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La piccola Susy strappata alla mamma da un ‘plotone’ di persone

SPECIALE MAMME CORAGGIO | L'avvocato Priolo: "Un caso di vandalismo istituzionale"

Pubblicato:13-11-2020 10:55
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:14
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ROMA – “Io e mia figlia ci siamo nascoste nella soffitta del casale, hanno rotto la porta per entrare e me l’hanno strappata dalle braccia. La bimba era terrorizzata, piangeva e disperata mi diceva ‘Mamma aiutami‘. L’hanno portata via con un vestitino, scalza, senza ciabattine, senza vestiti di ricambio, e mi hanno detto che fuori dal casale e’ stata avvolta in un telo. Mio padre, che insieme a me resisteva, è stato chiuso nel box. Ci hanno puntato le armi contro e alzato le mani”. E’ Sabrina (nome di fantasia, ndr) a ricordare per DireDonne quel “maledetto 10 agosto scorso”, quel blitz eseguito da “un plotone di forze dell’ordine, vigili del fuoco, guardie zoofile, infermieri, assistenti sociali, 25 persone mi hanno riferito alcuni, altri testimoni addirittura 32” che ha portato Susy, di soli 7 anni, in una casa famiglia. Da allora non la vede e non la sente. “Una bimba serena, socievole, piena di amici” alla quale questa Mamma marchigiana, 38 anni, occhi azzurro cielo, proprietaria di un’azienda agricola a Civitanova, che è anche una fattoria didattica, vuole far sapere, angosciata per quanto secondo lei le staranno raccontando: “Non ti ho abbandonata, io ti aspetto tutti i giorni”.

“Il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Ancona- spiega Sabrina- al quale io e il mio legale, l’avvocato Carlo Priolo, ci siamo opposti, ci è stato letto quel giorno tipo proclama medioevale mentre il mio avvocato era in viva voce. Quello successivo e ultimo prevede il mio inserimento in casa famiglia, anche diversa da quella di mia figlia, e incontri protetti. Ma protetti da chi? Dalla Mamma che l’ha cresciuta?” si domanda questa donna.


Che poi torna indietro con la memoria, a quando resta incinta e racconta di aver cresciuto sua figlia da sola, con l’aiuto dei suoi genitori. “Sette anni fa, nel 2013, è nata la mia bimba e il padre l’ha riconosciuta solo dopo, nel 2015. È venuto quattro volte a conoscerla, e in uno di questi episodi mi ha alzato le mani e l’ho denunciato”. La querela è stata archiviata. “La bambina- continua nel racconto Sabrina- non lo conosceva, aveva bisogno di tempo, era sempre stata con me e i nonni. Poi lui è scomparso e ha iniziato con le cause perché a suo dire mi sarei rifiutata di fargli vedere la figlia”. La bambina aveva bisogno di tempo e gradualità, secondo Sabrina. Nell’ultimo provvedimento del Tribunale è riportato a spiegazione di questo prelievo ‘coercitivo’ quanto riferisce il servizio sociale, ovvero che la “signora non ha risposto al telefono e alle mail per dar seguito agli incontri della bambina con il padre, anche se non si è opposta”.

Sabrina conferma che ci “sono stati incontri protetti con i servizi sociali, 5 o 6, ma Susy non aveva piena consapevolezza di questa figura che per lei era quella di un perfetto sconosciuto”. A complicare tutto una CTU che Sabrina descrive in queste poche battute: “Erano 700 domande e io non ho risposto a tutte, mi era stato detto che potevo tralasciare quelle che non mi risultassero agevoli o chiare. Così ho fatto. Ne è uscito fuori che ho voluto nascondere la mia personalità. Non ho precedenti penali, non mi prostituisco, non mi drogo, ho cresciuto mia figlia da sola e ho realizzato il mio sogno di avere una fattoria didattica dove vengono ogni giorno scolaresche, associazioni, famiglie e tanti bambini”.

Nella CTU è riportato anche che il padre della bambina “riferisce di aver fatto uso saltuario di ecstasy e cocaina… d’estate si fa un bicchiere in più ma non per questo si definisce alcolizzato” e sempre nella stessa relazione è scritto nero su bianco che gli è stata tolta la patente per stato d’ebbrezza nel 2006 e che ha frequentato il Sert. L’uomo in CTU dichiara comunque di “non prendere sostanze da 3/4 anni”.

