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La direttrice generale dello Spallanzani: “I nostri medici tengono botta, commossi da tanta solidarietà”

Intervista alla dg dello Spallanzani Marta Branca: "Trattiamo i pazienti come nostri familiari e siamo pronti a nuove assunzioni"

Pubblicato:13-03-2020 15:48
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:08

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ROMA – “Come va? Teniamo botta”. Risponde cosi’ la direttrice generale dell’Istituto nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, Marta Branca, interpellata dall’agenzia Dire sugli stati d’animo dei medici e degli infermieri della struttura in questi giorni di emergenza legata al Coronavirus.

“Siamo abbastanza tranquilli, e se manteniamo la calma noi, lo stesso possono fare le persone– prosegue Branca- Da parte nostra c’e’ ottimismo, poi dall’esterno stiamo ricevendo moltissima solidarieta’, con grandi slanci di generosita’, di qualunque genere. Dalle donazioni, per chi puo’, ad aiuti pratici da parte di persone che magari non hanno disponibilita’ economiche ma ci portano da mangiare. Non ce lo aspettavamo ed e’ veramente commovente. La generosita’ poi e’ sempre utile, perche’ ci consente di acquistare e di dotarci di apparecchiature ulteriori, cercando di migliorare il ‘parco macchine’ dell’ospedale. Ma soprattutto ci dimostra di quanto la gente si fida di noi. E questo ci motiva ancora di piu’ a livello psicologico”.

Branca fa sapere che il personale medico dello Spallanzani e’ assistito da un team di psicologi, perche’ se e’ vero che “i medici fanno questo di mestiere e sono professionisti addestrati- sottolinea- e’ anche vero che sono esseri umani e alla lunga qualcuno puo’ essere psicologicamente provato. Allora noi cerchiamo di fornirgli anche un supporto di questo tipo, in modo che le loro paure vengano aiutate ad essere superate. Parlare con uno psicologo aiuta a superare alcuni momenti di stanchezza che ci possono stare, tra turni massacranti, contatti con persone malate e qualche volta, purtroppo, anche con notizie di morti che danno ai medici e agli infermieri il senso della sconfitta”, aggiunge.


Per quanto riguarda lo stato d’animo dei pazienti dello Spallanzani, Marta Branca spiega che “la preoccupazione e’ un sentimento che varia ovviamente da persona a persona, ma tutti si sentono abbastanza accuditi perche’ i nostri operatori li trattano come se fossero dei loro familiari“.

“Anche se- aggiunge- chiaramente leggono notizie non proprio rassicuranti che provengono dall’esterno, i nostri pazienti non sono particolarmente agitati. Noi cerchiamo di essere rassicuranti, di dare loro notizie positive, di dire che se anche qualcuno va in terapia intensiva, poi torna in reparto. Perche’ questo e’ comunque un fatto positivo. Certamente non si guarisce subito, ma si procede passo dopo passo. Si cerca insomma di dare messaggi positivi. E se i pazienti vedono che il personale e’ rassicurante e tranquillo, gia’ questo e’ una meta’ del lavoro. Nessuno e’ mai lasciato solo“.

“Ho letto in questi giorni testimonianze terribili- prosegue Branca- e non so quanto siano anche ‘esagerate’ nella loro drammaticita’. Certamente l’ospedale non e’ una giostra, ma sempre un luogo di sofferenza e di dolore. Pero’ mi pare che la nostra situazione da questo punto di vista sia abbastanza equilibrata”.

Dall’inizio dell’emergenza, fa sapere la direttrice dello Spallanzani, sono stati dimessi “circa 300 pazienti tra negativi e guariti. Anche questo dato ci potrebbe far essere un po’ piu’ ottimisti. Poi noi cerchiamo il piu’ possibile di agevolare i contatti: se per esempio c’e’ un paziente che e’ stato ricoverato da noi, mentre un suo familiare in un altro ospedale, noi direttori generali cerchiamo di tenerci informati e di dare informazioni ai pazienti tramite i medici, cercando di rassicurarli. Ci mettiamo veramente tutti a disposizione, proprio per dare un maggior senso di cura, assistenza e accoglienza. Ognuno di loro per noi ha importanza, nessuno e’ abbandonato a se stesso, ecco perche’ cerchiamo di rafforzare il team. Quando ci sono piu’ persone a disposizione, le stesse possono avere maggiore attenzione e cura nei confronti dei pazienti”.

“IN DUE SETTIMANE VEDREMO EFFETTI SU CONTAGI”

Per quanto riguarda le misure adottate dal governo per contenere l’epidemia, Branca commenta: “È un discorso abbastanza logico: e’ chiaro che se riduciamo le occasioni di contagio, come ci ha indicato il governo, arriveranno anche nel nostro Istituto sempre meno persone positive al virus. Quindi, verosimilmente, la previsione di due settimane per vedere gli effetti del decreto mi sembra piuttosto condivisibile”.

I nostri medici e i nostri scienziati si trovano d’accordo con le indicazioni date a livello nazionale, anche perche’- aggiunge- molti di loro fanno parte fanno parte della task force e i loro expertise sono considerati. È ovvio che noi non possiamo che essere in linea con le previsioni fatte dal governo, perche’ noi stessi partecipiamo ai tavoli, sono i nostri medici e i nostri ricercatori che danno questo tipo di informazioni. Poi impariamo dall’esperienza della Cina e la condividiamo, anche se con sacrificio, certo. Ma ci abitueremo, siamo un popolo abbastanza flessibile che riesce a comprendere le situazioni”.

