“Scarta” la moglie e la abbandona in Sudan senza visto: australiano condannato per traffico di esseri umani

E' tornato in Australia con i due bambini piccoli, e il passaporto della moglie. Per 16 mesi la donna è rimasta bloccata in Africa

Pubblicato:12-11-2024 09:28
Ultimo aggiornamento:12-11-2024 09:28
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moglie abbandonata in sudan
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ROMA – La sposa, con un matrimonio combinato, in Sudan. La porta a casa sua, in Australia, con un visto da “congiunto”. Dopo due anni fanno un figlio, e dopo altri due anni un secondo bambino. Poi la “scarta”: la riporta in Sudan con la scusa di una breve vacanza e approfitta del suo visto scaduto per lasciarla lì. L’uomo torna in Australia con i due bambini piccoli, portandosi dietro il passaporto della moglie. E per 16 mesi la donna resta bloccata in Africa. Un tribunale australiano l’ha infine processato e condannato a quattro anni e mezzo di prigione per traffico di esseri umani.

L’uomo, 52 anni, si è dichiarato non colpevole dell’accusa e ha negato di aver ingannato la donna. Ma il giudice Frank Gucciardo, racconta il Guardian, ha sancito che il reato “richiedeva un certo grado di pianificazione”: “L’ha trattata come un bene mobile, di cui poter semplicemente disfarsi”.

Il giudice ha detto che l’uomo ha “intenzionalmente tratto in inganno” la moglie, facendole credere di avere un visto valido per tornare in Australia quando si sono recati in Sudan nel settembre 2014: “Quello che non le avevi detto era che nel giugno 2014 avevi ritirato il visto e che la sua richiesta di un nuovo visto sarebbe stata a rischio”, ha affermato. La donna non avrebbe lasciato l’Australia se avesse “saputo la verità sul suo status di visto”.

“Privare i bambini della madre in tenera età” è stato un fattore aggravante del reato. E ha affermato che la “brusca separazione” dai suoi figli aveva causato alla donna “immenso dolore fisico e un’agonia psicologica”.

Dopo che il marito ha lasciato il Sudan, la donna ha contattato l’ambasciata australiana in Egitto e le è stato detto che il suo visto era stato annullato. Ha ricevuto assistenza legale e il Department of Home Affairs le ha rilasciato un visto temporaneo, consentendole di tornare in Australia a febbraio 2016.
La donna ha descritto alla corte la vicenda come “l’esperienza più devastante della mia vita”, e ha detto che uno dei suoi figli soffre di una grave ansia da separazione.

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