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Vittime del terremoto dell’Aquila “corresponsabili”, i familiari: “Uno schifo. Sentenza feroce e politica”

Aldo Scimia, che ha perso la madre nel sisma del 6 aprile 2009, commenta la sentenza del tribunale civile aquilano che ha stabilito la corresponsabilità del 30% di alcune delle 24 vittime dei crolli in via Campo di Fossa

Pubblicato:12-10-2022 19:55
Ultimo aggiornamento:12-10-2022 20:25
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Di Marianna Gianforte

L’AQUILA – “Una sentenza feroce, politica, violenta e soprattutto raffazzonata”. Così Aldo Scimia, al quale il terremoto del 6 aprile 2009 ha portato via sua madre sotto i crolli della frazione di Onna, devastata letteralmente dalla scossa delle 3,32, commenta la sentenza con cui il tribunale civile dell’Aquila ha stabilito la corresponsabilità del 30% di alcune delle 24 vittime dei crolli in via Campo di Fossa in seguito alla scossa di magnitudo 6.3 che nella notte uccise 309 persone.

“Aspetterò di leggere le carte – aggiunge Scimia – per cui voglio mantenere una sobrietà che, però, non ha adottato la giudice del tribunale civile dell’Aquila. Quando ho letto il titolo del primo articolo nel quale mi sono imbattuto, me ne sono andato con il mio dolore a lavorare nell’orto che mi ha lasciato mia madre, deceduta sotto le macerie della sua casa. Una casa per la quale a 13 anni dal sisma ancora non ottengo il permesso a costruire“.


“Una sentenza – conclude Scimia – come quella della Corte d’Appello dell’Aquila (che aveva ribaltato il verdetto del tribunale, assolvendo ‘perché il fatto non sussiste’ i sei membri tecnici della ‘commissione grandi rischi’ e confermando la condanna del solo vice presidente della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, che in un’intervista televisiva rassicurò i cittadini sulle scosse, ndr) che merita solo silenzio. In questo momento, tutto quello che posso dire, è che mi piacerebbe pensare che questa gente (i giudici, ndr) avesse le stesse ‘fortune’ nostre“.

CHI HA PERSO MOGLIE E FIGLIA: “QUESTO STATO NON FA VERITÀ E GIUSTIZIA”

“È l’epilogo di uno schifo fatto in tutti questi anni, con sentenze di comodo, arrivando a dire che la colpa è dei ragazzi che sono rimasti dentro casa. Uno scandalo. Siamo rimasti dentro casa perché c’era stato un messaggio di tranquillizzazione“. Così Vincenzo Vittorini, che nel terremoto del 2009 ha perso la moglie e la figlia nella casa di via don Luigi Sturzo, distrutta dalla scossa delle 3,32, commenta la sentenza del tribunale civile dell’Aquila.

“Poi c’è una sentenza passata in giudicato che dichiara che c’è stato un messaggio di tranquillizzazione. Questa è una sentenza che mi sbalordisce, sono schifato ed esterrefatto, sono considerazioni indegne (quelle della sentenza della giudice Monica Croci del tribunale civile dell’Aquila, ndr). Erano soprattutto ragazzi fuori sede – sottolinea Vittorini – che erano all’Aquila per studiare e non sapevano che fosse città sismica, una beffa atroce averli uccisi per due volte. Vedo una società civile che non riesce in nessun caso, quando c’è una responsabilità delle istituzioni o di grandi compagnie, a fare verità e giustizia, siamo uno Stato fatto di ‘quaquaraquà’, di gente che può permettersi di fare tutto e il contrario di tutto perché tanto, poi, nessuno si assume le responsabilità delle cose che accadono”.

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