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Diritti, lo storico Toussaint: “Il debito odioso va annullato”

Così lo storico e politologo belga Eric Toussaint, intervistato dall'agenzia 'Dire', che martedì prossimo alle 11 lo ospiterà per la presentazione del libro 'Il sistema - Storia del debito sovrano e del suo ripudio' (Edizioni Bordeaux)

Pubblicato:13-06-2019 09:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:24
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ROMA – “Ripudiare il debito si può e, se si tratta di ‘debito odioso’, si deve“. A sottolinearlo è lo storico e politologo belga Eric Toussaint, intervistato dall’agenzia ‘Dire’, che martedì prossimo alle 11 lo ospiterà per la presentazione del libro ‘Il sistema – Storia del debito sovrano e del suo ripudio’ (Edizioni Bordeaux).

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Ma come si definisce un debito ‘odioso’? “Uno Stato resta tenuto a pagare i debiti contratti dal regime precedente, ma con un’eccezione” risponde Touissant: “Il debito può essere infatti classificato come ‘odioso’, e quindi ripudiato, se è stato contratto contro l’interesse della popolazione e con creditori che ne erano consapevoli o che avrebbero dovuto esserlo dopo aver fatto le necessarie verifiche”. Il riferimento è alla tesi formulata nel 1927 da Alexander Sack, giurista russo esiliato a Parigi dopo la rivoluzione bolscevica.


“Sack voleva difendere gli interessi dei creditori, dicendo loro di fare attenzione a verificare l’uso che veniva fatto dei crediti che concedevano” spiega Toussaint, che, come diversi altri autori, ha cercato di attualizzare la dottrina del ‘debito odioso’ in considerazione delle trasformazioni avvenute nel diritto internazionale dopo la fine del secondo conflitto mondiale.

“Bisogna migliorarla- afferma lo storico- integrandola con la messa in discussione delle responsabilità dei creditori, che di fatto sono sistematicamente all’origine delle violazioni dei trattati e degli altri strumenti internazionali di protezione del diritto”.

Così, per Toussaint, si può considerare “odioso” anche il debito contratto dalla Grecia dopo la crisi del 2008: “I prestiti della troika sono stati chiaramente concessi contro l’interesse dei greci stessi. Sono state imposte loro misure che li hanno danneggiati nell’esercizio di diritti fondamentali e ne hanno degradato le condizioni di vita senza migliorare la situazione. La troika ha prestato denaro alla Grecia affinché questa rimborsasse banche private occidentali”. Nel 2015 Toussaint ha coordinato la Commissione per la verità sul debito greco richiesta dalla presidente del parlamento Zoé Konstantopoulou.

La ricerca del politologo, però, va molto più indietro nel tempo. “Il debito sovrano è stato un elemento dominante in una serie di eventi storici cruciali all’inizio del XIX secolo, negli Stati che lottavano per la loro indipendenza in America Latina, dal Messico all’Argentina, così come in Grecia” spiega Toussaint: “Per finanziare la guerra d’indipendenza, questi Paesi nascenti avevano contratto prestiti presso banchieri londinesi con accordi iniqui che li trascinarono di fatto in un nuovo ciclo di subordinazione”.

Esemplare il caso di alcuni Paesi nordafricani: “La Tunisia godeva di una relativa autonomia nell’Impero ottomano, ma si era indebitata presso i banchieri parigini. È chiaramente attraverso l’arma del debito che la Francia giustificò il protettorato e, poi, la colonizzazione del Paese. Dieci anni dopo, nel 1882, anche l’Egitto perse l’indipendenza, prima era stato occupato militarmente dalla Gran Bretagna che voleva recuperare i debiti contratti dai Paesi presso le banche inglesi, poi trasformato in colonia”.

Secondo molti analisti, tuttavia, i Paesi che scelgono di ripudiare il debito rischiano di ritrovarsi isolati sul piano internazionale e pregiudicarsi la possibilità di ottenere nuove linee di credito dall’estero.

“La storia del capitalismo mostra il contrario” ribatte Toussaint, che nel 2009 ha guidato la commissione di audit in seguito alla quale l’Ecuador ha ripudiato una parte del suo debito. “L’annullamento del debito illegittimo però non basta” sottolinea il politologo. “Il ripudio del debito qualificato come odioso è necessario e legittimo, ma deve inscriversi in un piano economico e sociale complessivo”.

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