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Un’altra estate di siccità, e lo sappiamo già: o si fa qualcosa subito o non resta che riempire i secchi e un altro tormentone

Fiumi a secco, laghi alpini ai minimi termini e montagne senza neve già a febbraio: ci aspetta un'estate senza acqua come l'anno scorso e forse sarebbe meglio correre ai ripari

Pubblicato:14-02-2023 12:23
Ultimo aggiornamento:17-02-2023 19:49

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BOLOGNA – Dopo un Natale senza neve che ha messo alle corde l’Appennino, talmente avaro da portare in montagna più camminatori che sciatori e spingere gli amministratori a ripescare i ‘vecchi’ ristori del Covid per le imprese del turismo bianco rimaste senza turisti, sul finire di gennaio la prima imbiancata su Bologna fece dire agli agricoltori: cari automobilisti, “non imprecate oggi per i disagi, perchè ce ne saranno meno questa estate”. E invece… invece, no. Nonostante la neve, la prossima estate rischia di essere ancora e ancora di più senz’acqua. È talmente vero che neanche la distrazione di qualche sciata salva-stagione distoglie lo sguardo da una realtà che già mette a fuoco l’orizzonte. E che rende urgente fare qualcosa subito. O meglio, qui sta forse la notizia, offre la possibilità di non passare un’altra estate a piangere sull’acqua non versata (o non risparmiata per tempo). Stavolta lo si sa meglio e un po’ per tempo. Che si fa? Intanto si comincia a dirlo in modo più netto. Ma basterà? Faccia notizia chi può fare ora le scelte che possono prevenire per non dover curare.

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FIUMI E LAGHI MESSI PEGGIO DELL’ANNO SCORSO

“Se una rondine non fa primavera, una sola nevicata non fa l’inverno”, ha scritto sui social il metereologo di Arpae Federico Grazzini. L’Appennino si è imbiancato, sì, ma “sulle Alpi ha fatto pochissimo fino ad ora. Manca il 56% del volume di neve che dovrebbe essere presente al suolo in questo periodo. Praticamente stessa scena vista nel 2022. I grandi laghi e i fiumi però sono messi peggio dell’anno scorso, soprattutto il Po. La portata attuale del Po a Piacenza è già sotto il minimo storico mensile ed è inferiore a quella dell’anno scorso nello stesso periodo”.


IL PO CHE BOCCHEGGIA

Parlando a Radio 24, diceva di recente Pierluigi Claps, docente di Costruzioni idrauliche al Politecnico di Torino: il livello dei grandi laghi alpini, “è messo così male” da essere (già oggi) “una pessima notizia” e “andrebbe preso con un brivido nella schiena dagli agricoltori”. In vista dell’estate “il punto di partenza è oggettivamente peggiore dell’anno scorso”. E, sempre in radio, Alessandro Bratti, segretario generale dell’Autorità distrettuale del Fiume Po, raccontava che qualcosa si è mosso per i laghetti di accumulo, ma sul piano delle infrastrutture per garantire acqua nei periodi in cui si sa che scarseggerà si è “ancora indietro”. E i Consorzi di Bonifica (Anbi) ogni mese, ogni settimana ripetono che il Po boccheggia e servono laghetti, laghetti, laghetti… E quindi? Quindi, qui sta una sfida attualissima. Si vada a toccare con mano il Po -luogo simbolico di questi tempi, sarebbe proprio da far visitare e vedere- e si provi a fare qualcosa rapidamente.

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“BASTA CHE PIOVA E IL TEMA SICCITÀ VIENE SUBITO NASCOSTO”

Fiumi a secco, laghi alpini ai minimi termini e montagne senza neve già a febbraio. Eppure, basta qualche pioggia per accantonare il problema. Lo ha detto bene nei giorni scorsi il metereologo Luca Mercalli: “Basta che piova e il tema della siccità viene subito nascosto, questo però è un gravissimo errore“. Sì, perchè “l’ambiente risulta sempre un tema scomodo, che non paga in termini elettorali. Non è una priorità delle persone, quindi non crea consensi”. E infatti, sottolinea Mercalli, la siccità è un tema sottovalutato in primis dalla politica. Nonostante la situazione dei bacini alpini e dei fiumi sia allarmante, sostiene il climatologo, la siccità “è un tema che la politica tende sempre a sottovalutare perché tutte le scelte che dobbiamo fare come adattamento ai cambiamenti climatici sul territorio sono scelte a lungo termine e vanno pianificate con grandissima attenzione. Le azioni necessarie hanno tempi di realizzazione di decenni, la politica si deve mettere in testa che questo genere di piani non deve essere legata alla campagna elettorale ma deve avere un respiro al di fuori della forza politica”.

