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Denatalità, Agostiniani (Sip): “Nel 2021 ci saranno meno di 400 mila nascite, mai così poche”

Tra le problematiche che la denatalità italiana mette in luce ci sono le donne e i giovani, secondo gli esperti

Pubblicato:14-07-2020 17:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:38

neonato
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ROMA – “Nel 2021 è prevedibile che per la prima volta in Italia si scenda sotto i 400 mila nati, un dato che l’Istat nelle sue peggiori previsioni ipotizzava accadere solo dopo il 2030. Credo invece che ci arriveremo già nell’anno prossimo”. Parte da qui Rino Agostiniani, vicepresidente della Società italiana di Pediatria (Sip), che commenta con la Dire il nuovo Rapporto Istat che evidenzia la critica condizione della natalità in Italia.

Nello Stivale, infatti, anche “rispetto all’anno scorso, stiamo procedendo sempre verso la stessa direzione: dal baby boom al baby flop“, gli fa eco Fabio Mosca, presidente della Società italiana di neonatologia (Sin), che sul recente Rapporto Istat aggiunge: “Non è un caso che in Italia ci siano 170 over 65 ogni 100 bambini under14. Siamo il popolo più vecchio al mondo, con una elevata vita media, che a sua volta farà però aumentare le necessità di Welfare e Sanità”.

Il tutto, per forza di cose “‘peserà’ sui più giovani, che lavoreranno per sostenere il sistema di Welfare degli anziani. Un sistema scorretto, un circolo vizioso insostenibile che andrebbe messo al primo posto dell’agenda politica“.


Fortunatamente, questo governo “sembra se ne stia finalmente accorgendo- rimarca Mosca- Gli interventi del Family Act sembrano andare nella direzione giusta, ma purtroppo c’è un ritardo di 10 anni”. Sul punto anche il vicepresidente Sip, però, ha qualcosa da aggiungere: “Si parla di natalità ogni volta che esce un rapporto Istat, ma dopo diversi giorni di analisi e commenti il problema passa nuovamente in secondo piano, per venir dimenticato”.

Tra le problematiche che la denatalità italiana mette in luce ci sono le donne e i giovani, secondo gli esperti.

DONNE – Tra il 2008 e il 2017, infatti, “abbiamo perso 900 mila donne in età di procreazione” affonda Mosca. I due esperti, dunque, concordano nell’identificare “la riduzione delle donne in età fertile”, e il “basso” indice di fecondità, “che si aggira attorno a 1.2 figli per donna”, come due delle principali cause della denatalità crescente.

“Ci sono, inoltre, dati chiari che dimostrano come l’Italia sia il fanalino di coda per indice di occupazione delle donne in età fertile– continua Mosca- Le donne fanno figli se hanno un lavoro sicuro e una condizione di certezza”.

Il Family Act, perciò, sembra muoversi in questo senso attraverso “l’implementazione di strategie che migliorino soprattutto le condizioni di lavoro femminile”, aggiunge Agostiniani.

È necessaria una sempre maggior attenzione “al tema della conciliazione del lavoro con le esigenze di una donna che è anche mamma“, rimarca sul punto il presidente Sin, che conclude: “In media a 31 anni una donna francese sta pensando al secondo figlio quando un’italiana sta ancora pensando al primo”. Questo accade anche perché in Francia “ci sono politiche fiscali che favoriscono le famiglie numerose. Abbiamo bisogno di politiche che mettano in fila tutte queste necessità”.

GIOVANI – Un altro aspetto da sottolineare, “di cui spesso ci si dimentica, è l’elevatissimo numero di emigrazione che colpisce l’Italia– illustra il vicepresidente Sip- Un dato che riguarda soprattutto i giovani con titoli di studio specialistici. La ritengo una delle cose più assurde che un paese possa fare- ribadisce- formare il proprio futuro e poi lasciare che vada a lavorare all’estero”.

Difatti non si arresta la denuncia del vicepresidente della Sip: “Per la categoria dei medici in Norvegia come in Irlanda, ad esempio, il 30% degli assunti viene dall’estero. In Gran Bretagna siamo sul 25-26%, e molti- rimarca- sono italiani”.

Il Belpaese, tra le altre, “è anche il Paese che manda più tardi i figli fuori casa, e le politiche per le abitazioni non favoriscono quasi mai le fasce più giovani- chiosa il presidente Sin- Senza risorse proprie, con carenza di posti di lavoro e senza politiche che li agevolino, i giovani cosa devono fare?- provoca- Stanno a casa con mamma”.

A livello nazionale ed europeo, dunque, il confronto non sembra proprio la carta vincente dell’Italia. Solo in Toscana, tra il 2010 e il 2019, “ci sono state il 30% in meno delle nascite- ricorda Agostiniani- mentre i numeri migliori si registrano a Trento e Bolzano. Si ipotizza che questo accada perché hanno meccanismi che facilitano la scelta di fare figli”, basti pensare “alla maggior presenza di servizi, alle politiche giovanili e per la famiglia”.

Il Family Act, quindi, è un buon punto di partenza secondo entrambi gli esperti, ma gli scenari post pandemici non sono dei più rasserenanti. Occorrono politiche “per la gestione del quotidiano, asili che abbiano costi accettabili e più attenzione a politiche giovanili e lavorative dirette alle donne“, spiega Mosca.

“L’ulteriore crollo delle nascite- aggiunge Agostiniani- sarà una delle dirette conseguenze della pandemia”, senza dubbio “sarà un’aggravante- gli fa eco il neonatologo- non è un caso che dagli studi più recenti emerge incertezza, preoccupazione e atteggiamenti difensivi, tutte modalità che contrastano l’idea del ‘metter su’ famiglia. Far figli richiede entusiasmo, un lavoro stabile, persone che vivano davanti a sé un momento di piena espansione-continua- Temo che da dicembre prossimo vedremo solo un ulteriore peggioramento”.

Insomma, l’idea che con il Covid si sarebbe verificato un mini baby-boom provocato dal lockdown, “è del tutto infondata- conclude Agostiniani- è una gran sciocchezza”, i famosi ‘quaranteen’ (adolescenti del 2033 nati in fase pandemica, ndr) in Italia alla fine saranno davvero pochi.

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