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Uomo e giovane, ecco l’identikit del consumatore tipo di insetti: lo dice uno studio anche italiano

Una ricerca delle Università di Pisa, Parma, Gent (Belgio), Cornell (Usa) e Nanjing (Cina) confronta le opinioni delle persone sul novel food

Pubblicato:14-02-2023 10:41
Ultimo aggiornamento:14-02-2023 10:41
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ROMA – Uomo e giovane è l’identikit del consumatore più propenso ad accogliere gli insetti edibili nella propria dieta. La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Plos One e realizzato dalle Università di Pisa, Parma, Gent in Belgio, Cornell negli Stati Uniti e Nanjing in Cina. La ricerca è stata condotta attraverso un sondaggio realizzato a febbraio e marzo 2022 su un campione di circa 3.000 persone dislocate in cinque diversi Paesi (Belgio, Cina, Italia, Messico e Stati Uniti) con vari livelli di cultura gastronomica legata al consumo di insetti.

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“Si tratta del primo studio che mette a paragone più Paesi in continenti diversi – spiega Simone Mancini, ricercatore del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa – stiamo utilizzando i dati raccolti per ricerche e pubblicazioni ancora in corso, si tratta di materiale molto utile per chiunque si occupi di marketing in questo settore”.


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Dai risultati del sondaggio è emerso che il genere è il fattore principale che influenza il livello di accettazione, con il maggiore di rifiuto in Italia (circa 85% donne e 75% uomini) e il minore in Paesi come Messico (circa 46% donne e 15% uomini) e Cina (circa 62% donne e 50% uomini) dove l’entomofagia è culturalmente più accettata. Nei Paesi poi dove la predisposizione a includere gli insetti nella dieta è minore, ovvero Italia e Belgio, l’età più giovane è un fattore che predispone positivamente al consumo. Considerando infine tutti i cinque Paesi, l’accettazione degli insetti trasformati, ad esempio nelle farine, è risultata sempre maggiore rispetto a quelli interi.

“La maggiore propensione al consumo nella fascia di popolazione tra i 18 e i 41 anni rispetto agli over 42 potrebbe essere spiegata dalla curiosità dei più giovani verso il novel food e da una maggiore sensibilità rispetto ai temi legati alla sostenibilità alimentare – dice Mancini – in generale, per quanto riguarda il nostro Paese, i risultati in parte confermano che gli italiani sono meno pronti a inserire questi novel food nella loro dieta, ma denota anche come altri Paesi europei o occidentali abbiano già superato queste barriere e siano pronti a buttarsi sul mercato”.

Per l’Università di Pisa ha partecipato allo studio insieme a Simone Mancini anche la professoressa Roberta Moruzzo del Dipartimento di Scienze Veterinarie.

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