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UN PIANO DI EMERGENZA PER IL 2023?

Che fare con questo 2023? Nel 2022, nonostante ripetuti allarmi nel corso dell’anno, si passò poi l’estate a indagare come e perchè si fosse a secco. Stavolta, si sta cercando di non limitarsi al ruolo di Cassandra, e di dire invece che (forse?) modo di mettere mano c’è, volendo (e potendo). Diverse voci si sono levate in questo senso. Dice il metereologo di Arpae Federico Grazzini: “Se non s’inverte clamorosamente lo scenario, e al momento non ci sono indicazioni in tal senso perché servirebbe non solo una nevicata abbondante ma un lungo periodo di precipitazioni superiori alla norma, forse è già ora di preparare qualche piano d’emergenza. Sarà dura visto che ci siamo giocati l’autunno e due terzi dell’inverno”.

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L’IDEA DI FARE SCORTA

Qualcuno che ha provato a buttare lì qualche idea c’è. In Veneto, la Lega s’è inventata una proposta di legge regionale con la più classica delle soluzioni, fare scorta: raccogliere e conservare l’acqua piovana per i periodi di magra; una specifica “Disciplina per la raccolta e l’utilizzo dell’acqua piovana” per “trattenere più acqua possibile sui terreni in caso di precipitazioni atmosferiche”. E Alessandro il segretario generale dell’Autorità distrettuale del Fiume Po, diceva che si vorrebbe dare all’Osservatorio sul Po “una forte valenza decisionale” per gestire l’acqua quando non c’è e le emergenze siccità.

LA CARENZA DI ACQUA CHE AL NORD È DIVENTATA STRUTTURALE

Non conosciamo mai il valore dell’acqua finché il pozzo non si prosciuga, diceva Thomas Fuller. Ma adesso lo sappiamo: l’estate senz’acqua dell’anno scorso è stata più del solito campanello d’allarme. L’Anbi dice che “la perdurante crisi idrica del Nord Italia non è una transitoria stagione siccitosa, ma la conseguenza di un ciclo idrico, ormai incapace di rigenerarsi naturalmente a causa di cambiamenti climatici sorprendentemente veloci e cui si può rispondere solo con la realizzazione di nuove infrastrutture e l’efficientamento di quelle esistenti per trattenere l’acqua di eventi meteo sempre più rari. Bisogna prendere atto che, se complessivamente l’Italia rimane un Paese idricamente fortunato, nelle regioni settentrionali c’è meno acqua disponibile”. Cioè c’è ‘strutturalmente’ meno acqua.

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AL LUPO, AL LUPO! E POI? LO SPETTRO DI UNA (ENNESIMA) OCCASIONE MANCATA

C’è modo di non ridursi al rimpianto de “l’avevamo detto…”? Se non c’è, sarebbe da aprire rapidamente una larga discussione. Anche solo per non ritrovarsi a dover inventare l’ennesima stagione di ristori. Per la vicenda delle indagini giudiziarie su Aipo si sono pretese scelte e atti conseguenti nel giro di 24 ore…

L’orizzonte è dietro l’angolo, l’occasione a portata di mano: uscire dalle secche degli allarmi delle tabelle e degli esperti che si rincorrono come echi di un problema enorme che si ingigantisce più rimbalza da una stagione all’altra, arrivando (almeno un po’) ‘attrezzati’ per tempo. Che notizia se la siccità non fosse un tormentone estivo. Sarebbe una notizia. L’alternativa (triste) è che la mancanza di acqua resti solo una notizia tra tante di sottofondo.

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