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Il papà di Imane Khelif: “Dio l’ha creata donna. Meloni non doveva dire quelle cose”

I primi pugni tirati per difendersi dai maschi che non volevano che giocasse a calcio con loro. Oggi è la speranza di tutte le giovani pugili con il velo

Pubblicato:14-09-2024 08:38
Ultimo aggiornamento:14-09-2024 19:20

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ROMA – È passato più di un mese dalla sua vittoria alle Olimpiadi di Parigi 2024, ma le polemiche sulla pugile Imane Khelif non si placano. Qualche giorno fa giravano sui social foto generate con l’intelligenza artificiale che mostravano Khelif a petto nudo, il volto era il suo ma il corpo apparteneva ad un uomo. Tutto è iniziato nel primo incontro olimpico con l’italiana Angela Carini che dopo appena una quarantina di secondi dal via della gara, ha annunciato il ritiro dopo il colpo ricevuto dall’algerina.

Dio l’ha creata donna ed è rimasta una donna“, afferma per l’ennesima volta il padre, Omar Khelif nelle pagine di Repubblica che lo ha intervistato in una visita nel paesino natale dell’atleta algerina. E aggiunge: “Non è una trans e non è mai stata un uomo. L’islam, la nostra religione, non ammette tutto questo: qui manco se ne parla dei trans” e “Giorgia Meloni non avrebbe dovuto abbassarsi a dire quelle cose“. (“Non sono d’accordo con la scelta del Comitato olimpico internazionale che ha fatto gareggiare la pugile algerina con alti livelli di testosterone nel sangue, la gara in partenza non sembra equa”, aveva detto la premier).

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A 25 anni la giovane Khelif ha conquistato a Parigi l’oro olimpico nella categoria 66 kg. Lei è la prima di nove figli, si legge nelle pagine del quotidiano, raccoglieva bottiglie di plastica e pezzi di ferro da rivendere per tirare su i soldi per il biglietto del pullman. Iniziò la sua carriera a 15 anni. “Prima aveva cominciato a giocare a calcio per strada con i ragazzi– ricorda il padre- Era brava e loro si sentivano minacciati. Si battevano con lei. Lì ha imparato a schivare i pugni dei compagni“. Anche Omar, il padre, riconosce di aver “disapprovato agli inizi la volontà di fare la boxe, ma poi l’ho accettata”.

L’esempio di Imane Khelif alimenta, ora, il sogno di altre pugili con il velo: lei è la loro speranza. Malika Abassi, allenatrice in una palestra algerina dice: “Un anno fa le ragazze erano una quindicina. Ora siamo a più di quaranta. E l’effetto Imane Khelif si fa sentire ancora. Ci chiamano le famiglie per iscrivere le figlie. Non so se riusciremo a soddisfare tutte le domande”.

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