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Gli studenti delle scuole romane si organizzano: prima assemblea del movimento della ‘Lupa’

Centinaia i presenti al centro sociale Acrobax: dopo mesi di proteste e occupazioni, i ragazzi continuano a chiedere di essere ascoltati dalle istituzioni. E puntano ad allargare la lotta a tutto il Paese

Pubblicato:14-01-2022 12:35
Ultimo aggiornamento:14-01-2022 16:19

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ROMA – Sono stati centinaia gli studenti e le studentesse di Roma che ieri si sono riuniti ad Acrobax, il centro sociale di via della Vasca Navale, per la prima assemblea pubblica del movimento studentesco della ‘Lupa’, che dall’inizio dell’anno scolastico ha dato vita a un’ondata di proteste e occupazioni che non si vedeva da anni. Il loro obiettivo, dopo due anni di pandemia in cui la scuola e le loro vite sono state sacrificate, è ormai chiaro: vogliono essere ascoltati dalle istituzioni, vogliono che i fondi del Pnrr vengano usati per risolvere i problemi strutturali della scuola, vogliono un modello scolastico che metta al centro le loro esigenze. E non sono disposti ad accontentarsi delle “briciole che il Governo ha destinato alla scuola e alla sua risposta puramente repressiva delle nostre rivendicazioni”, come ha affermato uno studente del Manara.

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Per questo, dopo la pausa natalizia, si sono ritrovati per decidere le prossime mosse. “Questo movimento non può finire qui – dice uno studente – perché dopo 60 istituti occupati a Roma, dopo mesi di scioperi, analisi e proteste, l’unica risposta risposta delle istituzioni è stata la gravissima lettera di Pinneri (il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio, ndr), che invitava alla massiccia repressione di ogni forma di lotta”. Sono molti, infatti i ragazzi e le ragazze che denunciano “un accanimento di procedure penali e disciplinari“, in seguito alle loro azioni di protesta. “Io mi sono beccato una denuncia penale e 16 giorni di sospensione – ha detto uno studente – sono in quinto e sto rischiando l’anno, è una situazione pesante, ed è la stessa di tantissimi compagni del movimento. Siamo studenti che stanno lottando per una scuola migliore, per una società migliore, non è giusto che veniamo criminalizzati in questo modo“. Dopo un lungo applauso, l’assemblea è ripresa.


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“Questa risposta delle istituzioni dimostra la loro debolezza – dice una studentessa -, è il momento di allargare la lotta romana a tutto il Paese, per questo dobbiamo invitare tutte le organizzazioni studentesche italiane alla grande assemblea nazionale del 5 e 6 febbraio, è l’unico modo per farci sentire da questo Governo che si ostina a non ascoltarci”. È forte il loro sentimento di appartenenza, come l’ambizione di guardare oltre la loro condizione generazionale. “Non dovrà essere solo un’assemblea nazionale degli studenti – ha rilanciato un altro studente – ma dobbiamo intercettare il malcontento generale, che colpisce in primo luogo la nostra generazione, ma non solo. Dobbiamo coinvolgere la componente universitaria, i lavoratori precari, le altre lotte del territorio“.


Non c’erano solo gli studenti e le studentesse del centro di Roma: sono venuti da Tor Bella Monaca, da Monterotondo, da Pomezia per condividere le loro rivendicazioni e i loro disagi, evidenziati da un rientro a scuola che definiscono “catastrofico”. “Stiamo rientrando a scuola in un clima di pura propaganda – ha accusato uno studente del ‘Morgagni’ – ma in realtà non è stato fatto niente, non ci hanno neanche fornito le mascherine Ffp2 o un minimo tracciamento, per non parlare dei problemi strutturali che non sono stati neanche sfiorati e che ci costringeranno tutti, di nuovo, alla didattica a distanza“.


“Col Pnrr hanno dato briciole alla scuola – ha aggiunto un altro studente – e solo per quello che interessa loro: adeguare sempre di più la scuola alle leggi del mercato. Parlano di digitalizzazione, mentre gli edifici cadono a pezzi, hanno previsto un investimento massiccio sui Pcto (ex alternanza scuola-lavoro, ndr), a cui siamo obbligati senza avere la minima tutela dei diritti sul lavoro”. Verso la fine, dopo due ore di interventi, qualcuno ha puntato più in alto. “I movimenti studenteschi degli anni ’60 e ’70 pensavano che il mondo potesse cambiare – ha detto uno studente del ‘Tacito’ – noi invece siamo costretti a un’eterna incertezza. Non lasciamoci scappare questa scintilla, dobbiamo farla diventare più grande, c’è bisogno di una rivoluzione a livello cognitivo, culturale, generale. Dobbiamo risvegliare una coscienza in tutti gli studenti, contro questo sistema che non ci vuole esseri pensanti. Per tornare a sperare che un altro mondo è possibile”.

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