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Missione Cassini, il Project Science Group al Maxxi di Roma

Nel museo progettato da Zaha Hadid si sono ritrovati project scientist e program manager per fare il punto sui principali risultati della “più grande e complessa missione di esplorazione mai fatta del nostro Sistema Solare”

Pubblicato:13-03-2018 16:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:37

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Il 74° convegno del Project Science Group della missione Cassini-Huygens si è svolto al Maxxi di Roma. Nel museo progettato da Zaha Hadid si sono ritrovati project scientist, program manager del Jet propulsion laboratory della NASA, dell’European space agency e dell’Agenzia spaziale italiana, per fare il punto sui principali risultati della “più grande e complessa missione di esplorazione mai fatta del nostro Sistema Solare”, come l’ha definita Enrico Flamini, italian program manager della missione per Asi.

“E’ una partnership tra Nasa, agenzia spaziale Europea Esa ed Asi, tre agenzie che hanno lavorato insieme con pari diritti e doveri. Il ruolo dell’Italia è stato un ruolo importante dal punto di vista sia tecnologico che scientifico- spiega Flamini-. Tecnologico perché sia gli strumenti che la grande antenna di telecomunicazione che è il cuore di tutta la parte di comunicazione, sono stati realizzati in Italia.  Senza l’high antenna, l’antenna ad alto guadagno, non avremmo potuto trasmettere segnali a terra nel riceverli da Saturno ma neanche il radar e l’esperimento in radio scienza che pure sono stati realizzati insieme tra noi e gli amici del Jpl, non avrebbero potuto funzionare. L’antenna era il cuore di molte cose. Poi abbiamo realizzato il primo spettrometro immagine che a volte si chiama iperspettrale mai realizzato e mai volato su una missione spazio profondo, ultra miniaturizzato per l’epoca. Sulla sonda Huygens, che è il contributo che ha dato l’Agenzia spaziale Europea, molta tecnologia era italiana, tutta la parte comunicazione tra Huygens e Cassini, era totalmente italiana tutta la tecnologia del computer di discesa che ha dato il tempo giusto per l’apertura dei paracadute e tutto il resto ed era italiano soprattutto lo strumento che ha misurato i parametri fondamentali dell’atmosfera di Titano, ovvero pressione, temperatura, densità, eccetera”.


Una missione che ha coinvolto più di 5 generazioni di scienziati, 20 anni di volo e 10 di preparazione e costruzione, questi sono solo alcuni dei numeri impressionanti che raccontano una missione iniziata il 15 ottobre del 1997 da Cape Canaveral.

“Cassini è una delle missioni più straordinarie che sono mai state realizzate, è dedicata all’esplorazione del sistema solare, si è estesa per circa vent’anni in volo e più di 10 anni di preparazione costruzione- commenta il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston- . Di fatto si può dire che ha coinvolto 5 generazioni di scienziati. Alcuni di coloro che stanno analizzando i dati di Cassini oggi, non erano nemmeno nati quando Cassini era partito”.

Dal punto di vista scientifico è “la missione che ha raggiunto tutti gli obiettivi che si era posti e forse qualcuno in più. Ha girovagato fra i pianeti puntando ai giganti gassosi, alle lune di Saturno, accendendosi e spegnendosi al momento opportuno, depositando su Titano la sonda Huygens che ha permesso di osservare questo pianeta che è formato da un’atmosfera e da dei mari che sembrano simili a quelli terrestri ma sono fatti di metano e non di ossigeno e quindi hanno un comportamento completamente diverso. Letteralmente siamo sbarcati su un altro mondo con caratteristiche molto diverse dal nostro. E poi questo studio dettagliatissimo di Saturno e i suoi anelli”.

Il convegno viene convocato tre volte l’anno questa volta ad ospitarlo è stata l’Italia visto il ruolo cruciale che ha avuto nella buona riuscita della missione. Ruolo rimarcato anche da Charles Elachi, il direttore del Jpl della Nasa, che ha dichiarato: “Direi che la cosa più spettacolare è stata scoprire che Titano, un grande satellite di Saturno, ha fiumi e laghi molto simili a quelli che vediamo sulla Terra. La differenza è che sono formati da idrocarburi invece che da acqua. Questa scoperta è stata possibile grazie allo strumento radar che è stato costruito da Asi che ha giocato un ruolo fondamentale in seno al Jpl della Nasa”.

Non ci poteva essere location migliore del museo Maxxi, dove dal 2 dicembre 2017 viene ospitata la mostra “Gravity – immaginare l’universo dopo Einstein”, organizzata da Maxxi, ASI e INFN.

“Siamo al Maxxi, in questo meraviglioso museo di arte moderna che ha ospitato in questi mesi una mostra straordinaria in cui gli scienziati hanno imparato a raccontare l’arte e gli artisti si sono impegnati a raccontare la scienza- prosegue Battiston-. Gravity è il titolo di questa mostra. Gravity, la gravità di Einstein alla gravità della teoria della relatività generale 100 anni dopo suo concepimento dopo la scoperta clamorosa delle onde gravitazionali che stanno veramente cambiando il nostro modo di guardare l’universo”.

La mostra “è andata benissimo e continua ad andare benissimo, ha moltissimi visitatori- commenta Flamini-. Apprezzano tutti il fatto che questo connubio in effetti è una cosa naturale, arte e scienza non sono antitetiche, non sono in antagonismo, sono uno il completamento dell’altra e una la visione dell’altra, la visione della scienza e la visione della comprensione, la visione dell’arte e la visione del nuovo, dell’incognito che a volte la scienza spiega e a volte no e le due cose vanno di pari passo. D’altra parte molti scienziati hanno avuto vene artistiche, soprattutto in musica, non solo Einstein ma anche ma anche altri scienziati sono stati musicisti e lo sono tutt’ora molti di essi, quindi arte e scienza sono due aspetti contigui del genio dell’uomo e insieme devono essere trattati”.

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