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Cgia, sistema italiano ultimo agli stress test ma solido

La prudenza del settore bancario italiano, segnalano dalla CGIA, si nota dagli ultimi dati della Banca d’Italia

Pubblicato:13-08-2016 11:27
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 08:58

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banca d'italiaROMA – Nell’area dell’Euro l’Italia risulta ultima in relazione all’indice CET1. Questo indicatore, venuto alla ribalta con l’avvento degli stress test, riguarda il rapporto tra il “capitale primario di base di classe 1” e le attività ponderate per il rischio e definisce il grado di copertura dei rischi assunti dalle banche con le risorse proprie più rilevanti (capitale, riserve ecc.). I dati esaminati dall’Ufficio Studi della CGIA indicano per il sistema bancario italiano un CET1 pari all’11,8% (fine 2015), un valore nettamente più basso rispetto agli altri paesi dell’Area Euro ma non così lontano dai risultati dei big player Francia (12,6%) e Spagna (12,7%); la Germania si attesta invece su valori più elevati (14,9%) (si veda Tab. 1).

Il fatto che l’Italia risulti all’ultimo posto non deve tuttavia fare allarmismo. Dal punto di vista delle regole di Basilea III, che entreranno pienamente in vigore nel 2019, il nostro sistema bancario presenta coefficienti patrimoniali molto elevati e più che in regola rispetto alle soglie minime previste che fissano il CET1 al 7%. Purtroppo – esordisce Renato Mason, Segretario della CGIA – la continua implementazione di nuove regole in ambito europeo e gli stress test sui singoli istituti di credito, peraltro costruiti su ipotesi di simulazione estremamente negative e difficilmente realizzabili stanno condizionando il mercato del credito in Italia e le banche si dimostrano troppo prudenti nella concessione dei finanziamenti alle imprese”.

Pochi Aiuti di Stato per le banche italiane. Rispetto ai grandi sistemi bancari dell’Area Euro, l’Italia è stato il Paese che ha beneficiato di minori Aiuti di Stato tra il 2008 e il 2014, specie sul fronte delle ricapitalizzazioni, un’arma utilizzata su larga scala da Germania, Irlanda e Spagna che hanno fornito capitale ai loro istituti rispettivamente con 64,2 miliardi di euro, 62,8 miliardi e 61,9. Estendendo l’analisi degli Aiuti di Stato anche agli altri strumenti previsti (copertura attività deteriorate, garanzie su passività e altre misure), i dati della Commissione Europea indicano in cima alla classifica l’Irlanda con 350,5 miliardi di aiuti in 7 anni, seguita dalla Germania (283,9) e dalla Spagna (186,0) mentre nel caso dell’Italia la soglia supera di poco i 93 miliardi di euro (si veda Tab. 2).


Il fatto che in Europa vi siano sistemi bancari che presentano indici migliori rispetto a quelli italiani dipende anche, come sottolineato da alcuni studi, dalla minore esposizione in attività extra-creditizie (derivati ecc.) per le quali non è stato ancora definito puntualmente un metro di valutazione dei rischi; in altri termini, i Paesi più esposti sul fronte del credito alle imprese e meno sui derivati (come l’Italia) hanno attivi pesati per il rischio più elevati che tendono a comprimere l’indice CET1. Inoltre non è da escludere che gli Aiuti di Stato abbiano influito su questi coefficienti dal momento che nel computo del capitale versato bisogna includere anche eventuali ricapitalizzazioni portate a termine dalle autorità pubbliche per gestire le situazioni di emergenza.

Crescono i depositi ma il credito alle imprese non riparte. La prudenza del settore bancario si evince, segnalano dalla CGIA, attraverso l’analisi degli ultimi dati della Banca soldid’Italia. Da un lato, infatti, prosegue la continua crescita dei depositi delle famiglie consumatrici che da giugno del 2015 a giugno 2016 sono aumentati del 3,5% mentre sul fronte opposto continuano a scendere i prestiti alle imprese (-2,4% nello stesso periodo) (si veda Tab. 3). L’aumento dei depositi delle famiglie – precisa il coordinatore dell’Ufficio Studi della CGIA, Paolo Zabeo – va comunque letto unitamente al calo delle obbligazioni bancarie che rappresentano l’altra fonte di raccolta delle banche: aumenta quindi la preferenza dei risparmiatori per i prodotti a breve termine ovvero per i depositi che possono essere svincolati in tempi brevi e che garantiscono guadagni minimi ma certi ed è invece forte la riluttanza dei risparmiatori verso le obbligazioni emesse dalle banche”. Le banche, inoltre, continuano ad avere in pancia molti titoli di stato italiani: a fine giugno per 415 miliardi di euro, quasi 10 miliardi in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+2,4%). Infine, secondo i dati della Relazione Annuale della Banca d’Italia, il CET1 delle BCC è pari al 16,5%; un dato molto elevato e superiore addirittura al sistema bancario tedesco.

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