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Contratti brevi e part-time, le donne chiedono più welfare

Primo rapporto Ebitemp: "Più istruite, continuano a guadagnare meno"

Pubblicato:13-02-2020 14:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:59

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ROMA – Sono circa 189mila le donne che nel 2018 hanno lavorato con un contratto di lavoro in somministrazione (ex lavoro interinale) su un totale di circa 486mila lavoratori – pari al 38,8% – con una diminuzione costante negli anni successivi alla recessione economica del 2009. Le donne hanno la massima incidenza dei rapporti di lavoro brevi – meno di 90 giorni (i contratti di durata breve nel 2018 sfiorano il 90%, nel primo trimestre del 2019 cala all’86,4%) – in media hanno lavorato solo 45,4 giornate per trimestre nel periodo 2018-2018 e sono sottoposte a un maggior turn-over rispetto agli uomini. Circa il 34% delle lavoratrici in somministrazione sono occupate a tempo parziale contro il 12% circa dei colleghi maschi. È quanto emerge dal primo Rapporto della Commissione Nazionale per le Pari Opportunità per il settore della somministrazione di lavoro Ebitemp ‘La somministrazione di lavoro in una prospettiva di genere’, elaborato a partire dai dati Inail, Istat e Formatemp e presentato questa mattina a Roma nella sede del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), dal presidente di Ebitemp, Giuseppe Biazzo, e dalla vicepresidente, Lucia Anile, alla presenza, tra gli altri, del presidente del Cnel Tiziano Treu e della direttora centrale di Istat, Linda Laura Sabbadini.

I DATI CONTENUTI NEL RAPPORTO

Il lavoro femminile in somministrazione ha una minore variabilità rispetto al ciclo economico, che, secondo il rapporto, deriva verosimilmente dalla diversa distribuzione settoriale delle assunzioni fra uomini e donne. Le assunzioni di uomini nel lavoro in somministrazione nell’industria, settore più sensibile al ciclo economico, sono il 42% del totale contro il 22% delle assunzioni di donne. Per tipo di professione le donne svolgono più attività tecniche, lavori esecutivi di ufficio, e professioni qualificate nel settore del commercio e nei servizi. Il lavoro femminile in somministrazione prevale nel settore alberghiero – dove le lavoratrici superano l’87% a differenza dell’industria dove non superano il 38,8% – incidendo in misura più significativa nel Nord Ovest (40,5% con il record in Valle d’Aosta del 43,3%), meno al Sud e nelle Isole (34,1% con la quota più bassa in Molise del 14,3%). Questi dati vanno letti nel quadro di riferimento del 2018 in cui, nonostante la stagnazione economica, l’occupazione è cresciuta dell’1% rispetto al 2017, con una migliore performance della componente femminile rispetto a quella maschile (1,1% contro lo 0,7%).

Il tasso di occupazione femminile, infatti, mostra un lungo periodo di crescita rallentato marginalmente dalla recessione del 2009, mentre, quello maschile mostra una forte caduta nelle fasi recessive del 2009 e 2012-13. L’Italia, però, resta fanalino di coda in Europa con un 49,5% di occupate rispetto al 63,4% della media Ue e retribuzioni medie inferiori per le donne del 16% rispetto a quelle maschili. Maggiore il divario nelle qualifiche di dirigenti e impiegati, che guadagnano retribuzioni superiori del 25%, nonostante il livello di istruzione superiore delle donne (30% di laureate contro il 18% di laureati).


IN ITALIA 1 MILIONE E 560MILA DONNE ASSUNTE CON UN CONTRATTO PART-TIME

In generale, il lavoro femminile è soprattutto a tempo parziale, con una componente femminile che nel 2018 raggiunge il 76,6%. Piaga dell’occupazione femminile il part-time involontario – raddoppiato per entrambi i generi rispetto a prima del 2009 – che traina la crescita dell’occupazione. Ben 1 milione e 560mila le donne in questa condizione contro 620mila uomini. Nel 2018 solo il 33,8% delle donne ha lavorato 40 ore settimanali, un dato in lieve crescita rispetto al periodo 2014-15, quando la percentuale era del 32%.

LE DONNE CHIEDONO PIU’ WELFARE

Dal rapporto emerge anche che le lavoratrici chiedono più welfare rispetto agli uomini. Nel 2018, infatti, delle circa 30mila richieste di prestazioni di welfare pervenute ad Ebitemp 16mila (circa il 53%) provengono dalle lavoratrici. Al netto delle prestazioni dedicate alla maternità, prevale nelle richieste il contributo per la retta universitaria, il trasporto extraurbano e la tutela sanitaria. Il gap salariale resta rilevante con un 7,7% di differenza a favore degli uomini che aumenta sino al 13% nel settore delle costruzioni ed è più alto nelle attività finanziarie e assicurative (+20% a favore dei lavoratori).

“Questo è il primo evento pubblico di Ebitemp, oggi più che mai la bilateralità è chiamata ad una responsabilità e potrà rappresentare un valore strategico diventando interprete delle esigenze poste dalle parti”, dichiara Anile illustrando il rapporto. “Come Ebitemp siamo considerati best practice a livello europeo- continua Biazzo- Altri Paesi molto sviluppati in questo settore hanno una buona parte formativa, ma nessuno ha un welfare così completo. Ci sono prestazioni molto importanti di cui i lavoratori possono usufruire prendendo contatto con l’ente o con gli sportelli sindacali”. Tra questi, chiarisce Anile, “quelle che guardano di più alla politica di genere sono il contributo per l’asilo nido, il sostegno alla maternità e l’integrazione per maternità obbligatoria, il sostegno per l’adozione e l’affidamento, il sostegno alle lavoratrici in gravidanza”. 

“I dati contenuti nel rapporto assomigliano a quelli del mercato del lavoro in generale- osserva la responsabile delle Politiche di Genere della Cgil Nazionale Susanna Camusso- Questo significa che il mercato del lavoro della somministrazione sta vivendo le stesse criticità. Non ci sono elementi significativi del superamento delle discriminazioni tra uomini e donne, anzi, le cose sono peggiorate rispetto al tema degli orari di lavoro e della quantità di ore di lavoro e del part time involontario”.

Per la responsabile nazionale del Coordinamento Donne della Cisl, Liliana Ocmin, “il tema vero del nostro Paese è che non c’è un investimento serio sull’occupazione femminile“, che potrebbe trovare un “volano nel settore della cura, oggi relegato alle donne migranti”. “Basta bonus, servono politiche strutturali e di lungo periodo”, dice la responsabile del Coordinamento Pari Opportunità della Uil, Sonia Ostrica, mentre la consigliera di Parità del Lazio, Valentina Cardinali, sottolinea la centralità del tema dell’occupazione femminile “che non può essere abbandonato a se stesso, a riflessioni isolate e ministri senza portafoglio, ma deve stare dentro tutte le agende”.

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