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Libano, Aidos: “Al centro di Bourj Hammoud la forza è delle donne”

Articolo di Serena Fiorletta, responsabile comunicazione Aidos

Pubblicato:14-06-2019 11:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:24
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ROMA – “Qui ritrovo il respiro, posso essere me stessa”, mi dice una signora con in braccio un bambino, che presto scappa per andare con altri nello spazio asilo, “trovare questo posto e’ stato come arrivare a casa”, le fa eco un’altra donna che mi sorride. Entrambe siriane, hanno dovuto lasciare forzatamente le proprie case, in seguito alla guerra, in cerca di una vita che possa dirsi tale. Mentre raccontano la difficolta’ della fuga e come questo abbia inciso sul loro benessere e quello delle famiglie, la stanza in cui siamo sedute e’ a fatica rinfrescata da un ventilatore, fuori infatti batte il sole forte dell’ora di pranzo e la gente nei vicoli e’ diminuita; l’unico assembramento rimasto e’ davanti la porta del Centro in cui siamo ospitate: e’ pieno di donne che aspettano l’inizio del corso di sartoria. A scrivere da Beirut e’ Serena Fiorletta, responsabile della comunicazione di AIDOS (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo).

“Il corso di sartoria non e’ solo una formazione di taglio e cucito, qui si fa up cycling- spiega una delle operatrici- ovvero il riciclo creativo di vecchi abiti che vengono rielaborati diventando prodotti di design, oppure vestiti ormai consumati ai quali si e’ affezionate che si trasformano e rinnovano. Ma in effetti, a guardare bene, e’ quello che accade in generale in questo luogo, si trova nuova vita. Il Centro comunitario di Bourj Hammoud, a Naba’a, immediatamente fuori Beirut, offre servizi a donne, bambine e bambini per promuovere l’empowerment sociale ed economico, la salute e l’istruzione. 

Le ong italiane Arcs e Aidos hanno deciso di farlo attraverso la creazione di uno spazio aperto, gestito da un’organizzazione locale, Basmeh & Zeitooneh, creata nel 2012 da giovani ragazze e ragazzi libanesi e siriani per affrontare i bisogni della comunita’ siriana e della popolazione vulnerabile libanese.


Bourj Hammoud, quartiere popolare abitato in precedenza prevalentemente da armeni- spiega Serena Fiorletta nel suo articolo- oggi e’ un area ad alto tasso di migrazione che ha accolto anche la popolazione rifugiata siriana trasformando, ancora una volta, come da sempre accade, uno dei numerosi volti della capitale libanese.

Beirut sembra essere composta da diverse citta’ nella citta’, attraversando le strade, i quartieri e i dintorni si ha costantemente la sensazione di valicare confini piu’ o meno sottili ed evidenti. Indubbiamente la storia travagliata, il ricordo visibile di una lunga guerra civile, caratterizzano fortemente il paesaggio urbano e dentro questo tessuto complesso, a maglie strette, si e’ inserito il Centro comunitario.
Quest’ultimo e’ frutto del progetto “Inclusione sociale, formazione e salute riproduttiva per donne e bambini”, finanziato da AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

La varieta’ culturale, religiosa e politica che caratterizza questa zona necessita di risorse per poter garantire tranquillita’ e possibilita’ di vita a tutte le persone che la abitano; con l’aumento della popolazione, in seguito alle diverse migrazioni e l’arrivo di 16.000 rifugiati e rifugiate dalla Siria, l’emarginazione sociale e’ un dato di fatto.

La sostanziale mancanza di un sistema sanitario nazionale gratuito in Libano, solo il 5 per cento delle strutture e’ pubblico, impedisce a un numero impressionante di persone di vedere garantito un diritto fondamentale. Non esiste la figura del medico di famiglia e neppure una rete di servizi sanitari di base, dal costoso sistema sanitario privato resta escluso il 50 per cento della popolazione. Tra le persone che piu’ subiscono tale situazione ci sono le donne, discriminate anche nell’accesso al lavoro, all’istruzione e ai servizi di salute sessuale e riproduttiva; le donne siriane rifugiate in particolare soffrono delle conseguenze dello stress e dalla malnutrizione. Il 65 per cento non riesce ad affrontare le spese sanitarie a cui si aggiunge la violenza di genere, largamente diffusa quando ci sono stress e poverta’ uniti all’assenza di servizi sociali e sanitari, nonche’ a norme sociali e culturali fortemente patriarcali.

“La salute sessuale e riproduttiva e’ fondamentale, non solo per il benessere personale di donne e ragazze ma perche’ accresce la consapevolezza di se’, questa a sua volta e’ necessaria per lo studio, il lavoro e la comprensione di quali sono i propri diritti”. A dirlo e’ Manal Tahtamouni, ginecologa di AIDOS, che- scrive Fiorletta- in questi giorni e’ al Centro comunitario per fare formazione alle operatrici e operatori. Il training permette al personale socio medico sanitario di rafforzare le proprie competenze per la tutela della salute riproduttiva e il sostegno alle donne sopravvissute alla violenza. L’intero progetto e’ realizzato secondo un approccio integrato che permette di lavorare su diversi aspetti quali educazione, formazione professionale e accesso alla salute; al sostegno puramente medico per le donne viene affiancato quello psicologico e legale. “Per fare tutto questo siamo quotidianamente aperti, siamo parte del quartiere” dice Adele Cornaglia di ARCS, mentre chiunque passa, donne o bambini che siano la salutano. L’agio e la tranquillita’ di chi frequenta il posto e’ visibile e palpabile, le donne sono parte del centro, alcune da volontarie sono diventate parte dello staff, “perche’ questo e’ cio’ che contraddistingue le donne di Naba’a: la loro forza, voglia di partecipare, di mettersi in gioco, di esserci”, conclude Adele.

Intanto e’ arrivato il pranzo, mangiamo insieme, perche’ le relazioni- conclude Serena Fiorletta- sono alla base di questo progetto, quelle tra donne, tra chi lavora e chi usufruisce dello spazio, con il quartiere, tra le diverse Ong che lavorano insieme sul campo, insomma tra persone che varcano confini.

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