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ROMA – Storie, testimonianze, casi diventati simbolo di una battaglia contro quella che per molto tempo era l’oscura ‘sindrome dei Balcani’ (che poi non era affatto solo dei Balcani, ndr).
Perizie mediche e cause in Tribunale hanno stabilito ad oggi, con alcune vittorie ‘simbolo’, che linfomi, leucemie e altre malattie sistemiche erano state scatenate dalla contaminazione da uranio impoverito.
Aree non bonificate, dispositivi di protezione non imposti, armamenti utilizzati e molti altri saranno i temi al centro di ‘Morti da nascondere’, il primo convegno nazionale su questo argomento che si terrà a Udine venerdi 27 settembre alle 18 in sala Madrassi.
Tanti i relatori che prenderanno la parola, tra loro Elisabetta Trenta, già ministra della Difesa; Carlo Calcagni colonnello iscritto al Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano; l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto; Fabio Carlone, vittima dell’uranio impoverito e Capo dipartimento nazionale Vittime del dovere del sindacato SUM. Ci saranno le storie: Mariano Pecoraro racconterà di suo figlio, paracadutista della Folgore, per tutti ‘Pek’, morto nel 2006 per un tumore alle ossa, o il tenente degli Alpini, Sergio Cabigiosu, che ripercorrerà la sua malattia.
“Sopravvivo grazie alle terapie, ma vivo grazie allo sport e al costante impegno nel sociale”, le parole di Calcagni, che si è ritrovato a “combattere- come lui stesso dice- una delle battaglie più difficili della sua vita contro le conseguenze devastanti dell’esposizione all’uranio impoverito“.
La sua malattia è stata riconosciuta “dipendente da causa e fatti di servizio”, ed è divenuta il simbolo, come Calcagni in ogni sede ha ricordato, di una “lunga e difficile lotta contro l’indifferenza istituzionale e la mancanza di riconoscimento verso i danni subiti dai militari in missione”.
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