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L’Islam? “Si sta europeizzando. Le comunità musulmane sono plurali, e poco conosciute”

"L'islam è percepito come alterità minacciosa perché lo si conosce poco", spiega la docente dell'Università di Pisa Renata Pepicelli

Pubblicato:13-09-2019 11:08
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:41

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ROMA – Cercare di descrivere l’islam in Europa è un’impresa complessa, parola di Renata Pepicelli, studiosa delle società del mondo arabo contemporaneo e delle diaspore islamiche. “Quando parliamo di islam e musulmani in Europa si aprono davanti a noi una pluralità di elementi di cui è fondamentale tenere conto” dichiara alla Dire la docente, che all’Università di Pisa insegna Islamistica. Occasione dell’intervista è la pubblicazione di un report della Fondazione Farefuturo, con il contributo dell’Ufficio Studi di Fratelli d’Italia, dal titolo ‘Islamizzazione d’Europa’, secondo cui i musulmani in Europa sono in aumento, e “potrebbero costituire la metà dei cittadini italiani entro il 2100”. Dati che richiedono una riflessione scientifica del fenomeno. Per la docente però, più che di “islamizzazione dell’Europa”, è più corretto parlare di “europeizzazione dell’Islam”.

“Prima di tutto- spiega la studiosa- le comunità musulmane provengono da contesti molto diversi tra loro, sotto il profilo geografico, culturale e storico”. L’Islam è, con il cristianesimo, la religione monoteista più diffusa al mondo: il messaggio coranico, dalla penisola arabica, si è esteso nel vicino oriente, in Asia centrale, in nord Africa, per raggiungere poi l’Africa sub-sahariana, l’Europa centrale, fino al sud-est asiatico. “Ogni comunità- prosegue Pepicelli- differisce poi per cultura, tradizioni, storie nazionali”. Un bengalese presenta usi e costumi diversi da un egiziano, così come l’islam marocchino non è assimilabile a quello saudita. Anche perché, come i cristiani si distinguono in cattolici, ortodossi e protestanti – con altre sotto-correnti al loro interno – anche l’islam si ramifica in sunnismo e sciismo, filoni che a loro volta si diversificano internamente. A complicare le cose, si aggiunge anche il fatto che in Europa “ci sono comunità musulmane radicate da secoli”, che convivono accanto a quelle arrivate più di recente fino ai figli dei migranti e dei convertiti, “quindi siamo in presenza di europei musulmani”.

Inoltre, Pepicelli sottolinea che “in ogni paese europeo l’islam ha una sua storia specifica, legata alla storia dei flussi migratori: in Francia e Regno Unito le migrazioni sono iniziate molto prima che in Italia”. E ogni Paese “attira” specifiche comunità nazionali: “In Francia si concentrano i maghrebini, in Germania i turchi, in Gran Bretagna arrivano soprattutto dal subcontinente indiano”. Quanto all’Italia, “i sociologi parlano di ‘mosaico multietnico’”. Inutile quindi per l’esperta immaginare un islam europeo, monolitico e immutabile, che agisce sulla società in maniera altrettanto unidirezionale: “Le comunità islamiche sono plurali e variegate: anche il modo di praticare la religione cambia da individuo a individuo”. E gli stessi musulmani sono chiamati a confrontarsi tra di loro, in base alle caratteristiche che li distinguono, così come devono fare i conti con i diversi contesti europei: “Quanto cambia il concetto di laicità tra Francia e Italia, e quali conseguenze implica nella vita delle persone?” è una delle domande che l’esperta suggerisce a chi vuole affrontare questi temi. Che, in conclusione, si dice convinta del fatto che “stiamo assistendo all’emergere dell’islam europeo, e all’europeizzazione dell’islam che si caratterizza per la presenza di diverse correnti di pensiero”. Ciò risulta evidente ad esempio dal fatto che “molti musulmani vivono la religiosità in modo ‘laico’, mentre altri cercano di seguire i modelli dei paesi di origine, in taluni casi estremizzandoli, o idealizzandoli”.


Dalle statistiche raccolte sulle percezioni degli italiani dal report di FareFuturo, emergerebbe che una parte della società odierna considera l’islam come un pericolo. Ad esempio, il 60 per cento degli italiani sarebbe convinto che il velo sia indossato per coercizione. “L’islam è percepito come alterità minacciosa perché lo si conosce poco– risponde Pepicelli- ma anche perché pone una serie di questioni”. Come quella del velo, o del terrorismo? “Quella del velo- replica ancora la docente- è una questione anodina: si dà per scontato che le donne lo indossino perché costrette, quando diverse analisi negli ultimi anni hanno dimostrato che per molte è una libera scelta. Quanto al terrorismo, esistono gruppi estremisti che giustificano le loro azioni sulla base di letture fondamentaliste del Corano rifiutate dall’assoluta maggioranza dei credenti. Anche qui però, se guardiamo ai dati, la maggior parte degli attacchi e delle vittime a livello globale coinvolge paesi musulmani. Non c’è una guerra di musulmani contro non musulmani”.

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