In più passaggi, sul conto di Sabrina, si riferisce che fa vivere la bimba in una casa con tanti gatti che la nonna ama molto. Si indugia anche sul rapporto difficile di Sabrina con il padre biologico. Ma quali sarebbero le accuse verso questa madre? “Non avrei voluto far vedere la bimba a suo padre (come stabilito nel regime di incontri dal tribunale di Macerata), ma Susy nemmeno lo conosceva- racconta- e poi secondo loro avrei recluso mia figlia in questa azienda agricola, non l’avrei mandata a scuola, ma invece- tiene a precisare- io la mando in una scuola staineriana privata e ha fatto l’esame per la seconda elementare ottenendo l’idoneità, riconosciuta dal Miur a lei e agli altri suoi 11 compagni. E poi come si puo’ sostenere che l’avrei reclusa in una fattoria didattica, un luogo pieno di gente, a contatto con la natura e con gli animali, cosi’ importanti per la crescita psicofisica dei bambini?” si domanda incredula.

L’avvocato Carlo Priolo, suo legale, raggiunto dalla Dire, dichiara: “Il caso della piccola Susy esonda dal pur orrendo ordinario e sale nelle vette più alte di assurda indecenza istituzionale, quasi da definirla ‘vandalismo istituzionale‘ trattandosi di minori che come tali dovrebbero appartenere ad un universo lontano dalle miserie umane, dove si dovrebbe adottare un galateo intellettivo, una grammatica comportamentale di tutti gli attori che intervengono. Abbiamo compreso che il subsistema della giustizia minorile, che ogni giorno presenta aspetti sempre piu’ crudeli, inquietanti ed oscuri, deve essere radicalmente riformato a misura di bambino”.

In questo caso dalle richieste del padre si e’ arrivati al blitz che ha strappato via Susy, imponendole appunto la frequentazione del padre, anche ‘con pernotto’ come indicato dalla CTU. Continua Priolo: “Ormai ricevo due, anche tre telefonate al giorno di madri che chiedono aiuto- racconta alla Dire- Dopo 43 anni, dal Forteto a Bibbiano ed oltre, risulta evidente che le dinamiche delle singole tragiche ed orrende vicende degli allontanamenti dei figli dai genitori biologici, in particolare dalle mamme, registrano delle costanti invarianze, quelle frequenze empiriche ripetitive che consentono di trasferire la moltitudine delle singole storie dal piano giudiziario al piano sociale: la conoscenza deriva dall’osservazione, dalla descrizione e dalla comparazione delle cose, e non quindi da traballanti regole giuridiche procedurali che sono sovente l’esatto contrario della soluzione delle connesse problematiche. Si commettono errori inescusabili nel considerare che lo statuto dello psicologo, dell’assistente sociale, dell’avvocato, dell’educatore, dello psichiatra, come del giudice, consegni una realtà nella quale ogni singolo operatore risponda al modello declinato dallo stesso statuto di categoria e corrisponda perfettamente a comportamenti singoli rispondenti al codice deontologico e morale senza tenere conto della storia individuale del singolo, dell’antropologia del territorio dove è nato e vissuto, della cultura specifica acquisita”.

Sabrina e i suoi genitori intanto passano queste giornate increduli, non si danno pace, aspettano, si domandano come stia la piccola Susy. Cosa pensa, cosa le raccontano. “È stata attaccata a me sette anni, perche’ portarla lontano da tutta la sua vita e in questo modo?”. Il Tribunale per i minorenni di Ancona, con provvedimento del 23 settembre, ha sospeso la responsabilità genitoriale di Sabrina per darla ai Servizi sociali. Ma ad essere sospesa e’ tutta la sua vita. “Penso a lei ogni giorno” e accanto a questa madre si è stretta tutta una comunita’, scioccata da quel 10 agosto. Striscioni di amici e familiari vengono affissi su balconi e finestre per chiedere che Susy torni a casa, dove e’ cresciuta, dove e’ stata amata. “Ma chi stacca gli striscioni?” l’appello conclusivo di Sabrina. “A questa persona dico di vergognarsi, mia figlia e’ stata privata di tutto, senza ragione, senza giustizia”.

(Nelle foto la piccola Susy con la Mamma e nella fattoria didattica e un disegno realizzato a scuola) 

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