“Stiamo incrementando la terapia intensiva- fa sapere poi Branca- passeremo da 13 a 34 posti letto entro il 5 aprile“. Non e’ confortante sapere che gli ospedali stanno aumentando le terapie intensive, perche’ questo potrebbe indicare che il virus deve ancora conoscere il suo picco… “Invece e’ molto confortante- risponde la direttrice generale dello Spallanzani- Poiche’ il virus nei casi piu’ gravi sviluppa una difficolta’ respiratoria, il fatto di sapere che ci sono posti in terapia intensiva a sufficienza, in tutte le aziende ospedaliere, indica evidentemente una buona risposta del servizio sanitario regionale, quindi c’e’ flessibilita’ da parte degli ospedali per far fronte a un’emergenza. Quando poi si tornera’ alla normalita’, i posti disponibili in piu’ rimarranno e’ questo e’ ulteriormente confortante, perche’ vuol dire che nessuno restera’ senza assistenza e tutti avranno la possibilita’ di essere aiutati”.

La maggior parte dei pazienti con Coronavirus che entra in terapia intensiva, tiene quindi a sottolineare Branca all’agenzia Dire, “poi esce, questo bisogna dirlo. Noi abbiamo tanti casi che vanno in terapia intensiva e che hanno bisogno di supporto ventilatorio, ma dopo un po’ i polmoni dei pazienti riprendono a respirare normalmente e tornano al reparto“. Finire in terapia intensiva, insomma, “non equivale a morire”.

Secondo la direttrice dello Spallanzani “e’ una fortuna che esistano le terapie intensive e il loro incremento e’ una notizia positiva. Io la vedrei in quest’ottica”.

La maggior parte dei pazienti in terapia intensiva, racconta ancora Branca, ha un’eta’ “abbastanza elevata, a noi e’ capitato di trattare al massimo qualche caso di persone di 50 anni. Pero’ bisogna considerare che molti di questi pazienti hanno anche altre comorbidita’, quindi arrivano con uno stato di salute gia’ un po’ indebolito e compromesso. Questo certamente non aiuta e puo’ portare a volte a difficolta’ respiratorie. Ma in linea di massima, almeno allo Spallanzani, quasi tutti i pazienti entrati in terapia intensiva sono anche usciti, non abbiamo avuto esperienze drammatiche e ci auguriamo di non averle”.

“Avendone poi l’opportunita’, preferiamo essere piu’ cauti- fa sapere- piuttosto che portare un paziente in terapia intensiva all’ultimo momento, ce lo portiamo prima per tenerlo sotto osservazione, avendo lo spazio e potendolo fare”.

Ma quanto, in media, una persona con Coronavirus rimane in terapia intensiva? “Questo dipende da persona a persona- risponde la direttrice generale dello Spallanzani- La coppia di cinesi che abbiamo avuto come primi pazienti, per esempio, e’ entrata insieme in terapia intensiva, ma la moglie e’ rimasta una settimana in piu’ rispetto al marito perche’ lui ha reagito meglio. Non abbiamo avuto il tempo di fare una statistica su questo, ad oggi il tempo medio per cui un paziente rimane in terapia intensiva in linea di massima e’ di qualche giorno, poi torna al reparto”.

“ASSUMIAMO PERSONALE PER ESSERE PRONTI”

La direttrice generale dell’Istituto nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, Marta Branca, aggiunge: “È del tutto evidente che servono altri anestesisti rianimatori, altri infermieri e altri operatori sociosanitari. Per questo noi ci stiamo attrezzando, per essere pronti. Chiaramente lo stiamo facendo in modo graduale, mano a mano che arrivano le candidature, le selezioniamo e poi le addestriamo. Se poi riceveremo molte piu’ domande, come mi auguro, spero che anche le altre aziende utilizzeranno poi queste risorse attingendo alla graduatoria, in modo da ottimizzare i tempi piuttosto che fare concorsi sprecando energie, tempo e denaro”.

Abbiamo assunto infettivologi, anestesisti, infermieri e operatori sociosanitari in piu’– prosegue Branca- e ora proseguiremo, con procedure veloci, anche se qualche giorno per forza ci vuole. Essendo il nostro un ospedale specializzato in malattie infettive, il nostro personale deve conoscere alcune procedure, alcuni protocolli di sicurezza, quindi un paio di giorni di formazione specifica sono necessari”.

Nello specifico lo Spallanzani ha richiesto “54 infermieri e 16 operatori sanitari, ad oggi abbiamo avuto richieste da parte di 26 anestesisti, ma probabilmente riceveremo anche altre domande. Finora- fa sapere Branca- abbiamo avuto una buona risposta e speriamo di continuare cosi’, in modo tale che non ci manchera’ mai il personale, ne’ a noi ne’ alle altre aziende”.

Gli italiani si stanno rendendo conto, solo forse ora, di quanto sia indispensabile il lavoro dei medici e degli infermieri. Quando sara’ finita l’emergenza, meriteranno uno stipendio in piu’? “Cercheremo per quanto possibile di farci promotori di questa esigenza- risponde la direttrice generale dello Spallanzani- perche’ poi gli stipendi sono stabiliti dal contratto nazionale di lavoro, ma servirebbe stanziare delle risorse in piu’, perche’ il lavoro dei medici e degli infermieri va premiato, obiettivamente lo meritano. Fanno un grande lavoro, che va alla ribalta solo in questi casi, ma tutti i giorni sono in prima linea, non solo durante le emergenze. Decisamente allora sposo questa causa, se riuscissimo ad aumentare gli stipendi sarebbe veramente un’ottima cosa”, conclude.

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