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In India la prima università tribale al mondo: ha 25.000 studenti/FOTO

L'Università è nata nel 1992 e gli studenti sono aumentati ogni anno. A fine agosto è arrivato il riconoscimento ufficiale del ministero

Pubblicato:13-09-2017 10:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:41

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ROMA – La prima università tribale in scienze sociali al mondo è indiana: il riconoscimento ufficiale è stato conferito a fine agosto dal ministero per lo Sviluppo umano del governo di Narendra Modi, che insieme con le famiglie dei 25mila studenti dell’ateneo ha riconosciuto “l’importanza di fornire un’istruzione di qualità ai giovani per garantire loro un futuro”. A raccontare alla DIRE di questa esperienza è Anurag Dash, il direttore dell’università, il Kalinga Institute of Social Sciences (Kiss), situato nello Stato di Odisha che si affaccia sul Golfo del Bengala. Finanziato tramite donazioni volontarie, il Kiss è una cittadella da 400mila metri quadri dove sorgono edifici scolastici, dormitori, mense, palestre, campi sportivi e persino un ospedale attivo 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Qui i ragazzi frequentano gratuitamente dalle elementari all’università, fino ai master. Unico requisito: provenire dalle tribù e appartenere a una famiglia che non potrebbe sostenere i costi per l’istruzione.

“In classe – spiega Dash – rispettiamo i programmi statali sia rispetti ai maschi che alle femmine, che sono il 60% degli iscritti. Offriamo anche corsi professionali, tra cui cucito, falegnameria, agricoltura, incoraggiando le naturali capacità dei ragazzi. Ora stiamo puntando sullo sport: la squadra di calcio ad esempio compete nei tornei nazionali, ma abbiamo anche rugby e atletica“. Il direttore, per la DIRE, è tramite di contatti e testimonianze. Come quella di Muna Murmu, 19 anni. E’ già un rugbista professionista di livello internazionale ma il suo sogno è laurearsi in scienze politiche al Kalinga Institute. “Un giorno – dice – tornerò a casa e mi occuperò di politica, per favorire lo sviluppo del mio villaggio”. Anche la sua coetanea Shanty Murmu ha un sogno: “Laurearmi in chimica e poi promuovere l’importanza dell’educazione nelle comunità rurali”. Shanty è la fondatrice di Parivartan, un termine che, spiega, significa “cambiamento”. E’ l’organizzazione con cui, già ora, sta portando avanti il suo progetto.



Gli studenti del Kalinga provengono da 32 tribù differenti. “Ci preoccupiamo di proteggere le loro tradizioni, la storia e le lingue locali“, spiega il direttore. “Per questo le persone ci apprezzano”. Nel 1992, quando il professor Achyuta Samantha fondò il Kalinga Institute, solo 127 famiglie acconsentirono a iscrivere i propri figli. Ma ogni anno gli studenti sono aumentati. “Col tempo le persone si sono accorte della qualità del nostro insegnamento e della facilità con cui i nostri i diplomati e laureati trovano lavoro” riprende Dash. “Abbiamo guadagnato in credibilità tra la gente, che alla fine ha cambiato mentalità. E non solo perché ‘avete rivoluzionato la vita dei nostri figli’, come alcuni ci dicono, ringraziandoci, ma perché col nostro lavoro contribuiamo al benessere delle comunità rurali e alla promozione dei loro diritti”.

Per questo anche il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) ha identificato nella Kiss un partner affidabile. La sua missione attua infatti gli obiettivi proposti dall’Agenda Onu 2015-2030: favorire pari opportunità nell’accesso all’istruzione e al mondo del lavoro. Un’ultima curiosità: pochi giorni dopo essere stata riconosciuta prima università tribale al mondo – con la partecipazione di Naveen Pattnaik, governatore dello Stato di Odisha – il Kalinga Institute ha vinto il Guinness dei primati per la seduta più numerosa al mondo di Laughter Yoga, lo “Yoga della risata“: i partecipanti sono stati 15.991. “Lo facciamo praticare ai ragazzi perché non solo fa bene alla salute, ma anche alla mente e all’umore”. Un altro modo per insegnare ai futuri adulti l’ottimismo perché, come si legge sul sito del Kiss, “i supereroi non stanno nelle favole, ma sono quei bambini che dicono ‘Io posso farlo'”.

di Alessandra Fabbretti, giornalista

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