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Gaza piange la giornalista Reema Saad, uccisa con la sua famiglia da un raid israeliano

La donna, 30 anni e al quarto mese di gravidanza, ha perso la vita insieme al marito Mohammed e al figlio Zaid. L'altra figlia, Mariam, è ancora dispersa tra le macerie

Pubblicato:14-05-2021 18:46
Ultimo aggiornamento:14-05-2021 18:46

reema saad
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ROMA – Tra le vittime di un bombardamento israeliano di mercoledì notte c’è Reema Saad, una giornalista di 30 anni, al quarto mese di gravidanza. Come ricostruisce la testata Middle East Eye, il raid è avvenuto intorno all’1.30 del mattino e ha colpito un edificio residenziale nel sobborgo di Tal al-Hawa, a sud di Gaza City. La cronista era nel suo appartamento con la famiglia. Tutti dormivano: oltre a lei, il marito Mohammed al-Telbani e i due bambini, Zaid di quattro o cinque anni, e Mariam, di due o tre.

Dopo il bombardamento, i soccorsi sono intervenuti per estrarre le persone rimaste sotto le macerie: il corpo di Reema è stato trovato senza vita, mentre il marito e il figlioletto sono stati portati in ospedale, dove sono poi deceduti. Dispersa la piccola Mariam.

Reema e Zaid sono tra i 119 civili palestinesi uccisi da inizio settimana, quando Israele ha avviato bombardamenti sulla Striscia di Gaza in risposta al lancio di missili da parte di Hamas. Il ministero della Salute locale ha riferito che tra le vittime 31 sono bambini e 19 donne. Samia Saad, la madre di Reema Saad, ha raccontato che il giorno prima della tragedia aveva proposto alla figlia di passare la notte da lei ma che la donna aveva risposto di sentirsi al sicuro, persuasa che l’esercito israeliano non avrebbe colpito quell’area periferica. “Andava sempre a letto presto, il suo lavoro era molto faticoso” ha detto la donna della figlia cronista, di cui ora sui social network circola un’immagine che la ritrae mentre tiene un’intervista televisiva.


La morte di Reema Saad non richiama solo il tema delle uccisioni tra i civili palestinesi, ma anche del tributo pagato dai media in questa crisi, che alcuni osservatori hanno definito “la terza intifada”: ieri l’organizzazione internazionale per i diritti dei giornalisti, Committee to Protect Journalists (Cpj), ha avvertito che tra gli edifici rasi al suolo dall’aviazione israeliana ce ne sono anche due che, a Gaza City, ospitavano gli uffici di una dozzina di testate, locali e internazionali.

L’esercito ha avvisato in anticipo i residenti dell’intenzione di colpire le torri di oltre 12 piani di Al-Jawhara e Al-Shorouk, ma il Cpj avverte di non essere in grado di confermare che questo sia stato sufficiente a evitare vittime. L’emittente Bbc ha rilanciato dichiarazioni delle autorità locali, secondo le quali ci sarebbero stati “dei morti”.

Ignacio Miguel Delgado, rappresentante di Cpj per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha dichiarato: “È assolutamente inaccettabile che Israele bombardi e distrugga gli uffici dei media mettendo in pericolo la vita dei giornalisti, soprattutto perché le autorità israeliane sanno dove si trovano questi media. Le autorità israeliane devono garantire che i giornalisti possano svolgere il proprio lavoro in sicurezza, senza paura di essere feriti o uccisi”.

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