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Clima, negli ultimi 50 anni i disastri meteo hanno ucciso due milioni di persone

Il numero di disastri climatici registrati è aumentato di cinque volte e le perdite economiche di sette: in fumo 3,6 trilioni di dollari

Pubblicato:13-10-2020 09:50
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:02

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ROMA – Negli ultimi 50 anni, più di 11.000 disastri sono stati attribuiti a eventi meteorologici, climatici e legati all’acqua, che hanno comportato 2 milioni di morti e 3,6 trilioni di dollari in perdite economiche. Mentre il numero medio di morti registrato per ogni disastro è diminuito di un terzo durante questo periodo, il numero di disastri registrati è aumentato di cinque volte e le perdite economiche sono aumentate di un fattore sette.

EVENTI ESTREMI PIÙ FREQUENTI, INTENSI E GRAVI

“Gli eventi meteorologici e climatici estremi sono aumentati in frequenza, intensità e gravità a causa dei cambiamenti climatici e hanno colpito le comunità vulnerabili in modo sproporzionato”, avverte lo ‘State of Climate Services 2020’, rapporto coordinato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (World Meteorological Organization- WMO, l’agenzia dell’Onu dedicata alla cooperazione e al coordinamento internazionale sullo stato e il comportamento dell’atmosfera terrestre, ndr) e redatto con 16 agenzie internazionali. “Tuttavia- prosegue il rapporto- una persona su tre non è ancora adeguatamente coperta dai sistemi di allerta precoce“, secondo il rapporto sui servizi climatici del 2020 pubblicato oggi in occasione della Giornata internazionale per la riduzione del rischio di catastrofi.

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NEL 2018 108 MLN DI PERSONE MESSI IN GINOCCHIO DA CATASTROFI. E RADDOPPIERANNO

Nel 2018, a livello globale, circa 108 milioni di persone hanno bisogno dell’aiuto del sistema umanitario internazionale a causa di tempeste, inondazioni, siccità e incendi. “Si stima che entro il 2030 questo numero potrebbe aumentare di quasi il 50% con un costo di circa 20 miliardi di dollari all’anno”, afferma il rapporto.

Il rapporto, ‘State of Climate Services 2020 Report: Move from Early Warnings to Early Action’, prodotto da 16 agenzie internazionali e istituzioni finanziarie, coordonate dalla WMO, identifica dove e come i governi possono investire in efficaci sistemi di allerta precoce che rafforzano la resilienza dei paesi a molteplici rischi meteorologici, climatici e idrici e fornisce esempi di successo. In esso si sottolinea la necessità di passare alla previsione basata sull’impatto, un’evoluzione da “come sarà il tempo” a “cosa farà il tempo” in modo che le persone e le imprese possano agire tempestivamente sulla base degli avvisi.

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CICLONI, URAGANI, INCENDI, LOCUSTE: 16 CASI DI STUDIO

Il rapporto ‘State of Climate Services 2020’ contiene 16 diversi casi di studio su sistemi di allerta precoce che hanno funzionato per vari pericoli, tra cui cicloni tropicali e uragani, inondazioni, siccità, ondate di caldo, incendi boschivi, tempeste di sabbia e polvere, locuste del deserto, inverni estremamente rigidi ed esplosioni di laghi glaciali.

“I sistemi di allarme rapido (Early warning systems- EWS) costituiscono un prerequisito per un’efficace riduzione del rischio di catastrofi e per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Essere preparati e in grado di reagire al momento giusto, nel posto giusto, può salvare molte vite e proteggere i mezzi di sussistenza delle comunità di tutto il mondo”, dice il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale-WMO, Petteri Taalas.

COVID CRISI TEMPONRANEA, CLIMA SARÀ MINACCIA CONTINUA

“Mentre il CoVid-19 ha generato una grande crisi sanitaria ed economica internazionale dalla quale ci vorranno anni per riprendersi, è fondamentale ricordare che il cambiamento climatico continuerà a rappresentare una minaccia continua e crescente per le vite umane, gli ecosistemi, le economie e le società per i secoli a venire”, aggiunge Taalas. “Il recupero dalla pandemia CoVid-19 è un’opportunità per andare avanti lungo un percorso più sostenibile verso la resilienza e l’adattamento alla luce del cambiamento climatico antropogenico”, scrive il segretario generale WMO nella prefazione al rapporto. 

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MOLTI STATI NON SONO PRONTI A SVILUPPARE SISTEMI DI ALLARME RAPIDO

Quasi il 90% dei paesi meno sviluppati e dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo (Small Island Developing States- Sids) ha identificato i sistemi di allarme rapido come una priorità assoluta nei loro contributi determinati a livello nazionale sui cambiamenti climatici, spiega il rapporto. “Tuttavia, molti di loro non dispongono della capacità necessaria e gli investimenti finanziari non sempre fluiscono nelle aree in cui gli investimenti sono più necessari”, segnala lo ‘State of Climate Services 2020’. La situazione è particolarmente grave nei piccoli stati insulari in via di sviluppo e nei paesi meno sviluppati (Least Developed Countries- LDC).

Dal 1970, i Sids hanno perso 153 miliardi di dollari Usa a causa di pericoli legati alle condizioni meteorologiche, climatiche e idriche, un importo significativo dato che il Pil medio per i SIDS è di 13,7 miliardi di dollari. Nel frattempo, 1,4 milioni di persone (il 70% dei decessi totali) nei paesi meno sviluppati hanno perso la vita a causa dei pericoli meteorologici, climatici e idrici in quel periodo di tempo. I dati forniti da 138 Paesi membri della WMO mostrano che solo il 40% di loro dispone di sistemi di allarme rapido multi-pericolo (MHEWS). Ciò significa che a livello globale in media una persona su tre non è ancora coperta da allarmi precoci. Attualmente, solo 75 membri dell’OMM (39%) hanno indicato di fornire servizi di previsione basati sull’impatto.

LE DIFFICOLTÀ DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

La diffusione degli avvertimenti è debole in molti Paesi in via di sviluppo e i progressi nelle tecnologie di comunicazione non vengono sfruttati appieno per raggiungere le persone a rischio, specialmente nei paesi meno sviluppati. Non esiste una capacità sufficiente a livello mondiale per tradurre il preallarme in un’azione tempestiva, soprattutto nei Paesi meno sviluppati. L’Africa deve affrontare le maggiori lacune di capacità. In questo vasto continente, sebbene la capacità sia buona in termini di conoscenza e previsione del rischio, solo 44.000 persone su 100.000 sono coperte da allarmi precoci, nei paesi in cui i dati sono disponibili. Tutti i servizi meteorologici e climatici si basano su dati provenienti da osservazioni sistematiche. Tuttavia, le reti di osservazione sono spesso inadeguate, in particolare in tutta l’Africa dove, nel 2019, solo il 26% delle stazioni ha soddisfatto i requisiti di segnalazione della Wmo.

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