Le fiabe della violenza sulle donne: il lupo, la Bestia e Gaston il molestatore

La presentazione in Senato del libro "Il nuovo codice rosso". Anche le innocue favole sono portatori ignari di una cultura inquinata di maschilismi

Pubblicato:12-11-2024 14:43
Ultimo aggiornamento:12-11-2024 14:43

violenza donne
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ROMA – Chi non ricorda Gaston? L’impomatato muscoloso della Bella e la Bestia. Altro che pavone da corteggiamento, era un molestatore. E il lupo che si maschera da nonna nella celebre fiaba di Cappuccetto rosso? Eh si, i lupi spesso si aggirano nelle case, dietro le maschere di affetti di famiglia. E quella povera Bella, per tutti principessa, è forse solo eroina dello stereotipo, che deve redimere con l’amore la mostruosa Bestia e che dal castello scappa solo, non a caso, quando deve soccorrere non se stessa, ma un altro uomo: il padre.

Inizia con un’interpretazione dell’attrice e drammaturga Cinzia Spanò la presentazione del libro edito da Giuffrè ‘Il nuovo codice rosso’, Il contrasto alla violenza di genere e ai danni delle donne nel diritto sovranazionale e nazionale” di Paola Di Nicola e Francesco Menditto, presentato in sala Zuccari al Senato, che oltre a sistematizzazione norme e convenzioni internazionali sul tema della violenza contro le donne, proprio attraverso il rigore del metodo e l’ancoraggio ai principi internazionali, ricolloca, a partire da questo lavoro, la corretta esegesi delle norme per quello che devono essere: senza pregiudizi.

Quelli che nella presentazione sono stati denunciati dalla senatrice Valeria Valente, già presidente della Commissione Femminicidio che con 36 casi esemplari e una relazione conclusiva votata all’unanimità ha denunciato il fenomeno della violenza istituzionale su donne e minori. Tanti i commenti e spunti di riflessione degli intervenuti: Margherita Cassano, prima Presidente della Corte Suprema di Cassazione; Francesco Petrelli, Presidente Unione delle Camere penali italiane; Teresa Manente, avvocata responsabile ufficio legale di Differenza Donna; Giorgio Fidelbo, presidente della VI Sezione della Corte di Cassazione;
Claudia Pecorella, professoressa ordinaria di diritto penale dell’Università di Milano Bicocca; Andrea Calice, sostituto procuratore-coordinatore gruppo Violenza Procura di Tivoli. Da questo inquinamento di pregiudizi non è immune il diritto, nè i giudici, questa la denuncia emersa nel convegno in Senato.

Non ne sono immuni persino le innocue favole con cui ci hanno addormentate ogni sera mamme e papà, portatori ignari di una cultura inquinata di maschilismi. Temi che oggi, a un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, obbligano a una riflessione le Istituzioni, come ha sottolineato Valente.
Francesco Menditto, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli ha spiegato di “aver approfondito (con questo lavoro) le fonti internazionali, confermando quanto è importante calare la nostra realtà nel sistema Europa e Nazioni Unite”.

Menditto nel suo operato presso il Tribunale di Tivoli ha spiegato: “Mi trovavo a leggere informative della Polizia Giudiziaria piene di giudizi, senza indicazioni di fatti. E mi sono trovato anche- ha continuato- a leggere sentenze che facevano considerazioni di carattere personale, senza esaminare fatti. Questa è un’inversione del ragionamento che dovremmo fare noi giuristi. Siamo pieni di pregiudizi e c’è spesso inversione dell’ordine dei fattori. Se non accerto il fatto, se come forse ha detto un magistrato ‘Io non credo alla vittima’, quel magistrato non applica il principio di veridicità”.

“Strumentalità delle querele?” ha ricordato Menditto: “E’ un mantra solo nel contrasto alla violenza di genere. Quali dati abbiamo? Ho fatto uno studio nella mia Procura: l’esito delle denunce presentate dalle donne era un 55% che aveva superato il vaglio dell’esercizio dell’azione penale, e un 45% archiviate. E gli uomini? nel 91% archiviamo. Quindi se dovessimo ragionare sulla strumentalità, dovremmo dire che sono gli uomini che presentano denunce strumentali, ma non lo diciamo”.

Paola Di Nicola Travaglini, giudice presso la Corte di Cassazione, nel presentare il suo lavoro legato al codice rosso ha ricordato: “Nessuno nelle aule universitarie mi aveva insegnato cosa fosse la violenza domestica. Ho lavorato sul campo”, ha raccontato spiegando di aver superato solo così i pregiudizi su cui anche tante generazioni si sono formate.

“Strumenti giuridici li abbiamo”, ma servono, ha sottolinato, “gli strumenti culturali per decriptare cosa sia la discrminazione. La commissione sul femminicidio me l’ha insegnato: abbiamo studiato 247 femminicidi. Quella insofferenza che io provavo nasceva dalla sfiducia totale nelle Istituzioni, dall’omertà familiare, dalla mancanza di solidarietà affettiva, dal terrore che gli assistenti sociali scrivessero una relazione da far si che i bambini venissero affidati ai comuni o ai padri maltrattanti”. Come accade nei casi di denuncia di violenza domestica e di perizie fondate sull’alienazione parentale, come denunciato proprio dalla Commissione Femminicidio della precedente legislatura.

Ci sarà la volta di una favola nuova, come ha detto l’attrice alla fine del suo racconto sulle sorti delle donne e sull’orrore della violenza: perchè ciò che succede nei Tribunali ha un’eco che arriva alla società civile, alle famiglie, che si insinua nelle relazioni, come hanno ricordato gli intervenuti. La favola nuova parlerà di un lupo che incontra nel bosco Cappuccetto Rosso, sua mamma e la vecchia nonna. ‘Tutte pericolose femministe’, ha ironizzato l’attrice Spanò. E di un cacciatore, amante storico della nonna di Cappuccetto. Il lupo, dopo una massiccia rieducazione a colpi di Virginia Woolf e Simone de Beauvoir tenterà il suicidio, ma alla fine si convertirà. Bella non sarà più sequestrata per diventare cavia e vittima del miracolo d’amore, e non metterà mai piede nel lugubre castello della Bestia. E se denuncerà la molestia di Gaston sarà creduta.

“L’argomentazione giudiziaria deve essere fondata sui fatti,- ha concluso Di Nicola Travaglini- ‘il dubbio e l’esame critico’, (riprendendo Arendt), diventi fondamentale non per ribellione, ma per evoluzione’. E vivremo allora felici e contente.

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