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Braccianti sfruttati nel trapanese a tre euro l’ora: contro di loro anche insulti razzisti

Blitz della Guardia di Finanza. Il gruppo criminale, composto tra tre italiani e un rumeno, agiva da circa un decennio

Pubblicato:14-05-2019 12:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:27
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PALERMO – Tre euro all’ora per una giornata lavorativa che arrivava fino a 12 ore, dal lunedì al sabato. Queste le condizioni a cui erano costretti a sottostare i braccianti agricoli di nazionalità rumena impiegati nelle campagne trapanesi, che venivano anche minacciati e vessati con insulti a sfondo razziale.

Una realtà scoperta dalla guardia di finanza di Trapani, che ha portato avanti le indagini coordinate dalla Procura di Marsala: scattati quattro obblighi di dimora nei confronti di tre italiani e un cittadino rumeno, che dovranno rispondere di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.

Eseguito anche un sequestro preventivo della cooperativa per mezzo della quale l’organizzazione operava e dei beni aziendali per un valore complessivo di quattrocentomila euro. Le indagini, partite nel 2016 e andate avanti attraverso le dichiarazioni di alcuni braccianti e i sopralluoghi effettuati con l’Ispettorato del lavoro di Trapani, hanno portato alla scoperta di una “attività criminale organizzata, continuata e pervicace – sostengono le fiamme gialle – mai interrotta negli anni e dedita allo sfruttamento dei braccianti agricoli di nazionalità rumena”.


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Una organizzazione che secondo la guardia di finanza andava avanti da quasi un decennio. i lavoratori venivano reclutati ed accompagnati sui campi da lavoro nella disponibilità della Cooperativa in virtù di contratti di affitto o comodato di Marsala, Mazara del Vallo, Partanna, Salemi, Castelvetrano e Pantelleria: lì venivano impiegati in nero “e in condizioni vessatorie, sottoposti a continua sorveglianza e violenze, intimidazioni, offese a sfondo razziale, minacce, talvolta – sostengono gli investigatori – anche mediante uso delle armi“.

Gli operai venivano impiegati in lavori come la spietratura dei terreni, la potatura delle coltivazioni con forbici elettriche, la zappatura, la raccolta delle uve e la spargitura di diserbanti, insetticidi e altri fitofarmaci altamente nocivi senza sosta e in qualunque condizione meteo. Il tutto avveniva “in assenza di alcun presidio che garantisse la tutela della loro sicurezza”. I braccianti, infatti, erano costretti a non recarsi in ospedale in caso di infortuni sul lavoro: nei casi in cui questo avveniva, scattavano le minacce per costringere i lavoratori a mentire sulle cause dell’infortunio.

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