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Foto di copertina: Medici senza Frontiere
ROMA – Nuovi violenti scontri si stanno registrando da alcuni giorni nel nord est della Repubblica democratica del Congo, in particolare dalla città di Masisi, dove i ribelli della milizia M23 si stanno confrontando con l’esercito nazionale. Come denunciano le organizzazioni umanitarie citate dalle fonti di stampa internazionale, a causa delle violenze almeno 135mila persone sono dovute fuggire verso la città di Goma, il capoluogo della provincia di Nord Kivu, che dista una settantina di chilometri da Masisi.
Una situazione che in realtà prosegue da dicembre, e gli sfollati in totale sarebbero da allora 700mila. Voltaire Batundi, membro della società civile di Masisi, a Radio France internationale (Rfi) ha spiegato: “Persiste il problema dell’accesso ai generi alimentari su tutti i prodotti di prima necessità provenienti da Goma: farina di mais, fagioli, cereali, carburante, medicinali… La strada che collega Goma a Walikale via Masisi non può essere percorsa”.
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L’attivista spiega che i ribelli dell’M23 esigono pagamenti ai veicoli in transito: “chiedono 750 dollari a testa, quindi il prezzo dei generi alimentari è aumentato fino a rendere difficile l’accesso. I prodotti che arrivano sono molto costosi. Un sacchetto di sale che costava circa mille franchi congolesi ne vale ora 2mila”. Batundi spiega che la situazione peggiora per gli altri prodotti che non sono di stagione, mentre quelli stagionali sono rimasti nei campi. Tutti fuggono dai villaggi, arriva la carestia”.
Medici senza frontiere (Msf) in una nota conferma la gravità della situazione: “Dal 22 gennaio circa 10mila persone hanno lasciato le loro case nella zona di Mweso, nel territorio di Masisi, per cercare rifugio nell’ospedale della città. I team di Msf che supportano l’ospedale gestito dal Ministero della salute hanno curato nelle ultime settimane di gennaio circa 67 persone, per lo più con ferite causate da colpi di armi da fuoco ed esplosioni, tra cui 21 bambini con meno di 15 anni. Inoltre, le équipe di Msf hanno fornito supporto psicologico, rifugi temporanei, filtri per l’acqua e sapone alla popolazione sfollata”. “Almeno 2.500 persone, compresi i bambini i cui genitori sono stati uccisi, continuano a rifugiarsi nell’ospedale di Mweso”.
Nel centro della città secondo Msf “diverse case sono state colpite da esplosivi, uccidendo alcuni civili. Solo nella settimana del 22 gennaio si stima che 20 civili, tra cui un bambino, siano stati uccisi e 41 siano rimasti feriti. Nell’ultima settimana di gennaio, la sede di Msf e l’ospedale di Mweso sono stati colpiti ferendo un operatore sanitario, mentre il 2 febbraio, l’area tra l’ospedale di Mweso e la sede di Msf è stata colpita da un esplosivo”.
Le Nazioni Unite avvertono che verso il Sud Kivu da dicembre 2022 sono arrivate quasi 155mila persone. “I recenti scontri- avverte ancora l’organizzazione- hanno causato una nuova ondata di sfollamenti, con diverse migliaia di persone arrivate negli scorsi giorni nella città di confine di Bweremana e a Minova. All’ospedale di Minova supportato da Msf lo staff medico ha curato circa trenta feriti tra il 2 e il 6 febbraio, compresi 4 bambini, 10 donne e 12 persone che necessitavano interventi chirurgici”. Rabia Ben Alí, coordinatore dell’emergenza medica di Msf in Sud Kivu riporta che “Oggi, le strutture mediche a Minova sono allo stremo e stanno affrontando carenze di medicinali essenziali per curare malattie comuni come la malaria, diarrea, malnutrizione e infezioni respiratorie. Nelle ultime quattro settimane i casi di violenze sessuali trattati all’ospedale di Minova sono raddoppiati”.
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