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Il bilancio di Amref tra sospensione del calendario vaccinale e timori di genitori e comunità

L'idea è quella di creare una white list per combattere l'esitazione con debunking, informazione e supporto alle famiglie

Pubblicato:14-07-2021 10:49
Ultimo aggiornamento:14-07-2021 10:49

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ROMA – Si può fare un bilancio di un anno di sospensione del calendario vaccinale, analizzando i timori e le esitazioni dei genitori e della comunità? Sì, tenendo insieme il parere di un’epidemiologa della Società italiana di medicina delle migrazioni, Luisa Mondo, e dell’advisor in Child protection di Amref, Veronica Lattuada. A renderlo possibile, oltre che puntuale e in grado di toccare anche il tema di com’è cambiata la predisposizione ai vaccini per malattie che spesso non vediamo più ma che invece ancora sono nella comunità, è stato David Puente, giornalista digitale, agile fact-checker e debunker, che ha coinvolto le due esperte in un dibattito online per il terzo e ultimo incontro curato da Amref Health Africa-Italia – all’interno del progetto ‘Fa.C.E. – Farsi Comunità Educanti’, che vede capofila la ‘Fondazione Reggio Children-Centro Loris Malaguzzi’ ed è selezionato dall’impresa Sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.

“Oggi si parla tantissimo di Covid ma meno dei piani vaccinali cui i bambini sono sottoposti nei primi anni di vita– ha esordio Lattuada, advisor in Child protection di Amref-. Con questa pandemia abbiamo visto quanto una vaccinazione globale sia fondamentale e serva a salvare vite, questo ragionamento viene applicato per il Covid ma poco per le altre malattie. Le vaccinazioni funzionano solo con un impegno collettivo. Per questa ragione, la vaccinazione è diventata un bene pubblico e un diritto umano fondamentale, da garantire a tutti. Quando parliamo di malattie trasmissibili significa prendere tutti un impegno individuale su questo, facendo in modo che diventi una iniziativa di salute pubblica”.

Ma com’è vissuta la situazione degli anti-vaccinisti? “Se parliamo dei vaccini per virus più pericolosi, come la meningite, ci sono stati enormi progressi- ha spiegato l’esperta di Amref- ma un report dell’Organizzazione mondiale della sanità ci dice che ci sono ancora dieci milioni di bambini senza alcuna vaccinazione. C’è quindi ancora molto lavoro da fare, un lavoro culturale. Bisogna capire il contesto e comprendere le motivazioni che impediscono il vaccino, spesso pratiche, e lavorare a livello endogeno, dentro la comunità e con persone della stessa comunità”.


Da studiosa e professionista attiva sul campo, il punto di vista di Lattuada si basa sulle azioni che si possono condurre nella comunità, tra le persone, ma per arrivare a comprendere i rischi e i benefici dei vaccini serve anche il parere dell’esperto, un’epidemiologa come Luisa Mondo. Tra gli studiosi più interpellati durante questi mesi di pandemia, Mondo ha spiegato quanto questa professione sia stata, precedentemente, messa un po’ da parte, a scapito di quella predisposizione alla protezione della comunità che danno i vaccini. “Un epidemiologo è un medico, ma ci sono anche specialisti in ambito statistico ed esperti in scienze internazionali e matematici. Una volta studiava l’evoluzione delle epidemie, fino allo scorso anno si studiavano le epidemie di morti in quei contesti dove le persone hanno più rischio a livello sociale perché hanno un evidente svantaggio nell’accesso e nelle aspettative di vita, rispetto a persone che sono più in alto nella scala sociale o geograficamente in posizioni migliori. Abitare in un posto o in un altro può fare la differenza– ha sottolineato Mondo-. Mi è capitato di ascoltare motivazioni sulla paura dei vaccini che si sono sviluppate negli anni. I vaccini sono vittime del loro stesso successo: le persone non si ricordano più che la pertosse causa disidratazione, del dramma di contrarre il tetano, dei danni gravissimi al feto dovuti alla rosolia, di quando i bambini morivano soffocati dalla difterite. Effetti gravi delle malattie che sono passati in secondo piano perché non si vedono più le malattie grazie ai vaccini. Ma si vedono solo gli effetti collaterali dei vaccini. Eppure- ha spiegato ancora l’epidemiologa- gli effetti dei vaccini sono monitorati e sono molto inferiori a quelli sviluppati dalla malattia: qualsiasi effetto è raccolto e documentato, trasmesso a medici e popolazione, ed esce il rapporto su ogni vaccino, regolarmente”.

