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Africa, secondo le Ong le vittime civili sono aumentate di sette volte

A causare queste morti sarebbero per la maggior parte militari incaricati di contrastare le milizie nella regione

Pubblicato:13-04-2021 13:16
Ultimo aggiornamento:14-04-2021 20:22

mozambico
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ROMA – I civili uccisi in agguati, raid e violenze, comprese donne e minori, tra il 2017 e il 2020 sono aumentati di sette volte nella regione africana del Sahel, passando dal 356 a 2.443. E a causare queste morti sarebbero per la maggior parte militari incaricati di contrastare le milizie nella regione. Il dato è emerso da uno studio realizzato da Coalition citoyenne pour le Sahel, una rete di oltre 50 organizzazioni della società civile, che ha preso in esame le violenze in Burkina Faso, Niger e Mali. Questi tre Paesi sono stati colpiti da incursioni di gruppi ribelli dal 2012 e dal 2017 aderiscono a una task force regionale – la G5 Sahel – composta anche da militari di Mauritania e Ciad. C’è poi la missione francese Barkhane, ritenuta anch’essa responsabile di violenze. Al portale di informazione Radio France internationale, la co-autrice del report Niagalé Bagayoko ha detto che “dall’inizio dell’anno sono morte 200 persone uccise dei gruppi armati in Niger”.

Denunciate anche violenze sessuali, tra cui “lo stupro di una bambina di 11 anni” e “di una donna incinta” avvenuti sempre in Niger ma, a detta della responsabile, a commetterli sono stati “militari dell’esercito del Ciad, che sarebbero incaricati di proteggere i civili”. Bagayoko ha citato un rapporto delle Nazioni Unite che nei giorni scorsi ha confermato l’uccisione di 19 civili in Mali a causa di un bombardamento condotto dall’aviazione francese della missione Barkhane.

La responsabile della Coalition citoyenne pour le Sahel ha continuato: “Se ci limitiamo a valutare l’azione di contrasto ai gruppi armati cosiddetti ‘jihadisti’, ci rendiamo conto che questa è fallimentare perchè gli attacchi delle milizie sono raddoppiati ogni anno a partire dal 2016″.


Bagayoko ha suggerito di mettere “la protezione dei civili al centro di ogni strategia”. Secondo la ricercatrice, “bisognerebbe valutare meglio il rischio di attacchi, considerando ad esempio quante scuole o ospedali ci sono in una determinata area” oppure “dove sono le strade che consentono alle persone di raggiungere i campi da coltivare”, indispensabili per “la sopravvivenza” delle comunità.

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