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VIDEO | Mali, Tine (Afrikajom Center): “Bamako si gioca tutto con l’imam”

A parlare con l'agenzia Dire è Alioune Tine, fondatore di Afrikajom Center, un riferimento regionale sui temi dell'impegno sociale e civile

Pubblicato:14-07-2020 11:40
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:38

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ROMA – “Il Mali non può permettersi un nuovo conflitto a Bamako che allontani ancora di più la pace, tutta da conquistare nel nord e nella regione di Mopti, cuore geografico del Paese”: a parlare con l’agenzia Dire è Alioune Tine, fondatore di Afrikajom Center, un riferimento regionale sui temi dell’impegno sociale e civile. Secondo l’esperto, contattato a Dakar di ritorno da Ginevra, dove ha presentato una relazione al Consiglio dell’Onu per i diritti umani in qualità di ricercatore indipendente, nuove preoccupazioni sono alimentate dagli scontri di strada, con centinaia di arresti e almeno 11 morti, cominciati a Bamako venerdì. Ieri Nazioni Unite e Unione Africana hanno ammonito il governo del presidente Ibrahim Boubacar Keita denunciando un impiego della forza eccessivo e “letale” nei confronti dei manifestanti. 

Oggi a Bamako è stato comunicato il rilascio di una ventina di persone, tra i quali esponenti della coalizione Mouvement du 5 juin – Rassemblement des Forces Patriotiques (M5-Rfp) e seguaci dell’imam salafita Mahmoud Dicko, figura di primo piano della comunità islamica, uno degli ispiratori delle proteste.


Secondo Tine, “trovare un compromesso sarà possibile solo se tutte le parti coinvolte, dall’opposizione alle associazioni al governo, si impegneranno a bandire ogni violenza”. Un monito particolare riguarda l’esecutivo, che ha dispiegato i militari delle Forces speciales anti-terroristes (Forsat), quelle impegnate nel contrasto ad Al Qaida nel Maghreb islamico, allo Stato islamico nel Grande Sahara e ad altre formazioni ribelli. “Il governo dovrà sapere ascoltare e accogliere gli sforzi diplomatici della Comunità degli Stati dell’Africa occidentale tesi a favorire un dialogo” sottolinea Tine. Convinto che un segnale positivo, dopo gli spari ad alzo zero e pure l’assalto alla sede della televisione di Stato, sia arrivato dallo stesso Keita.

“Il presidente – sottolinea l’esperto – ha detto di essere pronto a sciogliere la Corte costituzionale, contestata per la gestione delle elezioni legislative di marzo e aprile, e a permettere un nuovo scrutinio in alcune regioni”. Secondo Tine, senza “concessioni” da una parte e dall’altra il Mali rischia di pagare un prezzo alto. “Non possiamo aggiungere un conflitto politico al conflitto già in corso ormai da anni” avverte l’esperto. “I civili che vivono nelle regioni settentrionali di Gao, Timbuctù e Kidal o in quella di Mopti restano abbandonati a se stessi: non sono protetti né dai militari del Mali, né dai peacekeeper della missione delle Nazioni Unite Minusma né dai francesi della forza Berkhane”. 

Un segnale, incoraggiante ma forse ancora da decifrare, è giunto dall’imam Dicko. Settantacinque anni, fautore tra il 2012 e il 2013 di un negoziato con i capi islamisti che avevano occupato il nord del Mali, ha rivolto un appello ai suoi seguaci affinché non compiano violenze. Il religioso ha però aggiunto che, tenendo fermo l’obiettivo di combattere la “corruzione endemica” e “rifondare” il Mali, “la lotta continua”.

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