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Al via il convegno della Società Italiana delle Storiche sui movimenti femministi, attaccato da zoombombing

L'attacco nella giornata di apertura della tre giorni 13, 14 e 19 novembre

Pubblicato:13-11-2020 16:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:14

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locandine_femministe1ROMA – “Le donne saranno sempre divise le une dalle altre? Non formeranno mai un corpo unico?”. Cinquant’anni fa si apriva con questo interrogativo di Olympe de Gouges, drammaturga e attivista vissuta in Francia durante il periodo della rivoluzione, il Manifesto apparso sui muri di Roma e Milano nel luglio 1970 ed elaborato da Rivolta femminile, il gruppo femminista nato dall’incontro fra Carla Lonzi, Carla Accardi e Elvira Banotti. Ed è a partire da questo Manifesto, che per molte studiose segna la nascita del movimento femminista in Italia, che stamattina si è aperto il convegno organizzato nelle giornate del 13, 14 e 19 novembre dalla Società Italiana delle Storiche (Sis) in collaborazione con Archivia e Casa Internazionale delle Donne di Roma e intitolato ‘Cinquant’anni di rivolta. I movimenti femministi dal lungo ’68 a oggi’

A chi può interessare, nell’Italia di oggi, che non si parli di femminismo?, viene da chiedersi attorno alle 11, quando, a poco piu’ di mezz’ora dal suo inizio, il convegno, promosso dapprima in presenza e poi spostato online a causa dell’emergenza Covid, viene interrotto e preso di mira da un vero e proprio Zoombombing. Un attacco della stanza Zoom aperta dove si stava svolgendo la tavola rotonda virtuale, messo in atto attraverso la condivisione di immagini e scritte inneggianti al duce, svastiche e contenuti volgari infarciti di insulti sessisti, da parte di più profili, molto probabilmente inventati per inscenare l’azione di disturbo. Prontamente segnalato alla Polizia Postale, l’attacco non ha scalfito lo spirito dell’iniziativa che, sottolinea la neopresidente della Sis Raffaella Sarti “non vuole essere un’occasione di celebrazione quanto piuttosto di riflessione” sui 50 anni del Manifesto di Rivolta, che si apre richiamando Olympe de Gouges e quindi crea fin da subito un dialogo tra passato e presente, tra Rivoluzione francese e 1970, creando una filiera di storia, memoria e azione politica che, da un certo punto di vista, sottende la denuncia del fatto che molte delle ragioni dell’azione politica di Olympe de Gouges non erano venute meno nel 1970″.

Ragioni che, osserva la storica, “per certi versi, mutatis mutandis, non sono venute meno neppure a oltre 200 anni dalla Declaration des droits de la femme et de la citoyenne e a 50 anni del Manifesto di Rivolta, cosa per certi versi preoccupante e che ci stimola a continuare, pur in un contesto profondamente mutato, a continuare a lavorare su questi fronti”. Cinquant’anni “sono un tempo lunghissimo sia per gli Stati, sia per le persone, sia per le fonti- sottolinea Gabriella Nisticò, presidente di Archivia, la biblioteca/archivio specializzata in storia e cultura delle donne della Casa Internazionale- La percezione del tempo e’ fondamentale per combattere l’oblio e il movimento femminista era nato consapevole, aveva gia’ iniziato, fin dal suo esordio, a raccogliere le fonti della propria storia, per contrastare l’oblio di se stesso, delle proprie azioni, delle pratiche, del pensiero. Se Carla Lonzi non avesse dato un avvio con un documento che e’ diventato il simbolo del femminismo, se Edda Billi e il centro documentazione Pompeo Magno non avessero iniziato subito a raccogliere le fonti per la storia e non fossero nati centri di documentazione in gran parte d’Italia, se non avessero costruito rapporti con altri centri all’estero- ragiona l’archivista- oggi non avremmo la lunga bibliografia che abbiamo sulla storia delle donne e del femminismo ne’ dei gruppi, collettivi, riviste, quotidiani che hanno visto la luce negli Anni 70″.


