ROMA – Una pec a giugno 2024 indirizzata ai servizi sociali di Fonte Nuova denuncia maltrattamenti su dei bambini.
Si legge di “grida” e “percosse” da parte di una mamma che, prosegue la stessa mail, “invade le aree private (del condominio, ndr) con mozziconi di sigaretta e il proprio cane”.
In una medesima missiva quindi (che pur essendo pec in fascicolo viene annotata come anonima) qualcuno avrebbe denunciato le “botte” su tre minori e qualche conflittualità di troppo tra
vicini di casa.
Inizia così il “calvario” di A., come lo ha descritto questa mamma di tre figli che il 7 ottobre se li è visti portare via da “una trentina di persone, tra assistenti sociali, carabinieri, vigili”.
Lei durante quei momenti è svenuta due volte ed è stata portata via. Alla Dire la donna ha ricostruito tutta la vicenda e anche di esser stata minacciata dalla dottoressa durante il prelevamento: “Vieni con me in ospedale o ti lego prima e ti sediamo”.
Da allora ad oggi non li ha più visti, solo due videochiamate di mezz’ora a settimana ma intanto i suoi figli le scrivono messaggi: “Mamma mi manchi”, “mamma ho preso l’autobus”, “mamma sto tornando con la Cotral”, “Tu mi venivi sempre a prendere e portare, insieme facevamo tante cose belle, le facciamo?”, “Ieri quanto ho pianto”, e ancora: l”operatrice dice che è controproducente scriverti, ma io non smetterò mai”. I tre fratelli hanno 16 anni, 14 e 11 anni.
“Non ci sono lividi o referti o note e segnalazioni della scuola sulle percosse, nessun segno”, ha puntualizzato l’avvocata che, vista la gravità dei fatti denunciati, ha sollecitato il Tribunale per i minorenni per l’ascolto dei bambini che ad oggi ancora non è avvenuto, ma intanto però, con tempi record, è partito l’iter per l’adottabilità dei minori, “considerati in stato di abbandono”, ha spiegato l’avvocata, e l’udienza è fissata il 19 febbraio.
“Perché se una persona ha il sospetto di bambini picchiati non chiama le forze dell’ordine, invece di mandare una pec ai servizi sociali?“, ha aggiunto l’avvocata che avanza il sospetto, dal tenore della pec, che a scrivere sia stato un vicino di casa con alle spalle qualche conflitto di troppo con A. “Nessuna perizia è stata fatta e appunto nessun ascolto dei minori, da quella relazione dei servizi sociali è partito il decreto”.
A., che ha chiesto e ottenuto l’affido super esclusivo dei suoi tre figli, “è stata abbandonata dal padre dei bambini, ha chiesto aiuto ai servizi sociali – così inizia la storia – per la gestione di suo figlio grande (che si trova in una clinica psichiatrica, quindi separato dai suoi due fratelli minori) che nel tempo ha sviluppato comportamenti aggressivi, fastidio ad esser toccato, aggressività, dentro casa con i familiari, ma mai fuori con altri. Non è un ragazzo violento, ma stava male, aveva un forte malessere”, ha spiegato.
Un atteggiamento che A. ha iniziato a scorgere anche nel figlio più piccolo. Solo grazie alla sua insistenza si è arrivati per il grande alla diagnosi di Adhd e ora forse, come uno psichiatra privato ha suggerito,
all’ipotesi che si tratti di autismo.
“Tra il 2017 e 2018 sono riuscita a far diagnosticare con grande fatica mio figlio presso l’ospedale di
via dei Sabelli e prima l’ho fatto attraverso specialisti privati. E’ emerso che il ragazzo è dislessico, discalculico e provocatorio dimostrando di essere un bambino più piccolo della sua età e che ha Adhd.
Da quel momento ho iniziato a chiedere aiuto ovunque: alle assistenti sociali, alle Asl del territorio,
ma gli assistenti sociali non mi hanno mai aiutato a bypassare il problema nella mancanza della firma di assenso del padre e io intanto insistevo perché vedevo l’aggravarsi della situazione di mio figlio.
Non c’è stato niente da fare: aiuti non ne sono arrivati, ho continuato a lottare sola dalle prima elementare alla terza media finché nel 2022 la sua situazione di malessere era peggiorata a tal punto che mio figlio non desiderava più essere toccato, le luci in casa dovevano rimanere spente, a volte usciva scalzo, fino a diventare aggressivo su di me e suoi fratelli.
Continuavo a chiedere aiuto, gli assistenti sociali e la psichiatra di competenza mi dicevano per tutta risposta di chiamare i carabinieri eppure sapevano perfettamente ciò che avveniva quotidianamente in casa”.
Per A., che ha seguito anche economicamente i suoi bambini da sola, da quando il padre se ne è andato in Spagna senza fare più ritorno, è stata una strada tutta in salita quando ha chiesto aiuto ai servizi sociali sperando di ricevere sostegno e anche informazioni per sapere come comportarsi con quel figlio grande
che era diventato ingestibile.
“Si rifiutavano di prenderlo in carico- ha spiegato A.- perché appunto non c’era la delega del padre. Lui non rispondeva e solo quando un bel giorno ha mandato la delega per le valutazioni il figlio grande è stato finalmente preso in carico al centro di via dei Sabelli”. Ma era passato del tempo, prezioso.
“In pratica nessuno si prendeva la responsabilità perché mancava la firma del padre”, ha spiegato ancora A.. “Quando anche il bimbo piccolo ha iniziato a manifestare comportamenti strani mi hanno piazzato questo servizio Sismif dentro casa: gli operatori venivano e giocavano con i bambini”, ha raccontato A. e potevamo fare solo giochi da tavolo, seduti, e nelle loro relazioni, tra altre cose, dicevano
che il mio corridoio (dove io dipingo e faccio lavori con i bambini) era disordinato” o che “c’era troppa prossimità tra i volti (madre-figli)”, una sorta di pagella dei gesti affettuosi: cosa fare e cosa no.
Insomma non è arrivato l’aiuto, “quel tipo di sostegno sanitario che cercavo disperatamente e per il quale
ho lottato dovendo ricorrere di fatto a visite private per andare avanti”.
Quale mamma che ha qualcosa da nascondere insiste, si domanda A., con i servizi sociali, li fa entrare in casa, li sollecita per avere aiuto?
Quel giorno del prelevamento “io sono svenuta, i bimbi erano pietrificati e spaventati. Io mi sveglio la notte gridando, sogno che mi chiudono in una stanza, ho avuto paura. I miei figli mi scrivono e chiamano di nascosto, sono in grande sofferenza e li minacciano che se mi scrivono sarà peggio. Chiedo che sia interpellata la scuola- insiste A.- se li danno in adozione io penso che muoio”.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it