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NAPOLI – L’arma da cui è partito il colpo che ha ucciso Arcangelo Correra, 18enne morto a Napoli nella notte tra venerdì e sabato, non è stata trovata casualmente.
A negare la versione fornita da Renato Caiafa, il 19enne napoletano che ha ammesso di aver sparato all’indirizzo di Correra, è la gip del tribunale di Napoli Maria Gabriella Iagulli nell’ordinanza con la quale, non convalidando il fermo dell’indagato, ha disposto l’applicazione della misura cautelare in carcere per i reati di porto, detenzione e ricettazione dell’arma.
Caiafa ha detto di aver incontrato Correra e altri amici in piazzetta Sedil Capuano, dove aveva notato una pistola presente sulla ruota di una macchina che era parcheggiata da tempo in strada.
Il 19enne ha riferito di aver preso l’arma, che era ben visibile, e di aver iniziato a giocare con Arcangelo.
Caiafa stava mostrando quell’arma, che aveva preso per “scherzare” agli amici quando, improvvisamente, sarebbe partito il colpo che ha poi ferito mortalmente Correra.
Caiafa ha spiegato che pensava fosse una pistola finta, benché priva del tappo rosso, e di essersi reso conto che si trattasse di un’arma vera solo dopo aver visto il sangue della vittima. Ha detto, ancora, che Correra lo “sfidava a sparare”, mostrando il petto.
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