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Il presidente della Società italiana di chirurgia: “Mancano 4.300 chirurghi, è crisi di vocazioni tra i giovani”

Carlini: “E’ un lavoro esposto a molti rischi e non sempre adeguatamente remunerato”

Pubblicato:12-10-2022 18:04
Ultimo aggiornamento:12-10-2022 18:04

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ROMA – “Oggi nel nostro Paese si conta una carenza di 4.300 chirurghi. E’ una mancanza che crea difficoltà nel coprire i turni di guardia, le sale operatorie, i reparti. I giovani medici stanno smettendo di fare i chirurghi, non si iscrivono più alle scuole di specializzazione in Chirurgia se non per ripiego. E’ una realtà, gli specializzandi si sono allontanati da questa professione perché non è più incentivante: si guadagna poco, si è soggetti a ripetute denunce e ad aggressioni fisiche. Abbiamo bisogno di recuperare la vocazione dei giovani, dobbiamo far vedere loro la bellezza di questo lavoro, perché quello del chirurgo è un mestiere fatto di arte, artigianato e scienza. E’ grazie alla chirurgia che oggi si guarisce molto più che in passato ed è grazie alla chirurgia che vediamo tornare il sorriso sul volto dei malati e dei loro familiari”. A dirlo è Massimo Carlini, primario dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma e 50esimo presidente della Società italiana di chirurgia (Sic), entrato in carica in occasione del 124° Congresso nazionale che ha celebrato i 140 anni della Società e si è svolto dal 9 al 12 ottobre nella location storica del Cavalieri Waldorf Astoria di Roma.

“Continueremo a sostenere la Commissione Sic Giovani- evidenzia ancora Carlini- e le innovazioni che proporranno in seno al Consiglio Direttivo. La formazione dei giovani è la naturale ricchezza della chirurgia italiana, sia per restare competitivi con il resto del mondo e con le grandi scuole delle maggiori nazioni, sia per essere ancora l’orgoglio della sanità nazionale come siamo stati, siamo e continueremo ad essere”.

Carlini resterà in carica per il prossimo triennio e tra i suoi obiettivi, oltre a quello di incentivare i giovani alla professione, promuovere lo sviluppo tecnologico del settore, elenca anche la promozione dei rapporti con le istituzioni. “Dobbiamo far in modo che i chirurghi siano maggiormente ascoltati dal ministero della Salute, dagli assessorati, dalle istituzioni a vari livelli”, dice.


Viviamo un’epoca difficile dal punto di vista politico, economico e sociale– continua Carlini- e anche la Sic non può non risentire di incertezze, preoccupazioni, difficoltà che possono causare disaffezione per la professione, per la vita associativa e scientifica. Essere chirurgo oggi significa ancora trovarsi in una posizione sociale abbastanza prestigiosa, ma rappresenta anche un lavoro esposto a molti rischi e non sempre adeguatamente remunerato. Anche per la chirurgia oggi esistono grandi differenze tra le diverse parti del Paese quanto a organizzazione, attrezzature, professionalità, ecc.. Non sarà certo la Sic- evidenzia il presidente- a risolvere la ultracentenaria questione politica meridionale, però la Società può fare uno sforzo ulteriore portando stimolo, cultura e formazione in ogni regione, in ogni provincia e in ogni città con i propri Congressi”.

Analizzando il presente Carlini sottolinea come durante la pandemia le chirurgie “hanno sofferto la chiusura dei propri spazi. Tra il 2020 e il 2021- dice- sono stati rinviati 400mila interventi, tutte operazioni che oggi devono essere in qualche modo recuperate”. E per farlo servono investimenti e tecnologia.

“Dal punto di vista delle competenze e delle nuove tecnologie la chirurgia è un settore in crescita- dice Carlini- basti pensare che dopodomani al Sant’Eugenio verrà installato il 170° robot italiano. Sono strumenti che consentono una chirurgia più precisa, con un maggiore rispetto dell’integrità dell’organismo, e dei risultati che su alcuni interventi consentono maggiore precisione (come tumore dello stomaco, del fegato, del retto, della prostata). Sono interventi che hanno dei grandi vantaggi che presto risulteranno evidenti su tante procedure”, conclude.

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