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Al confine tra Polonia e Bielorussia trovato morto un migrante di 23 anni

È la nona vittima del 2023, la 38esima da quando quest'area è interessata da una crisi umanitaria, iniziata nell'estate del 2021

Pubblicato:14-03-2023 10:04
Ultimo aggiornamento:21-03-2023 14:48

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ROMA – È stata ritrovata la nona vittima del 2023 in Polonia, al confine con la Bielorussia, la 38esima da quando quest’area è interessata da una crisi umanitaria, iniziata nell’estate del 2021, che coinvolge profughi provenienti da paesi come Siria, Afghanistan, Yemen, Congo o Somalia. Lo conferma la polizia polacca, secondo cui il corpo di un uomo è stato rinvenuto in una palude nei pressi del fiume Narewka nei pressi della foresta di Bialowieza, nella Polonia nord-orientale. Stando ai documenti ritrovati accanto al cadavere potrebbe trattarsi di un cittadino afghano di 23 anni.

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Le autorità non hanno fornito dettagli sulle cause della morte, tuttavia hanno escluso responsabilità di terze persone dal momento che a una prima, veloce analisi, il corpo non presentava segni di violenza.
Si tratta del novo profugo ritrovato senza vita in questi primi tre mesi dell’anno. Le ultime quattro risalivano a febbraio: si trattava di due donne e due uomini, due dei quali di nazionalità etiopica. Dei restanti due non si è ancora risaliti all’identità. Secondo le organizzazioni per i diritti dei migranti come Grupa Granica, le morti potrebbero però essere quasi 300. Tali organismi accusano da tempo le autorità di impedire il soccorso di queste persone, che verrebbero “sistematicamente” respinte verso la Bielorussia senza prima esaminare la domanda di asilo o protezione, come invece stabilito dalla Convenzione di Ginevra e dal Diritto europeo.


Intervistata da Radio Tok, domenica l’eurodeputata polacca indipendente Janina Ochojska, del gruppo di Popolari europei, ha rilanciato la denuncia delle organizzazioni secondo cui i cadaveri nei boschi di confine potrebbero essere molti di più e che è “lecito pensare” che esistano “fosse comuni”. “In qualità di eurodeputata- ha commentato Ochojska in un tweet- pongo domande scomode alle autorità. I polacchi ancora non sanno cosa sia successo nella zona dello stato di emergenza”, ossia la fascia di sicurezza profonda fino a tre chilometri attivata lungo il confine bielorusso dall’1 settembre 2021 e ridotta a poche decine di metri una volta completata la costruzione della barriera al confine, interdicendo così l’accesso di politici, giornalisti, avvocati e operatori umanitari nell’area.

Accuse a cui ha replicato ad Ochojska l’Ufficiale di stato maggiore polacco, Ewelina Szczepanska, definendole “calunnie pericolose”: “noi agiamo con legalità e trasparenza” e “in piena collaborazione con la rete delle organizzazioni umanitarie presenti sul posto”, ha detto la dirigente militare.

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