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L’ong etiope in Libano: “Sette donne migranti su dieci vittime di abusi sessuali

Banchi Yimer (Egna Legna): "Le lavoratrici domestiche escluse per legge da ogni tutela"

Pubblicato:12-10-2022 17:15
Ultimo aggiornamento:12-10-2022 17:30

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ROMA – Quasi sette su dieci. Vittime di molestie e abusi sessuali da parte dei loro datori di lavoro. Donne migranti di origine straniera che in Libano garantiscono assistenza domestica ma restano a oggi senza alcun tipo di protezione di legge.
La denuncia, con testimonianze e dati, frutto di quasi mille interviste condotte in un anno con donne di otto differenti nazionalità, è contenuta in un rapporto redatto dall’ong con radici etiopi Egna Legna, un nome che in lingua amarica vuol dire “da noi migranti a noi migranti”.

LA TESTIMONIANZA

Con l’agenzia Dire ne parla la fondatrice, Banchi Yimer. “Centinaia di migliaia di migranti lavoratrici domestiche hanno bisogno di essere incluse” il suo appello. “Siamo deluse ma non sorprese del fatto che non siano protette dalla legge 205 approvata nel dicembre 2020, che criminalizza le violenze sessuali ma soltanto se sono commesse contro cittadini e cittadine libanesi”.

ESCLUSIONE PER LEGGE

La ricerca è stata avviata proprio per rispondere a questa esclusione. “Volevamo capire”, spiega Yimer, “quanto fosse grave questa epidemia di molestie e di abusi sessuali a danno della nostra comunità”.
Il rapporto sarà presentato giovedì nel corso di una conferenza internazionale ospitata dall’Università americana di Beirut. All’appuntamento parteciperanno ricercatori, attivisti ma anche diplomatici e parlamentari.


(La conferenza all’Università americana di Beirut)

Secondo stime dell’ambasciata di Addis Abeba a Beirut, le lavoratrici etiopi sono circa 250mila e rappresentano la comunità nazionale più numerosa nel settore dell’assistenza domestica. Egna Legna le sostiene con consulenze e aiuti, grazie a uffici in Libano, in Etiopia e in Canada, facendo tesoro dell’esperienza di chi ha subito abusi sulla propria pelle.

“DORMIVO IN BALCONE, ANCHE QUANDO PIOVEVA”

“Ho lavorato a Beirut per anni, cambiando molte case e dormendo anche su un materasso per terra in balcone senza poter entrare nemmeno quando pioveva” ricorda Yimer, originaria dell’Etiopia e ora residente a Montreal. Dopo anni di crisi economica, la pandemia di Covid-19 e il crollo della lira, in Libano il problema resta la “kafala”: un sistema tradizionale diffuso in diversi Paesi arabi, paragonato spesso a una moderna schiavitù per le privazioni delle libertà subite dalle lavoratrici.
Non solo. Secondo Yimer, “le mancanze della legge 205 e la scioccante normalizzazione degli abusi sessuali a danno delle lavoratrici domestiche migranti devono essere poste al centro del dibattito in Libano”.

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