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A 50 anni dalla Rivolta di Reggio Calabria, il moto popolare più vasto della storia

Tutto ebbe inizio il 14 luglio 1970, in occasione del primo sciopero generale indetto per contestare la decisione del governo che indicava Catanzaro quale capoluogo della Calabria

Pubblicato:14-07-2020 12:50
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:38
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REGGIO CALABRIA – “La memoria inizia ormai a sbiadire, i reggini pero’ sono ancora sensibili alle emozioni che 50 anni fa riusci’ a suscitare la Rivolta di Reggio Calabria, tanti ancora ricordano e testimoniano quanto accadde in quel periodo. Risalire alle origini di quella sommossa popolare, guardare cosa sia cambiato dalla realta’ di allora e’ il modo ideale per comprendere i sentimenti e la rabbia di quei giorni”. Cosi’ il coordinatore del comitato civico per il 50esimo anniversario della Rivolta Giuseppe Agliano, gia’ consigliere comunale di Reggio Calabria e assessore comunale dal 1995 al 2011. “Si tratta di un periodo storico che bisogna considerare come un valore per l’intera nostra comunita’ – aggiunge Agliano – da trasmettere alle generazioni future, come esempio di una dignitosa reazione da parte della citta’ ad un grave torto subito. La Rivolta rappresenta il piu’ vasto moto popolare della storia Repubblicana italiana, la prima rivolta identitaria d’Europa.

Tutto ebbe inizio il 14 luglio 1970, in occasione del primo sciopero generale indetto per contestare la decisione del governo che indicava Catanzaro quale capoluogo della Calabria, e dura, con varia intensita’, fino al settembre 1971 con strascichi che arrivarono al 1973 ma le sue conseguenze si protrassero per molto tempo”. Motivo scatenante della rivolta “fu, solo in apparenza, la sottrazione del capoluogo. Tuttavia – ricorda Agliano – le ragioni non possono essere ridotte ad una semplice questione campanilistica o, come si disse, di ‘pennacchio’. Cio’ che la citta’ rivendicava era considerato un diritto inalienabile, che derivava da una storia millenaria, consapevole che il rischio era quello di perdere l’ultimo treno in direzione dello sviluppo”.

“Il cosentino Giacomo Mancini ministro dei Lavori Pubblici e segretario del Partito socialista, il cosentino democristiano Riccardo Misasi ministro del Commercio con l’estero, e il democristiano catanzarese Ernesto Pucci sottosegretario al ministero degli Interni decisero – afferma Agliano – che Catanzaro sarebbe diventato il cuore burocratico della Calabria con l’assegnazione del Capoluogo di regione; Cosenza sarebbe diventata il polo culturale regionale con l’istituzione dell’Universita’; Reggio sarebbe divenuta area industriale, con gli insediamenti siderurgici e chimici. Una vile presa in giro, perche’ tutti sapevano, anche loro ovviamente, che la siderurgia e la chimica andavano incontro ad una grave crisi, tanto che problemi si erano potuti gia’ riscontrare nel quarto centro siderurgico di Taranto. L’ingresso in citta’ il 18 febbraio 1971 dei mezzi blindati M113 del battaglione mobile dei carabinieri e dei carri armati Sherman dell’esercito, se da una parte fiaccarono la resistenza e il morale dei rivoltosi, dall’altra compromisero la fiducia dei cittadini nei confronti dell’autorita’ costituita per lungo tempo”. Rispetto a questi avvenimenti c’e’ una cosa “che ancora e’ rimasta da fare”.


“Proprio in occasione di questo 50esimo anniversario – conclude Agliano – c’e’ da disporre che siano dedicati a perenne memoria, i luoghi in cui caddero i Martiri della Rivolta: via Logoteta, in cui il 15 luglio 1970 fu ritrovato agonizzante il ferroviere Bruno Labate; lo slargo del Rione Ferrovieri in cui il 17 settembre 1970 fu ucciso l’autista Angelo Campanella; la parte del Calopinace in cui il 17 settembre 1971 cadde il banconista Carmine Jaconis”.

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