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Marco Bellavia siamo noi: 3 italiani su 4 hanno lasciato il lavoro per malessere psichico

I lavoratori, colletti bianchi o colletti 'blu' che siano, sono molti più attenti al benessere psicologico e scelgono dove lavorare anche in base all'attenzione aziendale su questo tema: il 75% vorrebbe lo psicologo in azienda

Pubblicato:12-10-2022 12:14
Ultimo aggiornamento:14-10-2022 11:19

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ROMA – Di problemi mentali e malessere psicologico si è molto parlato, negli ultimi giorni, per il caso di Marco Bellavia, l’ex conduttore televisivo che ha deciso di abbandonare il reality Grande Fratello Vip per uno stato d’animo che non gli permetteva di proseguire serenamente il gioco nella Casa di Cinecittà. Ebbene, il caso Bellavia, che ha fatto scalpore più che altro per l’indifferenza mostrata dagli altri concorrenti nei suoi confronti nonostante lui avesse ammesso pacificamente di avere un “dolore mentale” e di avere bisogno di aiuto “(Se umo sta male ma in 22 lo aiutano ce la fa, da solo no”) torna alla mente leggendo i dati della ricerca BVA Doxa presentata da Mindwork (la prima società italiana per la consulenza psicologica online in ambito aziendale) in occasione della Giornata Mondiale per la Salute Mentale.

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3 SU 4 UNDER 34 ALMENO UNA VOLTA HA ‘MOLLATO’ PER DIFFICOLTÀ PSICOLOGICHE

Quello che emerge da questo studio è che il 75% dei lavoratori, quindi circa 3 persone su 4, under 34 appartenenti alla categoria ‘blue collar’ (ovvero i colletti blu, che sono i lavoratori manuali come gli operai in contrapposizione ai colletti bianchi che sono gli impiegati) si è dimesso almeno una volta per preservare la propria salute psicologica. Un trend in crescita del +11% rispetto allo scorso anno, soprattutto per quanto riguarda la Gen Z (60%).


LO STUDIO

In dettaglio, una persona su due dichiara di soffrire di ansia e insonnia per motivi legati al lavoro. In particolare, la percentuale di persone che dichiara di sperimentare frequenti vissuti di ansia e/o insonnia è passata dal 35% (prima del Covid) al 53% per l’ansia e al 50% per l’insonnia. Ma attenzione: parlare apertamente di disagio psicologico risulta ancora difficile. Quasi il 40% dei lavoratori, infatti, non si sente libero di dichiarare il proprio malessere in azienda, ciò vale in particolare per il target blue collar (48%), mentre c’è meno reticenza a confidarsi con amici o in famiglia.

PER IL 62% SINTOMI DI BURNOUT NELL’ULTIMO ANNO

“Nell’ultimo anno circa il 62% dei lavoratori italiani ha provato almeno un sintomo correlato al burnout – sensazione di sfinimento, calo dell’efficienza lavorativa, aumento del distacco mentale, cinismo rispetto al lavoro- spiega Biancamaria Cavallini, Board Member & Operations Director di Mindwork e Psicologa del Lavoro-. È in questo contesto che il fenomeno del Quiet Quitting – ossia il limitarsi a fare lo stretto necessario a lavoro – si afferma. Verrebbe dunque quasi da pensare che possa essere un sintomo diffuso di vissuti di burnout. Ritirarsi silenziosamente dalla propria attività lavorativa e disimpegnarsi da quest’ultima, è infatti in linea con il distacco mentale e il cinismo tipici del burnout”.

SÌ ALLA FLESSIBILITÀ

Il 95% del campione intervistato ritiene essenziale che le aziende si prendano cura del benessere psicologico dei propri dipendenti; tra le iniziative più apprezzate troviamo una maggiore flessibilità oraria e l’attivazione di programmi strutturati di well-being. In generale però, il 44% ritiene che le iniziative proposte dalla propria azienda siano del tutto inefficaci – in particolare fra i Blue Collar (1 su 2).

IL 75% VORREBBE LO PSICOLOGO IN AZIENDA

Nel momento in cui si è alla ricerca di una nuova posizione lavorativa, 7 persone su 10 dichiarano di prediligere un’azienda attenta al benessere psicologico delle sue persone anche laddove il livello di stress attualmente percepito dalla persona sul proprio lavoro sia basso. Più precisamente, il 60% della categoria White Collar (i colletti bianchi) valuta questo dato in maniera positiva, a fronte del 23% fra i Blue Collar. Rispetto alla precedente edizione della ricerca, resta invece invariata la percentuale di persone che si esprime a favore di un supporto psicologico all’interno della propria azienda, laddove non è ancora presente (75%). Dato che vale per tutte e tre le categorie prese in esame.

“Dai dati del nostro Osservatorio con BVA Doxa- afferma Mario Alessandra, Fondatore e Amministratore Delegato di Mindwork- sono emerse due conferme, una è sicuramente quella della trasversalità del malessere psicologico su aziende di ogni settore e dimensione e l’altra è l’impatto che questo ha sulla capacità delle aziende stesse di trattenere e attrarre i talenti, soprattutto quelli più giovani che per definizione rappresentano il nostro futuro. In questo scenario Mindwork promuove insieme a tantissime aziende Clienti un paradigma culturale, che a partire dalla leadership, sia la base per ambienti di lavoro strutturalmente a misura di benessere psicologico”.

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