanto non si vedevano persone intrufolarsi nel parterre saltando i parapetti delle gradinate?

Pubblicato:14-10-2019 14:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:49

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BOLOGNA – Premesso che questa non è una recensione. E premesso che i Pixies sono tra le mie cinque band preferite di sempre, quindi ammetto di non giudicare con il necessario distacco, ecco il concerto del quartetto guidato da Frank Black è  di quelli che ci ricorderemo a lungo. Si è chiuso con l’ovazione del pubblico, tutti in piedi ad applaudire sugli spalti del ‘Madison’ di piazza Azzarita (un gran posto per la musica rock dal vivo, se non altro per l’atmosfera) , un tributo talmente caloroso, che Black Francis (voglio usarli tutti gli pseudonimi di Charles Thompson IV) , che non ha pronunciato una parola per tutte le due ore del live, ha lasciato il palco battendosi più  volte la mano sul cuore in segno di apprezzamento e riconoscenza.

Del resto, è stata una serata genuinamente punk- rock, non solo per quello che si è  sentito sul palco, ma anche per quello che è successo sotto. Il concerto è  stato giustamente spostato dall’Estragon al Paladozza per ospitare tutti i 5.000 e passa che volevano esserci (ed era comunque sold out), ma soprattutto non c’era la pit, la zona sotto il palco alla quale si accede pagando un biglietto più caro: una scelta anti-rock, ormai la regola per i grandi eventi, che premia chi ha più  soldi da spendere, togliendo tutto il romanticismo di quando chi voleva vedere da vicinissimo i suoi beniamini non doveva far altro che arrivare presto, mettersi in fila e guadagnarsi di corsa un posto a pochi metri dalle casse. Ieri siamo tornati ai good old times. Non solo. Gli addetti alla sicurezza sono stati un bel po’ impegnati a rincorrere quelli che si intrufolavano nel parterre saltando i parapetti delle gradinate (i miei personali complimenti all’attempato rockettaro che distraeva lo staff per permettere agli ‘abusivi’ di dileguarsi tra il pubblico). Uno spettacolo d’altri tempi. Che con i Pixies ci sta benissimo.

 


Intanto Frank e i suoi sul palco hanno fatto al meglio il loro sporco lavoro, senza una pausa, un pezzo dietro l’altro, con i brani dell’ultimo album, Beneath the Eyrie, “Catfish Kate”, “To the graveyard hill”, “Silver bullet”, “Los surfers muertos” e le altre mescolate ai successi della fine degli anni ’80, quelli che li hanno consacrati nell’Olimpo del rock, dove siedono i grandi, gli artisti che hanno cambiato la storia della musica, che hanno tracciato nuovi sentieri, gettato semi di frutti che altri hanno raccolto.

Cosa sarebbe il rock alternativo degli anni ’90 senza la band di Boston? Black è  stato fonte di ispirazione per Kurt Cobain (voleva che  Smell like thin spirit suonasse come un pezzo di Surfer Rosa con i continui cambi di ritmo). Insomma, la setlist, con una quarantina di pezzi  in tutto, ripropone tutte le hit del gruppo: da “Gouge away”,  “Monkey gone to heaven”, “Hey”, “Wave of mutilation”, “Where is my mind”, “Winterlong”, “Here comes your man”, “Caribou”, “Bone machine”.

 

Ed è come ritrovare un vecchio amico, la sua voce inconfondibile (e a segno), il suono della chitarra di Joey Santiago, David Lovering alla batteria. Facciamo per la prima volta conoscenza dal vivo con la nuova bassista,  Paz Lenchantin, con una rosa rossa infilata tra le corde della paletta,  ed è un graditissimo e sorprendente incontro. Sotto il palco si poga di brutto, sugli spalti si balla. Da U-Mass in poi è un crescendo da ossa rotte: Vamos, Isla de incanta, Cracrity Jones, verso il gran finale con Debaser. Braccia alzate nel parterre, sugli spalti tutti in piedi per celebrare un live poderoso. Lovering richiama la band sul palco per raccogliere gli applausi, Frank si tocca il cuore. Sì, anche noi ti vogliamo bene Black. Ah, questa non è una recensione, sia chiaro.

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