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La diplomazia e l’inatteso, al via il festival

Il Festival, in corso fino al 22 ottobre, con oltre 400 relatori, 20 ambasciate e sette università coinvolte, parte dalla domanda “Ready for the unexpected?"

Pubblicato:13-10-2021 17:12
Ultimo aggiornamento:13-10-2021 17:26
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ROMA – Con la pandemia di Covid-19 la famosa farfalla della teoria della complessità “ha sbattuto le ali piuttosto forte” e gli effetti sono stati percepiti chiaramente dai cittadini, ora “ancora più consapevoli di quanto la vita quotidiana possa essere stravolta da un evento che avviene tanto lontano da noi”. Anche per questo il Festival della diplomazia, con la sua vocazione “di divulgazione e democratizzazione” dei temi della geopolitica, è “particolarmente importante”. La riflessione è della viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Marina Sereni, che ha partecipato oggi alla conferenza stampa inaugurale della 12esima edizione della manifestazione, organizzata in Farnesina.
Il Festival, in corso fino al 22 ottobre, con oltre 400 relatori, 20 ambasciate e sette università coinvolte, parte dalla domanda “Ready for the unexpected?”, ovvero “pronti all’inatteso?”. Il riferimento è alla pandemia, ma non solo; il terreno della riflessione è quello delle risposta del mondo della diplomazia e del multilateralismo alle criticità che si possono presentare di volta in volta anche in modo sorprendente.

Secondo il presidente del comitato scientifico del Festival, Giampiero Massolo, durante la pandemia si è assistito a “un processo di chiusura della comunità internazionale, anche inseguendo il presunto ‘sentiment’ della popolazione, e a un uso offensivo degli strumenti della collaborazione, che ha generato iniquità ed entropia”.
Non solo aspetti critici, però, a caratterizzare il periodo della crisi sanitaria. Secondo Massolo, “abbiamo visto un ritorno di attenzione verso i governi e il loro operato e al contempo anche un’attenzione verso la dimensione multistakeholder, che coinvolge tutte le componenti della società”. Sarebbe anche emersa una logica “plurilaterale”, intesa come “collaborazione tra gruppi di Paesi in alternativa al multilateralismo classico”.

Lezioni apprese e lezioni ancora da apprendere, come evidenzia in un’intervista con l’agenzia Dire il segretario generale del Festival, Giorgio Bartolomucci. “Diversi Stati e organizzazioni multilaterali hanno dovuto mostrare una forma di solidarietà che forse prima si stava erodendo, ad esempio nel rispondere alla domanda di vaccini in alcune aree del mondo”, sottolinea il segretario. Convinto che però “ci sono degli egoismi, come quelli che abbiamo visto rispetto alla fornitura delle mascherine o ai tentativi di sottrarre turisti da un Paese all’altro, che vanno eliminati”.


Secondo Bartolomucci, porsi nella prospettiva giusta vuol dire anche “prepararsi al prossimo inatteso, che non sappiamo che forma potrà avere, se attacco cybernetico o conseguenze di cambiamenti climatici”.

L’inatteso, o l’imprevisto, è anche pane quotidiano per gli operatori che animano nel mondo centinaia di progetti dell’Agenzia italiana della cooperazione allo sviluppo (Aics). A evidenziarlo oggi il suo responsabile per le relazioni istituzionali e la comunicazione, Emilio Ciarlo. Il dirigente ha ricordato la lunga partnership di Aics con il Festival, immaginando per il futuro anche “uno spazio dedicato” per le attività della cooperazione italiana.

Tra i volti della diplomazia, della politica, del giornalismo e della cultura che prenderanno parte al Festival si annoverano Charles Goodhart, professore emerito della London School of Economics, Suzanne Nossel, già vicesegretaria di Stato americana, Katharina Pistor, professoressa della Columbia School of Law, Gordon Laforge, della Princeton University, Sabine Weyand, direttrice generale per il Commercio della Commissione europea, Judith Shapiro e Yifei Li dell’American University e Luca Maestripieri, direttore di Aics.

TIGRAY, SERENI: “FARE ARRIVARE GLI AIUTI ALLE POPOLAZIONI”

Abbiamo avuto problemi diplomatici e burocratici nel far giungere alle popolazioni il nostro sostegno umanitario, ma non demordiamo e continuiamo a lavorare con i nostri partner per far arrivare gli aiuti dove c’è bisogno”. Così la viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Marina Sereni, parlando del conflitto e della crisi umanitaria in corso nella regione del Tigray, nel nord dell’Etiopia.

