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Lombardia, cento sindaci contro Dg Ats e Gallera: “Solo 8 Usca su 65, così impossibile fermare il Covid”

Anche Beppe Sala tra i sindaci che denunciano i problemi delle Unita' speciali di continuita' assistenziale per curare i malati covid a domicilio

Pubblicato:14-04-2020 13:53
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:08
Autore:

Giulio Gallera
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MILANO – Sole 8 unita’ speciali di continuita’ assistenziale contro le 65 previste per Milano e Lodi. Lo denunciano oltre 100 sindaci della Citta’ Metropolitana- tra cui anche il primo cittadino di Milano Giuseppe Sala- di diversi schieramenti, civici, di centrosinistra e di centrodestra (ad eccezione di quelli della Lega), in un appello rivolto al Direttore generale di Ats Milano, Walter Bergamaschi, e all’assessore Giulio Gallera, in cui chiedono un potenziamento della rete di sorveglianza territoriale.

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Le Usca, previste dal decreto del Governo n. 14 del 9 marzo 2020 devono fornire una gestione domiciliare dei pazienti Covid (dimessi dalle strutture ospedaliere o mai ricoverati) o con sintomatologia simil-influenzale di cui non e’ nota l’eventuale positivita’. La normativa nazionale prevede che tali squadre, attive 7 giorni su 7, debbano operare in stretta sinergia con i medici di medicina generale, nella misura di una ogni ogni 50.000 abitanti.


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Nel documento si legge che, con questi rapporti (8 Usca sulle 65 previste), ogni Unita’ dovrebbe farsi carico di bacini di oltre 400.000 persone, “rendendo di fatto inattuabile la fondamentale sorveglianza territoriale che l’epidemia da Covid-19 richiede”.

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I sindaci rilevano inoltre, da un confronto con i diretti interessati, che molto spesso i medici di medicina generale trovano poco chiare le modalita’ di attivazione e che, quando le USCA vengono rese operative, gli interventi non sono tempestivi e spesso non se ne riceve nessun tipo di riscontro.

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“Questo quadro- si legge nella lettera- denota da un lato la grande fatica di tutto il sistema di sorveglianza sul territorio, dall’altro il suo inadeguato livello di coordinamento. Siamo inoltre preoccupati – proseguono i sindaci – dal fatto che proprio in questi giorni stanno scadendo le quarantene di numerosi pazienti (…) La riammissione di tutte le persone messe in quarantena, infatti, e’ basata su un criterio assolutamente generico e soprattutto la ripresa dell’attivita’ lavorativa, avvenendo senza una verifica, espone ad un reale pericolo di contagio, non soltanto in ambiente sanitario, con la possibilita’ di un secondo picco epidemico”.

Fra le richieste dei sindaci dotare i medici di strumenti quali i saturimetri, quanto mai indicati per lo screening ed il monitoraggio dell’epidemia; chiarire in modo definitivo le modalita’ di accesso al tampone per i pazienti e fare i tamponi a tutte le persone che hanno terminato la quarantena.

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