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VIDEO | I medici modenesi: “Stiamo rivivendo l’incubo di marzo”

Massimo Girardis e Elisabetta Bertellini del Policlinico di Modena lanciano un appello: "Rendetevi conto di quel che succede ed aiutateci ad uscirne"

Pubblicato:13-11-2020 18:19
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:14

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MODENA – Massimo Girardis, direttore della Terapia Intensiva del Policlinico di Modena, lancia un grido d’allarme: “Abbiamo vissuto un incubo a marzo che non avremmo mai voluto rivedere, non c’è nessun medico che vuole vedere queste cose. Facciamo il nostro lavoro e lo facciamo in maniera professionale, ma siamo molto stanchi. E abbiamo bisogno assolutamente che la gente si renda conto di quello che succede. Non è questione di persone o di numeri, ma di forza emotiva per far fronte a tutto questo. Abbiamo bisogno che tutti partecipino a ridurre l’estensione di questa malattia”.

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STIAMO SFIORANDO I NUMERI DI MARZO

Il professore, in forze all’hub territoriale dove si affronta il Covid, manda anzitutto “un ringraziamento a tutti gli operatori sanitari e in particolare alla mia équipe, che si sta veramente dannando” e aggiunge: “Ad oggi stiamo arrivando al picco di ricoveri in terapia intensiva che abbiamo avuto a marzo: abbiamo 55 pazienti verso un massimo di marzo che era stato di 66. La crescita è stata lenta di quella di marzo ma è stata inesorabile, con due pazienti al giorno ricoverati in terapia intensiva tra Baggiovara e il Policlinico”. Avverte ancora Girardis: “Se siamo costretti ad aumentare i posti letto Covid, tenuto conto che gli altri pazienti di terapia intensiva devono poter aver diritto a entrare, dobbiamo contrarre quella che è l’attività programmata.

LE RACCOMANDAZIONI

La mia raccomandazione più forte, ai giovani e ai ventenni che girano senza mascherina ‘ma tanto dopo non vado a trovare i nonni’, è questa: se non si inverte il trend, si riduce la possibilità di curare tutte le altre malattie”. Da un punto di vista clinico, aggiunge il direttore, “le terapie a disposizione sono simili a quelle di marzo, le abbiamo solo rese più precise. Ad oggi la mortalità dei pazienti che arrivano in terapia intensiva è uguale a quella che avevamo a marzo, quindi più o meno il 30%. Rispetto a marzo, abbiamo visto una riduzione dell’età media di 10 anni: gli anziani hanno imparato a proteggersi un po’, i giovani e le persone di mezza età pensano di essere immuni da malattie gravi, poi in realtà finiscono per essere ricoverati”.

La collega Elisabetta Bertellini, direttrice della Terapia Intensiva dell’ospedale civile di Baggiovara, osserva a sua volta: “La tipologia di paziente di cui ci occupiamo riflette quella della prima ondata, in merito a sintomi e gravità. Cambia il fatto che ora i pazienti vengono intercettati prima, e questo porta a un miglioramento della prognosi. Ma la gravità del paziente ricoverato – puntualizza – è comunque critica, non ci sono notevoli differenze. L’età media si è abbassata, vediamo ora pazienti molto più giovani, che non hanno 50 anni, rispetto a quelli della prima ondata. I posti di terapia intensiva al momento all’hub sono sufficienti: abbiamo una zona isolata anche logisticamente rispetto alla terapia intensiva covid, non ci sono stati problemi finora”. 

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