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Letta pensa a un Pd con identità forte, le ‘correnti’ a come neutralizzarlo

L'editoriale di Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:14-05-2021 17:20
Ultimo aggiornamento:14-05-2021 17:22

enrico letta
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ROMA – Il segretario del Pd, Enrico Letta, ha già drizzato le antenne. Le ‘correnti’ Dem si sono rimesse in moto, ognuna con un obiettivo (salvare o guadagnare una posizione di potere) che spesso è in contrasto con la linea magari decisa qualche ora prima all’unanimità. Un gioco visto e rivisto, che solo poco tempo fa ha costretto Nicola Zingaretti a dimettersi da segretario Pd perché schifato dell’andazzo generale. Oggi Letta ha riunito la direzione per fare il punto, ma chi si aspettava una presa di posizione decisa e chiara, ad esempio sulle prossime elezioni amministrative, è rimasto deluso. Eppure è proprio il risultato del voto in città strategiche come Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli che rafforzerà o metterà in crisi la sua leadership. E non basterà dire che si è appena arrivati, che il lavoro era stato impostato già da altri, perché la sconfitta ricade sempre sul leader del momento che, un istante dopo, verrà bollato come inadeguato.

Nella sua replica alla direzione, Letta ha detto che “con un’identità debole qualsiasi alleanza faremo ci fagociterà. Serve un’identità forte”. Mettendo il dito nella piaga, perché guardando a come il Pd si appresta ad affrontare l’importantissima scadenza elettorale di ottobre, appunto, c’è pochissima identità nell’ordine sparso e nel caos dei rapporti politici anche tra alleati, a cui stiamo assistendo. Oggi il segretario Letta ha insistito sul valore delle primarie Dem per individuare il candidato sindaco migliore un metodo “per capire la realta’ della situazione, senza che la scelta sia decisa in un stanza chiusa del segretario o di due dirigenti. Le primarie a Bologna, Roma e Torino saranno una modalita’ per parlare delle citta’ e del centrosinistra”. Ma la realtà, spiace dirlo, è un’altra: perché questo metodo viene contestato proprio da esponenti Dem e dagli alleati, giudicandole in alcuni casi addirittura ‘primarie farlocche’. Si guardi a quelle di Roma: qualcuno pensa che quanti decideranno di sfidare l’ex ministro Roberto Gualtieri ‘nominato’ dai capicorrente locali hanno una qualche possibilità? Che queste primarie, di fatto, non servano soltanto a fare un mese di campagna elettorale per far conoscere il ‘prescelto’ ai cittadini? E si torna al tema dei temi, l’identità forte appunto. Il segretario deve insistere e sfruttare questo momento, mettendo attorno a se il meglio del pensiero politico che si sta misurando con le sfide di oggi, per definire il programma del nuovo Pd. Avere un programma non significa esporre titoli come sviluppo sostenibile, giustizia sociale, inclusione, cittadinanza… significa aver ben chiari quali sono i ceti sociali di riferimento, quali interessi si vogliono rappresentare, su quale base stringere un’alleanza politica di governo. Per non parlare dell’altro tema cruciale, per adesso sottotraccia, della nuova legge elettorale da mettere in campo per le politiche del 2023, con un Parlamento più piccolo rispetto all’attuale, con soli 400 deputati e 200 senatori. E pensate solo a che cosa potrà accadere, senza identità forte, nella corsa correntizia ai pochi posti in palio. Per quanto mi riguarda una forza di sinistra, una forza politica che pensi al futuro, dovrà per forza rendere protagonista il mondo dei lavori saldandoli agli ‘interessi particolari e trasversali’ del mondo femminile e dei giovani. Qui sta la sfida da vincere, e non basterà, magari facendosi catturare dal canto delle sirene del passato, andarsi a trovare un nuovo nemico come Salvini il capo della Lega, per sostituire lo storico Berlusconi, che adesso è pure diventato un prezioso alleato. Pensa te gli scherzi del destino.


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