Parlando con l’agenzia Dire a margine della conferenza stampa inaugurale della 12esima edizione del Festival della diplomazia, oggi in Farnesina, Sereni ha detto che l’Italia è “molto preoccupata” della “escalation militare che si sta verificando non solo nel Tigray ma anche nelle regioni vicine di Afar e Amhara”. Negli ultimi giorni il Fronte di liberazione del popolo tigrino (Tplf), partito che è tornato a controllare il Tigray dopo mesi di guerriglia con l’esercito etiope, ha denunciato una nuova offensiva di Addis Abeba con il sostegno delle forze speciali Amhara.

La viceministra ha ribadito che anche in questa fase i punti salienti della posizione dell’Unione Europea rispetto alla crisi etiope sono “lo stop alle ostilità, il rispetto dei diritti umani, l’apertura di indagini indipendenti sulle violazioni di questi ultimi e l’avvio di un dialogo”, anche alla luce del fatto che “in Etiopia si è insediato un nuovo governo”, guidato sempre dal primo ministro Abiy Ahmed, e si può “aprire una nuova fase”.

Sereni ha inoltre denunciato “problemi nell’accesso e nei movimenti delle organizzazioni umanitarie” che operano nel nord dell’Etiopia. Sempre sul fronte del sostegno umanitario, la viceministra ha ricordato che “l’Italia partecipa alle missioni dell’Ue” e che anche ieri ha “preso parte a un summit informale sul tema organizzato da Samantha Power, direttrice generale dell’Agenzia americana per gli aiuti internazionali”.

AFGHANISTAN, SERENI: “MENO MIGRANTI SE SI LAVORA A BENE DEL POPOLO”

“Quello della migrazione resta un tema sensibile nel rapporto tra gli Stati membri dell’Unione Europea, ma per evitare che dall’Afghanistan arrivi un grande flusso di migranti abbiamo solo un’alternativa: dobbiamo lavorare tutti insieme per il bene del popolo afghano”, spiega Sereni.


Sereni ha risposto a una sollecitazione dei cronisti su una lettera rivelata dal portale di notizie Ue Observer, firmata dai ministri degli Interni di 12 Paesi dell’Unione, con la quale si è chiesto un cambio nei regolamenti del sistema di Schengen nell’ottica di consentire agli Stati membri di costruire muri alle frontiere.


La viceministra ha sottolineato che la posizione che emerge dalla missiva non è l’unica faccia dell’Ue. “Al G20 di ieri la Commissione europea si è presentata con una buona notizia” ha detto Sereni: “Il prossimo stanziamento di un miliardo di euro di fondi per aiutare il popolo afghano”.

APPELLO DAL FESTIVAL DELLA DIPLOMAZIA: “ROMA SI RISCOPRA INTERNAZIONALE”

Roma deve essere più all’altezza della sua vocazione globale e la prossima amministrazione deve valorizzare al massimo il patrimonio di internazionalità che la contraddistingue. E’ uno dei temi emersi oggi nel corso della conferenza inaugurale della 12esima edizione del Festival della diplomazia, che fino al 22 ottobre animerà tanti luoghi della capitale con decine di incontri e circa 400 relatori.

A parlare di Roma è stato Aurelio Regina, presidente onorario della manifestazione. “Pensiamo che il Comune della capitale non abbia recepito a fondo la validità del patrimonio del Festival della diplomazia per la città, ma ci auguriamo che in futuro possa farlo” il commento e l’augurio del presidente. Regina ha poi fornito alcune coordinate della dimensione internazionale della città: ”Quattrocento sedi diplomatiche, terza città al mondo per numero di rappresentanze straniere, e poi oltre 130 multinazionali che impiegano circa 70.000 persone“.

Il tema del ruolo della capitale è tornato anche nelle parole del segretario generale del Festival, Giorgio Bartolomucci, intervistato dall’agenzia Dire. “Questa città, che in realta è internazionale per natura, ha due marchi importanti” ha detto: “Quello della cristianità e quello della romanità, mentre il terzo, quello internazionale appunto, è finito in secondo piano”.

Bartolomucci ha continuato: “Il nostro obiettivo è far crescere a Roma la consapevolezza della centralità nello scenario mediterraneo e nel mondo diplomatico, che a questa città guarda con grande rispetto, e non solo per la presenza vaticana e per la sua storia”.

Infine, un augurio, a pochi giorni dal ballottaggio per le elezioni municipali, previsto domenica e lunedì prossimo. “Chiunque vinca – ha detto Bartolomucci – ci auguriamo che possa capire e approfittare del grande potenziale del nostro Festival più di quanto successo in passato”.

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