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Feti sepolti, quel ‘chi per essi’ che viola i diritti delle donne

A quasi due mesi dallo scandalo dei feti sepolti al cimitero Flaminio si stringe il cerchio attorno a una modifica del Regolamento di Polizia Cimiteriale del Comune di Roma

Pubblicato:12-11-2020 15:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:13

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ROMA – A quasi due mesi dallo scandalo dei feti sepolti al cimitero Flaminio senza consenso e coi nomi delle madri esposti su uno stuolo di croci bianche, si stringe il cerchio attorno a una modifica del Regolamento di Polizia Cimiteriale del Comune di Roma relativamente a questa specifica materia. Dalla Commissione Pari Opportunità capitolina di stamattina, infatti, è emersa la determinazione a fare in fretta e, a partire da una proposta della consigliera Pd Valeria Baglio poi ampliata dalla presidente Gemma Guerrini, sarà convocata in tempi brevi una congiunta con la Commissione Ambiente a cui saranno chiamati a partecipare il Dipartimento e l’assessora all’Ambiente, Laura Fiorini, e Ama, che a Roma gestisce i servizi cimiteriali. 

L’obiettivo, spiega Baglio, è “capire qual è il modo più rapido per intervenire sulla modifica del Regolamento” e solo successivamente procedere con un’eventuale mozione, la cui bozza era oggi in discussione all’odg della Commissione. Intento condiviso dalla presidente Guerrini e dagli altri consiglieri, unanimi nel condannare la vicenda come una violazione delle norme e dei diritti delle donne

“Quello che a me preme dire- osserva Marta Loi, la donna che per prima, dopo aver trovato il suo nome su una delle croci del Flaminio, ha denunciato sui social l’abuso- è che va assolutamente studiata una proposta di modifica della 285/90 (Regolamento di Polizia Mortuaria, Dpr del 10 settembre 1990 n. 285, ndr)”. Quel regolamento “specifica bene che la madre o i genitori hanno 24 ore di tempo per richiedere il seppellimento del feto– sottolinea- ma all’interno si inserisce l’espressione ‘chi per essi’, che a mio avviso è molto pericolosa perchè è lì che vanno a inserirsi delle associazioni, cattoliche nella maggior parte dei casi, che, a seguito di un diniego dei genitori, vanno a prelevare feti e prodotti del concepimento e li vanno a sappellire con rito cattolico. A Civitavecchia è stata bloccata proprio questa proposta, mentre invece in molte città del Nord, soprattutto con l’associazione ‘Difendere la Vita con Maria’, questa pratica aberrante va avanti”. 


Temo che la semplice rimozione dei nomi apposti delle lapidi non sia sufficiente e che si possa continuare a ripetere questo modus operandi nelle sepolture dei feti”, dichiara la consigliera del M5S Simona Ficcardi, che aveva presentato una richiesta di accesso agli atti ad Ama: “Ama ha risposto che queste sepolture avvengono su esplicita richiesta dei genitori, su autorizzazione della Asl e soprattutto su pagamento dell’inumazione. Pertanto rimango perplessa e basita su qual è lo svolgimento che porta a procedere con la sepoltura di questi feti- aggiunge la pentastellata, che solleva anche la questione religiosa- Qui mancano le richieste dei genitori, eppure qualcuno ha pagato le inumazioni– dice- e mancano le autorizzazioni al consenso per apporre questi dati sensibili. Tutte le procedure che non hanno seguito queste autorizzazioni sono illegittime”. 

Il problema però, secondo l’assessora alle Politiche di Genere dell’VIII Municipio, Michela Cicculli, intervenuta in Commissione, “non è la privacy nè il pagamento dell’inumazione, il cui costo è coperto dalla Tari. C’è un problema di violazione della libertà e del diritto di scelta delle donne- osserva- È un diritto scegliere di seppellire un feto così come è un diritto scegliere di non farlo. Credo sia gravissimo che qualcuno si infili nello spazio normativo del ‘chi per essi’. E credo sia una responsabilità del Comune di Roma evitare che ci sia una violazione dei diritti di tutte quelle donne che scelgono di non procedere alla sepoltura. Nessun altro ha diritto di farlo in nome loro, tanto meno con una croce sopra”. 

“Anche noi come Municipio abbiamo votato il 22 ottobre un odg rivolto alla sindaca, all’assessore competente e alla Giunta regionale per chiedere due cose- spiega Habdank Nastassja, consigliera e presidente della Commissione Pari Opportunità del Municipio III- Da un lato chiediamo che vengano cancellati tutti i nomi già presenti sulle croci presso il cimitero Flaminio, dall’altro che questa pratica finisca, perché è una gravissima violazione della privacy e della sensibilità delle donne, e che la Regione avvii un processo per creare un regolamento rispettoso della loro dignità e volontà“.

È sugli articoli 4 e 5 del regolamento di Polizia Cimiteriale capitolino che, secondo Baglio, occorre intervenire, ma “con una delibera specifica ad hoc del Dipartimento Ambiente su indicazione dell’assessora Fiorini o della Giunta, per fare in modo che l’articolo venga modificato e che questa modifica passi poi in aula consiliare per la relativa votazione- chiarisce la consigliera dem- Se serve un’indicazione di Consiglio ben venga la mozione, ma è evidente che con la mozione non riusciamo a modificare questa procedura“.

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