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Pd, sui migranti passa la linea securitaria. E il quartiere di Gramsci li caccia

Al Lingotto nessun migrante dal palco. A dare voce ai loro diritti ci ha pensato Emma Bonino, con parole aspre. Ma nel partito si applaude la linea dura

Pubblicato:13-03-2017 09:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:00

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TORINO –  Pd e migranti. Avanza la linea securitaria. Al Lingotto nessun migrante dal palco. A dare voce ai loro diritti ci ha pensato Emma Bonino, con parole aspre: “Abbiate piu’ coraggio. L’immigrazione ordinata e’ nel nostro interesse”, ha detto la leader radicale, ricordando che gli immigrati producono l’8% del Pil, che pagano le pensioni di 640mila italiani. Ma se l’intenzione di Bonino era quella di ‘contaminare’ i Democratici, ci e’ riuscita solo in parte.

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Il Pd fa quadrato intorno all’impostazione di Marco Minniti, autore di quei decreti che Bonino ha definito “parziali”, se non conterranno anche misure per l’integrazione attiva. “L’accoglienza ha un limite in se’ nella capacita’ di integrazione”, ha detto invece oggi Minniti. “E la parola ‘sicurezza’ e’ troppo importante per essere lasciata alla destra” a una destra “che lucra sulle ossessioni mentre noi- dice il ministro- dobbiamo liberare la gente dalle ossessioni”. Quasi una traduzione, quella del ministro, delle parole che ieri Vincenzo De Luca ha gridato alla platea del Lingotto. “La gente ha paura. Ha paura”, ha scandito il governatore tra applausi sempre piu’ scroscianti. Voci dissonanti dallo schema che prevede severita’ per chi e’ fuori dalla legge, al Lingotto non se ne sono sentite.


A Torino, proprio in questo quartiere, tre mesi fa c’e’ stata la prima ‘rivolta’ dei migranti, con alcune bombe carta esplose davanti al villaggio olimpico, oggi occupato da oltre mille persone e il successivo corteo di protesta. Ma non e’ solo la periferia di oggi a conoscere tensioni.

L’abitazione in cui visse Antonio Gramsci

A Borgo Dora, nel quartiere che ospito’ il giovanissimo Antonio Gramsci, mentre e’ in corso il Lingotto i residenti di alcuni palazzi espongono lenzuola e striscioni con le scritte: “No al suk”, “Via gli abusivi”. È il rione dove ogni sabato e domenica si tiene il mercato delle pulci, il Balon. Qui gli esercenti regolari hanno ottenuto il trasferimento dei migranti venditori di chincaglieria, il cosiddetto suk, in un’altra zona, tra via Monteverdi e via Bologna. E da li’ e’ gia’ partita una nuova richiesta dei residenti all’amministrazione per spostare il suk da un’altra parte ancora.

Valentina del ristorante San Giors

“Non sono educati. Non possono vendere ciarpame e lasciare tutto per strada”, sbotta Valentina del San Giors, albergo ristorante che al Balon ci sta dal 1500. Il quartiere che ospito’ Gramsci e successivamente i migranti meridionali e’ stabilmente multietnico. “Nella parte iniziale di corso Giulio Cesare ci sono i magrebini. Poi indiani e bengalesi. A partire da una certa altezza e sul lato destro ci sono senegalesi e nigeriani. Di norma si comportano bene e non ci sono problemi. Ma il suk era un problema. Per questo molti, anche nel mio palazzo hanno esposto quegli striscioni e raccolto le firme per mandarli via”, spiega Valentina.

Salah, 55 anni, e’ nato a Casablanca, ma e’ cittadino italiano. “Sono arrivato in Italia nel 1989. Allora si stava bene. C’era rispetto tra noi e con gli italiani. Adesso invece e’ cambiato tutto. Lavoro non ce n’e’. Io mi arrangio da 12 anni. Prima stavo in una ditta che montava macchine industriali, facevamo le trasferte all’estero”, ricorda. Se non c’e’ lavoro, le cose si complicano. “La legge italiana non va bene. Se perdi il lavoro non ti rinnovano il permesso di soggiorno. Chi puo’, allora se ne va. E io vengo qui al Balon e non conosco piu’ nessuno. Arrivano sempre nuovi immigrati. E non riescono a integrarsi. Io stesso prima conoscevo tutti. Dopo tanto tempo, invece, mi sento di nuovo straniero”.
di Alfonso Raimo, giornalista professionista

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