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Tra i partiti ormai è corsa a chi apre il Paese prima degli altri

L'editoriale del direttore Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:14-04-2021 17:31
Ultimo aggiornamento:14-04-2021 17:31

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ROMA – C’è qualcosa di sospetto in questa ansia dei leader politici, nella voglia di risultare primo. I numeri del contagio ancora non sono tali per alzare il calice e brindare ma i partiti ormai non parlano che di riaprire tutto, presto, prestissimo, per far ripartire il Paese.

Aveva cominciato Matteo Salvini, leader della Lega, rimasto fuori dalla compagine di Governo, che aveva urgenza di mettersi in mostra, alla testa di una battaglia purchessia per cercare di smarcarsi, non farsi schiacciare troppo dal Governo Draghi che pure lui appoggia. Di fronte a lui c’era il ministro della Salute, il ‘rosso’ Roberto Speranza, fino a poco tempo fa sostenuto da gran parte degli alleati e dallo stesso premier Mario Draghi.

Poi sono arrivate le manifestazioni dei commercianti, delle partite iva, di quelli che stanno soffrendo, che non ce la fanno più e che vogliono aprire le loro attività. Dai e dai alla fine è saltato il tappo della prudenza e ormai è un susseguirsi di dichiarazioni sulle riaperture di questa o quell’attività tra pochi giorni, no un attimo, tra due settimane, macché a Maggio. Regna la confusione.


Si capiscono, sullo sfondo, le strategie politiche: della Lega, che vuol far fuori il ministro Speranza accollandogli i fallimenti e mettere un leghista al suo posto, che magari potrà gestire i tanti fondi che arriveranno per riorganizzare la sanità e presentarsi come il vero rinnovatore. C’è Fratelli d’Italia di Meloni, che forte di essere l’unica opposizione, spara ogni giorno per dimostrare che in fondo Draghi è come Conte, quindi meglio andare a votare (prima possibile, visto che i sondaggi danno Meloni in forte ascesa e Salvini in caduta libera). Alla fine pure il Pd di Enrico Letta, sentita l’aria, si è messo a spingere per riaprire il prima possibile, fosse mai che il cerino resti nelle mani Dem col rischio di bruciarsi. E oggi è tutto un fiorire su “Apriamo gli stadi con il pubblico per le partite, e allora anche per fare concerti”, ha subito aggiunto il ministro Dario Franceschini. E perché no anche le palestre e i teatri?

Mentre nel Paese il piano di vaccinazione stenta a decollare e ogni giorno bisogna fare i conti con uno stop. Dicevo che c’è del ‘marcio in Danimarca’, qualcosa di sospetto in tutta questa frenesia. Come se tutte le forze politiche già fossero proiettate a Ottobre, quando ci saranno le elezioni amministrative, con Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli, Salerno e altri 1.000 comuni chiamati al voto, prima tappa per sondare il peso di ognuno, forza da far valere subito dopo, a febbraio 2022, quando bisognerà eleggere il nuovo Capo dello Stato.

Nei Palazzi della politica sono tanti pronti a scommettere che il nuovo inquilino del Colle è già in pista, visibile e con un nome: Mario Draghi. Se così fosse, allora è ancora più chiaro il perché dell’attuale frenesia. Bisogna posizionarsi per tempo, ritagliarsi uno spazio d’azione e punti di riferimento nel sociale, per affrontare le elezioni politiche che a quel punto arriveranno presto, tra maggio e giugno 2022.

Per questo oggi è corsa a prendersi i meriti e cercare su chi scaricare le cose che non vanno. Sperando, in questo modo, di scansare ognuno i tanti problemi che oggi ognuno ha in casa propria: nel centrodestra, la gara sempre più feroce tra Salvini e Meloni per chi sarà leader, con Forza Italia in grande sofferenza. Nel centrosinistra, la gara che si accenderà e sarà altrettanto dura, tra Pd e nuovo M5S a guida Giuseppe Conte su chi dovrà guidare la coalizione, sul tipo di alleanza da costruire superando i tanti veti già emersi: No con Renzi mai, Calenda sì ma forse meglio no, e +Europa chi se la piglia? Perché gira che ti rigira, e qualcuno forse fa finta di scordarselo, il prossimo Parlamento sarà più stretto, ridotto a 600 parlamentari, che sembrano ancora tanti ma briciole rispetto agli appetiti di oggi.

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