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L’esperto militare sulla nuova Nato: “In 12 anni Russia da partner a nemico. E ora compare la Cina”

"In Italia non c'è una rete di rifugi antiatomici e Putin possiede 1.900 armi nucleari tattiche: siamo in ritardo"

Pubblicato:14-07-2022 14:39
Ultimo aggiornamento:14-07-2022 14:39
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ROMA – Nessuno poteva immaginare che ci saremmo trovati in un conflitto dal sapore di guerra fredda, anzi ben oltre con una scena bellica che spalanca il campo e tracima verso nuovi regni, come il cyber, il cognitivo e lo spazio. Dodici anni hanno cambiato radicalmente lo scenario e ora l’azione dell’Alleanza atlantica. Una cronologia dal cattivo presagio: come per la pandemia nessuno pensava che un virus potesse mettere sotto scacco il mondo dopo che terapie a bersaglio molecolare ci avevano abituato a fronteggiare le patologie più maligne. Ma come non eravamo preparati al virus, altrettanto si rischia di non essere preparati ad un attacco, magari nucleare, nel cuore dell’Europa e a convivere, chissà quanto, in un conflitto’ibrido’.

IL RITARDO DELLA NATO

“Il Nuovo Concetto Strategico della Nato a mio avviso arriva con due anni di ritardo”, spiega l’esperto militare, Ufficiale superiore dell’Esercito e membro del board Nato che ha lavorato alla stesura del Concetto strategico 2010, intervistato in esclusiva dalla Dire. “Rappresenta un cambio di passo sostanziale rispetto alla precedente versione. La Federazione Russia viene descritta in maniera assertiva come la maggiore minaccia per la sicurezza, la pace e la stabilità dell’Area Euro Atlantica. Nel Concetto Strategico del 2010 la cooperazione Nato-Russia rivestiva un’importanza strategica, poiché contribuiva alla creazione di uno spazio comune di pace, stabilità e sicurezza. Si auspicava un vero partenariato strategico forte e costruttivo tra la Nato e la Russia basato sulla fiducia reciproca, la trasparenza. Ci sarebbe da comprendere cosa sia successo in questi 12 anni… Altro elemento di novità è rappresentato dall’individuazione della Cina quale competitor strategico e potenziale avversario che pone delle sfide sistemiche alla tenuta dell’Alleanza, anche nel campo di nuove dimensioni di sfida quali per esempio lo spazio, o il mondo cyber. Nel Concetto Strategico del 2010 non veniva fatto alcun cenno alla Cina”. A Madrid si è passati dalla difesa alla deterrenza rafforzata ed è cambiata radicalmente la postura della NATO: “Deterrenza e difesa- spiega l’esperto- diventano con impeto l’obiettivo predominante rispetto agli altri due (Gestione e Prevenzioni delle Crisi e la Sicurezza Cooperativa), cambiando anche denominazione (nella precedente versione si parlava di difesa collettiva e non di deterrenza). Basti pensare che alla deterrenza e alla difesa sono dedicati 19 paragrafi, mentre per gli altri due core task appena 5 e 7”.Cambiano quindi gli assetti strategici, ma se una potenziale Hiroshima è nel cuore dell’Europa diventa difficile capire come la politica militare dell’Ue potrà smarcarsi da quella statunitense e diventa legittimo chiedersi cosa si stia facendo per tutelare le persone nel caso di un attacco nucleare: le persone sanno cosa fare? O saremo alle prese con un nuovo piano emergenze rimasto nel cassetto… Se la minaccia è tale da determinare un cambio di assetto strategico dell’Alleanza atlantica non si capisce perché non giustificherebbe una messa in atto di azioni protettive per i cittadini.

“Sul fatto che l’Europa si possa smarcare dal controllo americano, nutro seriamente dei dubbi in questa fase. La Bussola strategica approvata nel marzo di quest’anno è un primo passo verso una Difesa europea, ma come ha anche affermato il Consiglio ‘il progetto di rafforzamento della difesa europea è ‘complementare alla NATO, che rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi membri'”, puntualizza l’ Ufficiale che quindi non vede questa autonomia né prossima né tangibile.


