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La storia dei popoli? Alma mater: “Si vede anche dal loro Dna”

Uno studio dell'Alma mater ha analizzato il Dna di 800 persone italiane e individuato 500.000 varianti genetiche

Pubblicato:14-09-2016 13:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:04

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BOLOGNA – Come l’Italia, che ha un ricco e variegato patrimonio naturalistico, artistico e culturale, così è il patrimonio genetico del suo popolo. Grazie al clima, le migrazioni, l’alimentazione, gli italiani sono un popolo dalle tante sfaccettature, anche a livello di patologie che possono colpirli. A confermarlo è uno studio dell’Ateneo di Bologna, che ha analizzato il Dna di circa 800 individui originari di venti province del paese e ricostruito le storie e le peculiarità racchiuse nel loro patrimonio genetico. La ricerca, da poco pubblicata su Scientific Reports, rivista satellite di Nature, è stata coordinata dal gruppo di Antropologia molecolare e Adattamento umano del Dipartimento di Scienze biologiche geologiche e ambientali (BiGeA) dell’Alma Mater e ha descritto i pattern di variabilità di più di 500.000 varianti genetiche distribuite lungo il genoma delle 800 persone studiate. In questo modo i ricercatori sono riusciti a individuare le tracce della complessa storia demografica e di adattamento all’ambiente degli italiani.

Rettorato_Università_Bo“Lo studio- spiega Marco Sazzini, ricercatore del BiGeA- ha evidenziato l’elevata eterogeneità del patrimonio genetico delle popolazioni distribuite lungo la penisola. Inoltre, sebbene i profili genetici osservati varino progressivamente seguendo un gradiente Nord-Sud, è stato possibile individuare gruppi omogenei di province riconducibili rispettivamente alla Sardegna, all’Italia settentrionale e a quella meridionale, al cui interno gli abitanti sono molto simili tra di loro dal punto di vista genetico, ma si differenziano rispetto a quelli degli altri gruppi”. Una differenza causata anche dalle migrazioni che sin dalla prima colonizzazione del continente ha visto l’Italia fra i punti nevralgici delle rotte migratorie dei popoli europei. I risultati della ricerca suggeriscono infatti che le popolazioni dell’Italia settentrionale abbiano scambiato i propri geni con gruppi arrivati dall’Europa centro-orientale fino alla fine dell’Età del Bronzo e all’inizio dell’espansione dell’Impero romano. Gli italiani del Centro e del Meridione, invece, avrebbero ereditato anche componenti genetiche tipiche di Medio Oriente e Nord Africa, prima con l’Impero bizantino, poi con l’influsso nordafricano e l’occupazione araba della Sicilia. Non ci sono solo le migrazioni, però. Il gruppo di ricerca dell’Ateneo, infatti, ha anche studiato le evoluzioni e l’ adattamento all’ambiente delle popolazioni d’Italia, scoprendo che questi potrebbero aver contribuito a una loro diversa suscettibilità a determinate malattie.


Nel Nord, un clima caratterizzato da inverni freddi ha portato all’adozione di una dieta con un elevato contenuto calorico e di grassi con la conseguenza che alcune varianti genetiche modulano il metabolismo dei lipidi (soprattutto dei trigliceridi e del colesterolo) e la sensibilità delle cellule all’insulina, riducendo così il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete. Invece, gli abitanti dell’Italia centro-meridionale hanno mantenuto elevate frequenze delle varianti genetiche responsabili di una maggiore suscettibilità a queste malattie. “Queste varianti- aggiunge Sazzini- sarebbero risultate deleterie solo di recente, presumibilmente a partire dalla metà del secolo scorso, quando la dieta e lo stile di vita di queste popolazioni hanno iniziato a cambiare notevolmente”.

sardegnaOltre al clima e alla dieta, c’è poi un altro fattore che ha indirizzato gli adattamenti genetici degli italiani, soprattutto in Sardegna e nell’Italia centro-meridionale: le malattie infettive. In Sardegna, ad esempio, la malaria sembra aver rappresentato una delle principali pressioni ambientali, mentre nell’Italia del Sud la selezione naturale ha potenziato le risposte infiammatorie contro i batteri responsabili di tubercolosi e lebbra. Questa aumentata protezione nei confronti di tali infezioni potrebbe però rappresentare una delle cause evolutive alla base di una maggiore suscettibilità a patologie infiammatorie dell’intestino quali ad esempio il morbo di Crohn. Utilizzando un approccio di Medicina evolutiva, lo studio è così riuscito a descrivere, per la prima volta, processi di “maladattamento” che espongono maggiormente alcune popolazioni italiane ai rischi connessi alle nuove sfide imposte al loro metabolismo e al loro sistema immunitario da recenti cambiamenti negli stili di vita e nella dieta. La ricerca, condotta presso il Laboratorio di Antropologia molecolare e il Centro di Biologia genomica dell’Università di Bologna, ha visto impegnati numerosi ricercatori del Dipartimento di Scienze biologiche geologiche e ambientali fra cui Marco Sazzini, Guido Alberto Gnecchi Ruscone, Cristina Giuliani, Davide Pettener e Donata Luiselli, in collaborazione con Paolo Garagnani e Claudio Franceschi del Dipartimento di Medicina specialistica diagnostica e sperimentale e Carlo Salvarani dell’Irrcs Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.

di Angela Sannai, giornalista professionista

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