La raccomandazione di Nisticò è, quindi, quella di “continuare su questa strada, scavare e far emergere altre fonti per elaborare altri studi per la nostra storia”, la stessa a cui si lega idealmente e geograficamente la Casa Internazionale delle Donne, “un luogo simbolico per il femminismo“, ricorda la sua presidente, Maura Cossutta, che restituisce nel suo intervento il legame con l’oggi: “Oggi il femminismo e’ un posizionamento molto importante per leggere la complessita’ della modernita’ e le nuove disuguaglianze e incontrare i nuovi femminismi- sottolinea- Penso a Non Una Di Meno, che rimette al centro della discussione i nessi tra classe, razza e sesso, penso al movimento delle donne cileno che gridava contro il neoliberismo e il patriarcato, ai movimenti nuovi che hanno prodotto l’elezione della nuova vicepresidente Usa. È importante che questo convengo si presenti qualche giorno prima del 25 novembre, perche’ quest’anno li’ ci saranno tutte le forme di resistenza alle ingiustizie e disuguaglianze di questo periodo. Il femminismo puo’ essere il pensiero che tiene insieme quelle forme di resistenza e di mobilitazione. Oggi non c’e’ piu’ tempo- conclude Cossutta- servono parole di donne”.

Le stesse ri-lette e attualizzate nel primo panel del convegno dedicato al ‘Manifesto di rivolta, le artiste e ‘fare il femminismo’ di Carla Lonzi’, in cui la socia fondatrice di Archivia Giovanna Olivieri, la storica dell’arte Laura Iamurri, la ricercatrice Linda Bertelli, e un’artista, Silvia Giambrone, hanno discusso del controverso rapporto tra femminismo, creativita’ e arte.

Tra le pagine aspre che Carla Lonzi dedica nei suoi diari a intellettuali e artiste, c’e’ “torto e ragione” per Iamurri e Giambrone, che osa risignificare la sua opera esaminando “il mio grado di connivenza con il patriarcato”.  È li’ che si colloca la sua performance del 2012 di Teatro anatomico proiettata in un video nel corso del convegno, in cui un colletto ricamato viene letteralmente cucito sottopelle lungo il collo dell’artista, richiamando il riconoscimento di quel mondo di “segni”, in questo caso il ricamo come unico spazio creativo alle donne nel passato, “in cui si muove il patriarcato” come primo passo per romperne l’ordine.

Un’eredita’ che “viene letteralmente cucita addosso, sul corpo”, osserva la studiosa Marta Seravalli autrice del volume ‘Arte e femminismo a Roma negli anni Settanta’, che conclude: “Uno snodo che trovo essenziale nel prendere una posizione rispetto a questa eredita’- dice- e’ l’intenzione di non volerla idealizzare, perche’ dopo circa dieci anni di riflessione e studi del rapporto su arte e femminismo, su un’estetica femminile e femminista, il rischio che si corre e’ la sublimazione di questa eredita’”, mentre invece un riposizionamento rispetto all'”estetica del quotidiano” permette di mantenere un “rapporto con l’attuale”.

Il convegno proseguira’ oggi pomeriggio con il secondo panel (15.30-12.30), in cui dibatteranno di ‘Connessioni transnazionli’ Raffaella Baritono, Tommaso Rebora, Elena Biagini e Maria Susanna Garroni. Chiuderanno la prima giornata Serena Cacchioli, Federica Delogu, Edlira Titini, Eriada Cela, Lisa Fornara e Teresa Bertilotti col panel ‘Esperienze internazionali’. Di ‘(Auto)Rappresentazioni’ discuteranno Rossella Bonfatti, Eleonora Cirant, Elizabeth Leake, Mirka Pulga e Vanessa Roghi in apertura della seconda giornata di lavori sabato 14 novembre (9.30-11.15), che proseguira’ con Liana Maria Daher, Santina Musolino, Andrea Martini, Elisa Belle’ e Maria Teresa Sega col panel ‘Narrazioni e memoria’ (11.30-13). Nella sessione pomeridiana Eleonora Forenza, Alessandra Gissi, Anna Scattigno e Beatrice Pisa parleranno di ‘Politica/politiche’ (15-16.30), Anastasia Barone, Marta Equi Pierazzini, Sandra Burchi e Valeria Mercandino, invece, saranno le relatrici dell’ultimo panel ‘Passato e presente’ (17-18.45). Il ciclo di incontri virtuali si chiudera’ giovedi’ 19 novembre con il panel ‘Nuove rivolte, femminismo decoloniale in Italia’ (17-19), in cui dialogheranno Lizet Aguilar, Liliana Ellena, Kwanza Musi dos Santos, Angelica Pesarini, Valeria Ribeiro Corossacz, Miriam Tola.

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