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Nonostante ciò, la paura c’è, la si chiami esitazione o rifiuto. “La paura- ha spiegato Mondo- è comprensibile perché l’atto medico della vaccinazione avviene peraltro nel momento in cui il bimbo è sano e questo mette in ansia i genitori, tutti i genitori. Portare in sostanza un bimbo sano a fare un vaccino per una malattia che ritieni potrebbe non incontrare mai nella sua vita, mette a disagio ognuno di noi. Ma bisogna ricordare che nessuna delle attività umane è priva di rischi. Bisogna perciò capire l’approccio sul rischio-beneficio, che è passato in secondo piano a causa delle eco chamber, queste camere dell’eco in cui si ascoltano affermazioni tipo ‘i vaccini fatti tutti assieme fanno male’. Ma non è vero, perché il sistema immunitario risponde maggiormente in sinergia e perché più punture espongono maggiormente il soggetto agli eccipienti del vaccino, cosa che sarebbe bene evitare. Un’altra bufala che circola è che i vaccini contengono mercurio ma non è il mercurio che c’è nei termometri, né quello che contamina i pesci, è una sostanza che ha un’emivita di 7-10 giorni e poi il corpo lo elimina; c’è chi parla addirittura dell’alluminio e di cose che mettono tanta paura e allontanano dal beneficio che invece il vaccino porta’ ha raccontato Mondo, che da epidemiologa ha dovuto fare anche un po’ il debunker. “La questione dell’autismo, ad esempio, che è nato su una frode in ambito scientifico– ha ricordato- ma che è stato persino smentito dalle associazioni che se ne occupano, è una delle grandi deviazioni sui vaccini. Questioni come queste sono difficili da arginare, come anche il discorso che le aziende farmaceutiche ci guadagnano: la connessione che utilizziamo per fare questo incontro online forse non la paghiamo? I vestiti che indossiamo, non fanno guadagnare qualcuno?’.

Sebbene l’azione sul campo si scontri meno con l’esitazione o il rifiuto al vaccino di questo tipo, Puente ha chiesto anche a Lattuada qual è la sua esperienza sulle narrative tossiche: “Ogni paura deve essere accolta e accompagnata, il problema è la modalità. Significa occupare spazi adatti ad affrontare le paure e non lasciare terreno fertile per le relazioni tossiche, false e basate unicamente sulle paure. Noi in Africa copriamo l’ultimo miglio- ha raccontato Lattuada- quello che il servizio sanitario non riesce a fare, a contatto diretto con le persone e dentro la comunità, rispondendo alle reali paure con risposte efficaci in base al contesto, lavorando sulla prossimità. L’altro tema su cui lavoriamo è il benessere del bambino, da 0 a 6 anni, che si basa su tre dimensioni: l’educazione, la salute e le relazioni, intese come familiari, di comunità, asilo, materna, nido. Tutte dimensioni che aiutano lo sviluppo, perché sono tutte interrelate, per cui non è possibile pensare al proprio figlio come isolato dal contesto e se vaccinarlo o meno. Un bambino per stare bene in comunità ha bisogno di tutte queste dimensioni e quindi ha bisogno di stare in un contesto che funziona solo se tutti vengono vaccinati. In Italia, per la mia esperienza personale- ha spiegato l’advisor di Amref- le vaccinazioni sono tutte date un po’ per scontate: qualche anno fa c’è stato un exploit di casi meningite nelle scuole, da cui però puoi metterti al riparo solo se fai la vaccinazione. Sono temi questi che andrebbero affrontati già in gravidanza”.

L’informazione come antidoto alla paura, dunque. “Nel primo lockdown- ha detto Lattuada- abbiamo invece visto che una famiglia su tre ha sospeso le vaccinazioni. Su questo ci vuole una collaborazione pubblico-privato, noi come Ong possiamo raggiungere le persone dove il pubblico non riesce ad arrivare, parlando alle persone alla pari, non da autorità”.

