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Battaggia (Unido): “La vera leva contro la povertà è l’agribusiness”

Spiega tutto il direttore dell’Ufficio in Italia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale. L'organismo parteciperà alla prima edizione di Exco

Pubblicato:14-05-2019 14:24
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:27

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ROMA – “È stato dimostrato che l’agricoltura, più di qualsiasi altro settore economico, favorisce la crescita del Pil. Come Unido, lavoriamo per stimolare questo impatto esponenziale nei Paesi in via di sviluppo, creando partenariati tra il settore privato e la cooperazione allo sviluppo, guidati da un ideale: ‘Il cibo è la madre di tutti i diritti'”. Così alla ‘Dire’ Diana Battaggia, direttore dell’Ufficio in Italia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido Itpo Italy). L’organismo parteciperà alla prima edizione di Exco, la Fiera della cooperazione allo sviluppo che si terrà a Roma dal 15 al 17 maggio, con la premiazione, nel corso della prima giornata, dei vincitori della call internazionale ‘Idee innovative e tecnologie per l’agribusiness’, alla sua terza edizione, realizzato quest’anno in collaborazione con il Future Food Institute di Bologna. Ben 440 le candidature giunte all’Ufficio italiano dell’Agenzia Onu, la metà delle quali dall’Africa e le altre poi in misura minore da Asia e America Latina.

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Il senso del premio, sottolinea Battaggia, è “valorizzare il business a partire dal cibo” facendo squadra “tra istituzioni, imprese e mondo del no profit”. “In molti Paesi in via di sviluppo – prosegue la dirigente – l’agribusiness contribuisce a un terzo del Pil, in altri impegna addirittura l’80 per cento della forza lavoro”. E per sfruttare questo potenziale, secondo Battaggia, “bisogna coprire il gap tecnologico che separa questi Paesi da quelli industrializzati”. Da qui la volontà di premiare le idee provenienti da tutti i soggetti possibili: startup e imprese, ricercatori e università, centri ricerca e di trasferimento tecnologico, associazioni e Ong. I temi in prima linea, ovviamente la food innovation e l’agri-tech.


Se infatti in America Latina, Asia e Africa vi sono Paesi in forte crescita sul piano delle competenze, del valore nonché del numero dei giovani, d’altra parte è in questi continenti che si registrano i più alti tassi di povertà. In particolare, un recente studio della Fao ha rivelato che delle oltre 800 milioni di persone malnutrite nel mondo, la maggior parte sono proprio contadini. “E questo se ci pensiamo, è assurdo” dice Battaggia. “Per questo ci focalizziamo su tutta la filiera dell’agribusiness: non solo prodotti agricoli, ma anche tessile o legname, insomma tutto quello che deriva dalla terra. Puntiamo a valorizzare un business model redditizio per i Paesi in via di sviluppo ma anche per la sostenibilità della sicurezza alimentare”. Grande importanza data anche alla fase di follow-up: “Tutte le start-up vengono seguite anche dopo il conferimento del premio, per facilitare la ricerca di fondi, l’implementazione del business plan e proseguire con lo sviluppo di innovazione”. E come si concilia la sostenibilità e l’attenzione ai diritti umani con gli interessi delle aziende private? “L’Agenda per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite riconosce il ruolo delle aziende nello sviluppo, in collaborazione con lo Stato e le ong” risponde Battaggia, evidenziando che Unido ha nel suo Dna questo approccio. “L’attività del nostro ufficio, in particolare, è focalizzata ad inserire in maniera sostenibile il settore privato in tutti i meccanismi della cooperazione allo sviluppo” dice l’esperta. “Perché la sostenibilità è triplice: ambientale, sociale e anche economica”.

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La forte partecipazione al Premio di Unido Itpo Italy rivela anche un’altra dinamica chiave, spiega Andrea Carapellese, esperto internazionale in investimenti e tecnologia di Unido Itpo Italy e coordinatore del premio: “Se prima si trattava di tirare fuori dai cassetti delle università europee o nordamericane delle innovazioni che potessero essere applicate con successo nei Paesi in via di sviluppo, ora è proprio da queste aree che arrivano le idee”. Così, evidenzia Carapellese, “si esce dalla logica dell’aiuto allo sviluppo ‘dall’alto’, per andare verso una dinamica che premia il partenariato”. E in questo gioco, poi, le aziende italiane – circa 8mila nel network Unido Itpo Italy – hanno una marcia in più: “Dal momento che sono per la maggior parte Pmi, più flessibili ed agili per rispondere alle esigenze specifiche dei Paesi in via di sviluppo e porsi sullo stesso livello del tessuto economico di queste aree, composto da micro e piccole realtà”. Non ultimo, per Carapellese le candidature ottenute tradiscono il fatto che nel settore dell’agribusiness la vitalità è forte e che l’innovazione traccia i nuovi trend agroindustriali, anche nei paesi in via di sviluppo: “Se prima andavano per la maggiore la ricerca per sementi migliorate e tecnologie ormai standardizzate come l’idro/acquaponica, in questa edizione abbiamo ricevuto molti interessanti progetti riguardanti la gestione dei big data o blockchain applicati all’agricoltura”. Innovazione sì, ma anche tradizione, fondamentale per garantire anche la sostenibilità ambientale e sociale dei progetti implementati: “Abbiamo premiato anche buone pratiche replicabili in diversi Paesi in via di sviluppo che favoriscano ad esempio l’adattamento al clima o la tutela della biodiversità, attraverso, per esempio, la valorizzazione delle colture locali con metodi innovativi”, conclude il coordinatore del premio.

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