ATTACCO NUCLEARE E SIMULAZIONI

“Non possiamo negare- continua- che le simulazioni relative ad un attacco nucleare con la distruzione in pochi minuti delle maggiori capitali europee con armi di distruzioni lanciati da vettori russi, hanno riacceso i riflettori su una minaccia che veniva ormai avvertita come sopita. Nel 2010, la Nato affermava che le circostanze nelle quali un ricorso alle armi nucleari poteva essere contemplato erano considerate estremamente remote e restano tali anche con il nuovo Concetto Strategico, tuttavia l’Alleanza di fronte alle minacce non poco velate da parte della Russia di fare ricorso alle armi nucleari, ha confermato l’approccio di usare la deterrenza quale volontà di impiegare le capacità militari per la difesa missilistica dei territori e le popolazioni della Nato contro le potenziali minacce della controparte. O considerare le capacità Nucleari degli Usa, della Francia e dell’Inghilterra quali assetti da impiegare quale risposta ad attacchi da parte dell’avversario. Senza voler fare terrorismo psicologico, eventi di questo tipo con armi più potenti di quelle impiegate in Giappone al termine del secondo conflitto mondiale, avrebbero delle conseguenze nefaste per le città europee e anche russe. Giova ricordare- puntualizza l’esperto- al riguardo che le armi nucleari strategiche sono generalmente impiegate per colpire le città, ma possono anche essere usate per colpire risorse militari molto grandi e importanti come basi e gruppi di attacco navale in mare. Le armi tattiche o non strategiche, invece, sono armi a basso rendimento progettate per l’uso sul campo di battaglia come equalizzatore di forze e cioè per ribaltare a proprio favore un conflitto che si vuole assolutamente vincere. La Russia possiede circa 1.900 armi nucleari tattiche”.

E quindi agli italiani bisognerebbe dire qualcosa. “Esiste un Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari previsto dall’articolo 182, comma 2, del D.Lgs. 101/2020, dove vengono date delle indicazioni da seguire in caso di incidente nucleare presso impianti posti a 200 km dai confini, senza però fare specifico riferimento ad un attacco nucleare. Non mi sembra- aggiunge il militare esperto- che in Italia per esempio esista una rete di rifugi antiatomici come quelli realizzati in Finlandia fin dagli Anni 60. Helsinki ha creato una vera e propria città sotterranea per resistere in caso di attacco chimico o nucleare. In Italia, non mi sembra che abbiamo un atteggiamento virtuoso nella gestione delle emergenze- denuncia- Quindi, a mio avviso, senza drammatizzare o creare allarmismo bisognerebbe prendere atto della situazione esistente e cercare di trovare delle soluzioni”.

L’entrata di Finlandia e Svezia “è una decisione che non giova a creare un clima distensivo con la Russia, e non vanno tralasciate le condizioni poste dalla Turchia per questi nuovi ingressi che costringono l’Europa ad abdicare ai principi fondamentali dei diritti dell’uomo, sula questione curda, tantocara a Ankara”. La crisi politica, il nuovo assetto strategico e il rischio viaggiano sui cosiddetti ‘nuovi domini’: “Quello cognitivo e quello cyber- spiega l’Ufficiale superiore- e bisognerà vedere quanto questo inciderà sulle risorse finanziarie che ciascun Paese dovrà stanziare per soddisfare le richieste dell’Alleanza e quali assetti saremo in grado di produrre come industria nazionale. Se per esempio, la Germania che ha stanziato 100 miliardi per il suo riarmo, decide di investirne il 50% per l’acquisto degli F35, non è detto che questo possa avere un ritorno per l’industria nazionale tedesca, ma per esempio potrebbe avere delle ripercussioni positive sulle attività svolte a Cameri in Italia, per l’assemblaggio delle ali degli F35. Ci si aspetterebbe un dibattito politico su quello che deve essere il livello di ambizione del Nostro Paese e di quali capacità militari ci si voglia dotare per soddisfare tale esigenza”.

INVIO SOLDATI IN UCRAINA?

Che l’invio delle armi in Ucraina preceda l’invio di soldati? “Lo escluderei- ribadisce l’esperto ricordando l’articolo 5 del Trattato e lo status di paese partner- così come saggiamente è stato deciso di non interdire i cieli dell’Ucraina con l’istituzione di una no fly zone, per evitare lo scontro con la Russia. In questo momento, siamo inpresenza di un a conflittualità ibrida, che vede gli assetti euro-atlantici già schierati sul terreno. Si contribuisce inoltre, a alimentare l’impegno operativo ucraino con l’invio di armi”. Intanto “sono innegabili le conseguenze per le popolazioni europee, a seguito delle reazioni russe alle sanzioni imposte dalla Nato e dall’Europa”, siamo già in “economia di guerra”.

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