Ma per tracciare un bilancio esaustivo serve capire cosa ha portato le famiglie a non fare vaccinazioni. Per l’advisor di Amref, “è difficile dare dati certi, sulla base dell’esperienza che abbiamo in Africa posso dire che c’è stata paura di correre più rischi a fare la vaccinazione che la vaccinazione stessa. È stato un momento di sospensione della salute, valutando il rischio minore. In questo contesto torna il contesto della prossimità: quello che è mancato durante quei mesi è stato il supporto a queste famiglie, spiegare loro quali rischi c’erano e quali misure di sicurezza erano messe in atto. Ma la responsabilizzazione su questo si può attivare sia sulla mamma che il papà, anche perché la mamma è più vulnerabile, per via dell’impegno con il bambino, talvolta particolarmente gravoso”.

Ma cosa rischiamo con l’esitazione vaccinale? “Non sappiamo cosa sarebbe potuto succedere, dal punto di vista delle malattie infettive, se non avessimo avuto le mascherine quest’anno– ha spiegato Mondo- ma quello che si è perso in quei primi mesi di emergenza è stato anche incontrare il medico vaccinatore, recarsi nel centro vaccinale. E, persino, è mancato l’incontro tra il personale sanitario e la mamma che magari vive un disagio psicologico e che però si riscontra solo se la mamma viene in struttura. Si è persa l’occasione di contorno, che non è solo l’atto medico del vaccino, l’anamnesi, quel momento in cui vengono fuori gli aspetti relazionali della famiglia, della mamma o del papà con il bambino. Un’occasione di dialogo persa’.

Ma se qualcuno sostiene che una malattia non c’è più, qual è il senso di vaccinarsi? “Le malattie infettive non sono state affatto eliminate– ha avvertito Mondo- ci siamo riusciti solo con il vaiolo, c’era un piano con il morbillo ma non abbiamo raggiunto i risultati attesi. Il vaccino deve esser visto come un’opportunità di proteggersi contro un rischio, un pericolo, un centro vaccinale è una fortuna, è l’essenza del servizio sanitario nazionale. Bisogna ragionare con i genitori esitanti, senza etichettarli, ma aprendo un dialogo, fornire del materiale, dare delle informazioni, metterlo in contatto con altri genitori, per essere credibili e non giudicare le persone. Questa dovrebbe essere la strategia da utilizzare: essere più umani’.

Tornando invece al bambino, Lattuada ha ricordato come in Africa il non fare vaccini abbia conseguenze ancora più nefaste: “La mortalità infantile in Africa, da 0 a 5 anni, è ancora molto alta. La malattia rende più fragile il bambino in questa fascia di età, a cui si sommano comorbidità che possono portarlo al decesso. Noi lavoriamo creando le premesse affinché le madri si sentano nella condizione di essere accolte la vaccinazione diventa occasione per fare il punto sullo stato della nutrizione del bambino, sull’allattamento, in alcuni stati persino sulla registrazione all’anagrafe, lo stato di salute della madre; si avvicina la persona a tutti i servizi, dove lo Stato non arriva o anche dove arriva ma manca in alcuni passaggi. Non c’è però una esitazione vaccinale’.

E se dovessimo fare una white list di azioni per cambiare in positivo l’esitazione vaccinale? Per Mondo alla base di tutto c’è l’incontro: “Per informare, confrontarsi. Serve presentare il vaccino come un’assicurazione, con tutte le spiegazioni sui rischi-benefici e dare modo ai bambini di crescere e viaggiare come i loro pari, perché in alcuni casi vengono ancora richiesti i certificati vaccinali. E poi aumentare le proprie consapevolezze: far capire quali siti sono affidabili e quali no, imparare la qualità delle informazioni. Perché le informazioni che mancano ci rendono vulnerabili’.

Per l’advisor di Amref, la white list parte dal concetto di comunità: “Se la salute è un bene pubblico, devo contribuire alla comunità. Le vaccinazioni sono un diritto umano, fondamentale, e metterle in discussione richiede, quanto meno, di voler sentire più campane e dare il giusto peso al dubbio, senza preconcetti. Un’altra regola è la fiducia: rivolgersi a persone che possono dare fiducia, se non in un centro vaccinale, almeno dal pediatra, che possa accogliere i tuoi dubbi e le tue perplessità’ ha concluso Veronica Lattuada.

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