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Russiagate, Tirinnanzi: “Ecco perché Conte ha sbagliato”

Intervista al giornalista esperto di intelligence e sicurezza

Pubblicato:12-10-2019 14:19
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:49
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ROMA – “Il premier italiano Giuseppe Conte è nei guai. Lo scorso agosto, quando il ministro della Giustizia americano, William Barr, ha marcato visita in Italia, Conte ha lasciato che s’incontrasse con il capo del Dis, Gennaro Vecchione. Sin qui sembra un iter di cordiale intesa tra rappresentanti di due Paesi amici e alleati. Ma il problema c’è, ed è grosso come una casa”, dice Luciano Tirinnanzi, giornalista esperto di intelligence e sicurezza, intervistato dall’agenzia Dire. Il Dis, Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, coordina le attività dei servizi segreti interni (Aisi) ed esteri (Aise), di cui è al vertice il premier Conte e per legge risponde unicamente alla presidenza del Consiglio. Quindi? “Il presidente Conte, che detiene la delega sui servizi, ha autorizzato l’incontro di Vecchione non soltanto con l’attorney general William Barr, ma anche con il procuratore federale John Durham, incaricato dallo stesso Barr di una contro-inchiesta sul caso ‘Russiagate’ americano, che l’amministrazione Trump ha istruito per uscire dall’angolo delle critiche in patria e per evitare un possibile impeachment”.

Secondo lei perché? “Per compiacere gli americani, Vecchione ha ordinato ai vertici di Aise e Aisi – per di più, sembra, per iscritto – di dare una mano a Barr, rivelando agli americani ciò che la nostra intelligence sa sul ‘Russiagate’. Secondo la testata americana Daily Beast, a Roma Barr e Durham avrebbero ascoltato un nastro dei nostri servizi contenente le rivelazioni di Joseph Mifsud, il docente maltese della Link University di Roma. Ovvero colui che – secondo l’inchiesta del procuratore ed ex direttore dell’Fbi Robert Mueller – avrebbe rivelato per la prima volta l’esistenza di email compromettenti su Hillary Clinton, comportandone la sconfitta elettorale nel novembre 2016”.

Ma perché questo trambusto, siamo alleati con gli Stati Uniti… “Il punto è che in Italia- risponde Luciano Tirinnanzi, giornalista esperto di intelligence e sicurezza- non è consentito neppure a un magistrato o a un comandante dei carabinieri di incontrare di propria iniziativa i vertici dei servizi segreti, e viceversa. Figuriamoci se possono farlo dei politici, peraltro stranieri, quali sono Barr e Durham. I dirigenti dell’intelligence possono parlare soltanto con gli omologhi funzionari dei servizi segreti stranieri: inoltre, solo se di pari grado, se autorizzati dal presidente del Consiglio e in forza di preesistenti accordi multilaterali tra Stati. Vecchione avrebbe potuto confrontarsi con Cia ed Fbi, insomma. Non certo con un ministro della Giustizia. Allo stesso tempo, il premier Conte avrebbe potuto parlarne direttamente con Trump, eppure non lo ha fatto”. Ma non c’è una legge, una norma che vieta… “No, ma c’è un motivo preciso se la prassi istituzionale lo proibisce: far dialogare la propria intelligence con un rappresentante politico di un altro Stato è estremamente dannoso per la sicurezza nazionale, in quanto il politico ha per sua natura esigenze e scopi totalmente diversi dall’uomo d’intelligence, che invece deve gestire il proprio budget informativo per tutelare il proprio Paese da compromissioni o ingerenze esterne. Tutto il contrario dell’uomo politico che, invece, ha pieno interesse nell’intromettersi negli affari di uno Stato straniero. A maggior ragione se quel politico viene da Washington e se il Paese straniero si chiama Italia, tra i quali i rapporti di forza sono pesantemente sbilanciati”. Dunque, Vecchione non poteva, né doveva incontrare il procuratore americano? “Certo e lo sapeva bene. Perché, dunque, lo ha fatto? Per obbedire al presidente del Consiglio, evidentemente. Se il capo del governo ti dà un ordine – si sarà difeso probabilmente il direttore del Dis davanti ai suoi uomini – non puoi non eseguirlo”. Insomma, chiude Tirinnanzi, “con alta probabilità, Giuseppe Conte ha agito in questo modo non certo per malafede, ma per mancanza di conoscenza della materia. Oggi assomma a sé l’intera gestione della sicurezza nazionale e ha nominato come suo ministro dell’Interno un tecnico, che di conseguenza dipende esclusivamente da lui. Tutto lecito, ma non rassicurante”.


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